A cura di Donatella Devona NOVEMBRE 2024
Comete, le stelle vagabonde Il cielo di questo autunno ha un’ospite d’eccezione: la cometa Tsuchinshan-ATLAS, una “stella vagabonda” proveniente dalla lontana Nube di Oort che viene a visitare il nostro Sistema solare per poi rituffarsi nel buio dello spazio profondo. Qualcuno è riuscito a vederla anche alle nostre latitudini, nonostante fosse bassa sull’orizzonte, e quindi facilmente nascosta dalle alture delle campagne o dagli edifici delle città, e nonostante le nuvole o l’inquinamento luminoso. Qualcuno si è accontentato di foto e filmati che mostravano la sua bella chioma di luce. Per tutti gli amanti delle stelle è stata comunque occasione di meraviglia: un messaggero è arrivato fin qui da lontano a visitare il nostro cielo. C’è chi dice che le comete siano messaggeri di sventura, chi sostiene che portino sfortuna solo ai tiranni, chi replica che sono spesso presenti alla nascita delle divinità. Tsuchinshan-ATLAS deve il suo nome all’osservatorio cinese della Zijin Shan 紫金山, la Montagna Viola, che ha scoperto il corpo celeste e al sudafricano Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System (ATLAS), che l’ha riconosciuta come cometa. Sappiamo che tornerà “dalle nostre parti” tra 80.000 anni sempre che non cambi idea perché, come dice l’astronomo David Howard Levy, le comete sono come i gatti: hanno la coda e fanno esattamente quello che vogliono (*).
Ma di che cosa sono fatte le comete? Intanto il loro nome deriva dall’appellativo komotes (a pelo lungo) coniato dai filosofi greci intorno al 500 aC. Sono antichissime, in quanto resti della nebulosa primordiale. Alcune sono definite a breve periodo (impiegano circa 200 anni per completare la loro orbita intorno al nostro Sole) e si trovano nella fascia di Kuiper, poco oltre l'orbita di Nettuno, mentre quelle a lungo periodo (le cui orbite posso durare anche 30 milioni di anni) hanno origine dalla nube di Oort, zona non osservabile, la cui presenza è evidenziata grazie a calcoli matematici. I primi a dare una descrizione scientifica delle comete, nella nostra era, furono il tedesco Petrus Apianus, l'italiano Girolamo Fracastoro e il danese Tycho Brahe. Apianus e Fracastoro osservarono che le code delle comete si trovavano sempre in direzione opposta al Sole, poi Brahe riuscì a dimostrare che le comete erano molto più lontane della luna e che venivano da lontano. Nel XVIII secolo Edmund Halley, comparando il percorso di tre comete comparse nel cielo alla distanza di 76 anni una dall’altra, ipotizzò che si trattasse dello stesso corpo celeste con un’orbita di quella durata e previde il suo prossimo passaggio che avvenne puntualmente. Halley non poté assistere alla conferma della sua previsione, perché ormai non c’era più, ma quella cometa porta il suo nome. La Halley è forse la cometa più famosa: avvistata già nel 239 a.C. dagli astronomi cinesi e nel 467 a.C. dai greci, nel 1400 papa Callisto III cercò di scomunicarla in quanto creatura del diavolo. Alla metà del XX secolo l'astronomo Fred Whipple chiamò le comete palle di neve sporca, espressione che ne descrive piuttosto bene l’aspetto, infatti sono costituite da ghiaccio, polvere e piccole formazioni rocciose. La loro chioma è formata da polveri e gas dovuti allo sciogliersi degli elementi che la compongono a causa del calore del Sole, quando la loro orbita le porta vicino alla nostra stella. Il vento solare soffia via la polvere e il gas della chioma formando una lunga e luminosa coda.
Talvolta le comete si avvicinano troppo al Sole e il loro viaggio finisce per sempre. A volte si schiantano invece su pianeti, come è successo nel luglio del 1994 alla Shoemaker-Levy 9 che è finita contro Giove. L’osservazione di questo evento ha portato a considerare che molti dei crateri presenti sulla Luna, e sulla Terra, non siano vulcani spenti, ma tracce di impatti meteorici, stelle comete comprese. Inoltre ha reso più concreta l’ipotesi che l’acqua presente sul nostro pianeta sia arrivata dal cielo, grazie alle comete, che quindi sarebbero portatrici di vita. Nel 2011, i ricercatori hanno scoperto che l’acqua presente nei nostri oceani ha praticamente la stessa composizione chimica di quella all’interno delle comete ma poi nel 2014 gli spettrometri della sonda Rosetta , hanno rivelato che la composizione isotopica dell’acqua ghiacciata della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è molto diversa da quella presente sul nostro pianeta. L'acqua dei nostri oceani probabilmente è stata trasportata dai meteoriti. Comunque sia la vita sembra essere arrivata dal cielo. E questa considerazione è commovente. Questo piccolo sasso che orbita intorno al Sole proprio grazie ai meteoriti e alle comete, messaggeri celesti, è in comunicazione con lo spazio immenso.
Un personaggio della Bilancia: Carl Sagan L'azoto del nostro DNA, il calcio dei denti, il ferro del sangue, il carbonio nella nostra torta di mele vengono tutti dall'interno delle stelle in fase di collasso. Siamo fatti di materia stellare. Carl Sagan è stato un astronomo rigoroso, uno straordinario divulgatore scientifico e un eccezionale autore di fantascienza, insomma uno scienziato che non ha mai messo da parte la sua anima di sognatore. Nato a Brookling, New York, il 9 novembre 1934, sotto il Segno dello Scorpione, da cui eredita l’insaziabile curiosità e l’anticonformismo, nel corso della sua vita a pubblicato oltre 600 articoli scientifici o divulgativi, e più di 20 libri molti dei quali alcuni sono diventati dei veri best sellers. Tra questi ricordiamo il celeberrimo Contact, diventato anche un film con Jodie Foster. Sua è anche la conduzione di Cosmos, la serie televisiva, di grandissimo successo. Collaboratore della NASA ed è uno dei fondatori del Progetto SETI per la ricerca delle intelligenze extraterrestri. La sua passione per la vita su altri pianeti risale, per sua stessa ammissione, alla sua infanzia quando gli fu chiaro che se le stelle erano come il nostro Sole, dovevano avere dei pianeti e su questi pianeti poteva esserci la vita. E quella passione non lo abbandonerà mai, anzi diventa ancora più forte quando i primi voli spaziali dimostrarno la possibilità concreta di esplorare altri mondi lassù nello spazio profondo. Dopo la laurea in Fisica si specializza in astrofisica presso l'Università di Chicago, fino a conseguire, nel 1960 il dottorato di ricerca. Dal 1962 al 1968 lavora presso lo mithsonian Astrophysical Observatory di Cambridge nel Massachussetts. Nel 1962 scrive un lavoro con il Nobel Joshua Lederberg, sulla possibilità di vita su Marte e in seguito collabora con la NASA ai progetti Mariner e Viking.
L’esplorazione dello spazio e le ipotesi che vengono via via formulate danno origine ad accesi dibattiti nella comunità scientifica e la necessità di ridefinire concetti dati per scontati fino a quel momento, come quello di “vita”. Non contento di quanto viene elaborato nelle discussioni, stabilisce un suo criterio personale, il disequilibrio termodinamico: se qualcosa richiede un consumo di energia – afferma – può essere considerato indicatore di vita. La sua definizione verrà ritenuta valida anche dall’Enciclopedia Britannica. Negli anni settanta Sagan e Frank Drake sono impegnati nel Progetto Arecibo, ovvero l’esplorazione extraterrestre tramite il potente radiotelescopio omonimo, alla ricerca di segnali radio provenienti dallo spazio, con l’intento di stabilire un dialogo con eventuali civiltà extraterrestri. Naturalmente non incontra solo plausi per il suo lavoro. Un po’ per invidia, dato il suo successo, un po’ per diversità di idee e di intenti alcuni colleghi non provano grande simpatia per lui, ma questo non lo fa mai recedere dalle sue posizioni o abbandonare la sua ricerca. Sagan, uno dei principali collaboratori per le missioni Pioneer e Voyager della Nasa, fa apporre sulle sonde Pioneer 10 e 11 la famosa placca d'oro con un messaggio dei terrestri ad un’eventuale specie aliena e inserisce il Golden record, con suoni e immagini che testimoniano le diverse varietà di vita e cultura del nostro pianeta, sulle sonde Voyager. Sono tentativi di comunicare con altre intelligenze criticati da molti anche con accuse di ingenuità per il timore di fornire informazioni utilizzabili da altri eventuali esseri non amichevoli nei nostri confronti. Nel 1992 è tra i promotori del programma di esplorazione di Marte. Muore il 20 dicembre 1996 dopo una lunga battaglia contro la mielodisplasia. Lascia un’eredità importante nel campo della scienza, della divulgazione e anche della riflessione perché ogni nuova conoscenza, ogni nuovo progresso comporta anche una nuova presa di coscienza. Riportiamo qui il suo commento alla Blue Pale Dot, una fotografia del nostro pianeta. Che lui stesso aveva richiesto, scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1. Da lontano la nostra Terra appare infatti come un “blue pale dot”, un pallido puntino azzurro. The pale blue dot (il pallido puntino azzurro) Guarda. È la nostra casa. È tutti noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui mai avete sentito parlare, ogni essere umano mai esistito, hanno vissuto la loro vita. L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni e ideologie e orgogliose dottrine economiche, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni costruttore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre e figlio pieno di speranze, inventore ed esploratore, ogni insegnante di morale, ogni politico corrotto, ogni superstar, ogni leader supremo, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie, sono vissuti lì… su un granello di polvere sospeso in un raggio di luce solare.
La Terra è un palcoscenico molto piccolo in una vasta area cosmica. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori, affinché in gloria e trionfo, potessero diventare i padroni temporanei della frazione di un punto. Pensate alle crudeltà inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel sugli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo. Quanto frequenti le incomprensioni. Quanta smania di uccidersi a vicenda. Quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che abbiamo di una qualche posizione privilegiata nell’universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è una pagliuzza solitaria nel grande a avvolgente buio cosmico. Nella nostra insignificanza, in tutta questa vastità, non c’è alcun indizio che da altrove arriverà un aiuto per salvarci da noi stessi. La Terra è l’unico luogo conosciuto ad oggi che ospiti la vita. Non c’è altro posto, almeno nel futuro prossimo, verso cui la nostra specie potrebbe migrare. Visitare, sì. Stabilirsi, non ancora. Che vi piaccia o meno, al momento, la Terra è dove giochiamo le nostre carte. Si dice che l’astronomia sia un’esperienza di umiltà e formazione del carattere. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle presunzioni umane che questa immagine lontana. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro e di preservare e proteggere il pallido puntino azzurro, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.
OTTOBRE 2024 Ispirati dalle stelle
Guardare le stelle, quelle luci misteriose perse nell’immensità, porta inevitabilmente a chiedersi che rapporto ci sia tra i mille affanni del quotidiano e quello spazio così grande in cui avvengono fenomeni che possiamo solo provare a immaginare e in cui forse altri esseri si affacciano con il nostro stesso stupore. Guardare le stelle fa diventare piccoli i nostri problemi, i nostri conflitti, le nostre stesse vittorie legate al mondo in cui ci muoviamo frenetici ogni giorno. E allora il pazzo mondo a cui siamo abituati è forse un sogno? E c’è un fuori dal sogno? Di sicuro c’è chi sente che l’esistenza non può essere solo la quotidianità e che c’è qualcosa oltre il visibile, qualcosa di misterioso e infinito che in qualche modo lo chiama. E c’è un modo per rispondere a questo richiamo. Lo propone l’antico sciamanesimo druidico con la sua millenaria esperienza: la meditazione, lo strumento naturale che consente di bypassare il mondo virtuale della mente per procedere nel viaggio di crescita e di scoperta di nuovi stati percettivi di coscienza. La dimensione della mente ha un’apparenza accattivante fatta di emozioni, ricordi, abitudini ma a ben guardarla è un contenitore disordinato e melmoso di pensieri che si avvolgono su loro stessi creando problematiche, sofferenza e senso di solitudine. C’è invece la possibilità di andare oltre questa specie di gabbia invisibile, di essere liberi di vivere in armonia con tutte le altre forme di vita, con tutte le altre gemme grandi e piccole che popolano l’immensità. La meditazione permette questo. La meditazione dello sciamanesimo druidico può essere praticata in varie forme: seduti in postura, con l’utilizzo della Nah-sinnar, la musica del Vuoto, in camminata, ecc. ma questa volta vorremmo soffermarci un attimo sulla meditazione in movimento proposta dalla Kemò-vad. Kemò-vad significa danzare nel vento per diventare vento nel vento. Un’espressione poetica che traduce bene la natura di questa meditazione che è un po’ una danza sacra e un po’ una sorta di arte marziale dolce. Basata sul movimento consapevole, lento e continuativo porta naturalmente a tranquillizzare la produzione mentale fino a farla tacere. Propone una serie di “figure” dette batzu da eseguire prima separatamente, come preparazione ginnica, e poi in sequenze che formano appunto una danza capace di modificare il rapporto tra noi stessi e ciò che percepiamo come esterno e diventare con esso una cosa sola, diventare cioè vento nel vento. La Kemò-vad appartiene al patrimonio dell’antico sciamanesimo druidico ed è stata proposta in Italia, per la prima volta, da Giancarlo Barbadoro che l’aveva appresa dai druidi bretoni di Broceliande. La Kemò-vad è un’esperienza che può essere trasportata nel quotidiano trasformandolo: ciò che il kaui (il praticante della Kemò-vad) vive nella palestra può viverlo nella vita di ogni giorno perché in fondo la vera palestra è qui, sotto le stelle. (*) “Fuori dal sogno” è tratta da “AL DI LÀ DELLA SOGLIA, le poesie di Giancarlo Barbadoro”, Edizioni Triskel. Il libro è reperibile alla Grotta di Merlino di Piazza Statuto 15 a Torino, oppure, in formato e.book, al sito www.triskeledition.com Per saperne di più: “DANZARE NEL VENTO. Armonia e benessere della Kemò-vad” di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel, reperibile alla Grotta di Merlino di Piazza Statuto 15 a Torino, oppure, in formato e.book, al sito www.triskeledition.com Sessioni di Kemò-vad: tutti giovedì alle ore 20 nella palestra della scuola G.Gozzano - via Alba 15, Rivoli (TO) tutti i sabati alle ore 18 nella palestra della scuola C.N.Rosselli - via Castello 7, Fiano (TO)
Un personaggio della Bilancia: Mahatma Gandhi Nell'atteggiamento del silenzio l'anima trova il sentiero in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in una chiarezza cristallina. La nostra vita è una lunga e ardua ricerca della Verità. Il Mahatma (la GrandeAnima) Gandhi, fondatore della nonviolenza come metodo di lotta politica, è stato guida spirituale, leader del movimento per la libertà e padre dell’India indipendente. Gandhi lottò tutta la vita utilizzando il dialogo, il rifiuto di sottostare a leggi ingiuste e la resistenza passiva che per lui era però insistenza nella verità. È stato un grande uomo e ha lasciato una traccia indelebile nella storia dell’India e in quella di tutto il pianeta. Mohandas Karamchand Gandhi, questo il suo nome completo, nasce il 2 ottobre del 1869 a Porbandar, sulla costa nordest del mar Arabico, in India. Nato sotto il Segno della Bilancia, ne rappresenta al meglio la sensibilità, il grande senso della giustizia e la ricerca di equilibrio dove questo viene a mancare. Possiamo anche dire che supera uno dei principali difetti della Bilancia, quello dell’indecisione, anzi intraprende un’azione che avrebbe spaventato molte persone di carattere deciso, tanto è di vasta portata. Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. La sua lotta contro l’ingiustizia non si limita al solo contesto umano, si allarga agli altri esseri senzienti di questo mondo, tanto da affermare che grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali. Ha soltanto dodici anni quando si sposa, secondo il costume induista, con una coetanea, Kastürbā Gāndhi. Da adulto lotterà contro l’usanza dei matrimoni tra bambini, come contro altre consuetudini oppressive ed in particolare contro la divisione della popolazione in rigide caste, che costringono quelle inferiori ai lavori più umili. Nel 1893 si trasferisce a Londra, dove si laurea in Giurisprudenza. Dopo poco viene assunto da una ditta indiana con sede in Sudafrica e va a vivere a Johannesburg. Rimane in Sudafrica dal 1893 al 1914, pur con visite in India e nel Regno Unito, durante quel tempo. È in Sudafrica che viene in contatto con la realtà degli emigrati indiani, trattati come razza inferiore e sottoposti a soprusi e ingiustizie da parte dei coloni europei. Davanti a queste discriminazioni Gandhi comincia a sviluppare le sue convinzioni politiche e filosofiche. Per me - dirà in seguito – è sempre stato un mistero perché gli uomini si sentano onorati quando impongono delle umiliazioni ai propri simili.
Per difendere i diritti dei suoi connazionali Gandhi propone la tattica di resistenza passiva. Si tratta in pratica di non obbedire alle leggi ritenute ingiuste pur accettando, senza ribellarsi, le sanzioni che queste leggi prevedono. È un metodo di lotta nuovo, che rifiuta la violenza. Torna in India nel 1915 e qui inizia la sua azione politica contro l’occupazione inglese, contro la divisione della società indiana in caste e contro i conflitti tra la maggioranza indù e le minoranze di altre religioni. Nel 1934 Gandhi si ritira dalla politica e inizia un’azione sociale, viaggiando tra le campagne, per incontrare la gente e per risvegliarla dalla passività a cui il sistema religioso immutabile l’ha abituata ormai da secoli. Porta a tutti, indipendentemente dalla religione e della casta di appartenenza, la sua idea di un mondo nuovo, per cui vale la pena di lottare: Se esiste un uomo non violento, perché non può esistere una famiglia non violenta? E perché non un villaggio? Una città, un paese, un mondo non violento? Quando scoppia la seconda guerra mondiale propone che l’India non sostenga l’Inghilterra se la Corona non le concede l’indipendenza. Un quinto della razza umana - dichiara - è stato assoggettato alla Gran Bretagna attraverso mezzi che non potrebbero mai trovare una giustificazione. La nostra resistenza a questa oppressione non significa che noi vogliamo male al popolo britannico... La nostra rivolta contro il dominio britannico è disarmata. Ma… siamo decisi a rendere la loro dominazione impossibile per mezzo della non cooperazione... Nessun usurpatore può raggiungere i suoi scopi senza un minimo di cooperazione, volontaria o forzata, da parte della vittima. I nostri padroni possono avere le nostre terre e i nostri corpi, ma non le nostre anime. Viene arrestato e con lui la moglie e altri sessantamila oppositori al governo inglese. La moglie morirà in carcere, lui ne uscirà due anni dopo. Intanto il Partito del Congresso riconoscendo valide le idee di Gandhi le fa proprie e sempre più persone aderiscono alla disobbedienza civile mettendo in seria difficoltà l’apparato coloniale inglese. I funzionari indiani si dimettono, gli studenti disertano le scuole inglesi, la popolazione non acquista più prodotti provenienti dall’Inghilterra e non paga più le tasse. Il 15 agosto 1947 l’India ottiene l’indipendenza, ma le continue tensioni tra indù e mussulmani portano alla separazione del Pakistan che diventa stato autonomo a maggioranza mussulmana. Gandhi muore il 30 gennaio 1948, ucciso da un fanatico induista che voleva la guerra contro il Pakistan perché tutto il territorio indiano fosse di nuovo unito sia politicamente che religiosamente. Una morte violenta per un uomo che aveva affermato per tutta la vita la forza della non violenza. Le sue parole coraggiose restano un messaggio di speranza per tutti quelli che credono nella possibilità di un mondo migliore: Dicono che sono un eroe. Io: debole, timido, quasi insignificante. Se essendo ciò che sono ho fatto quello che ho fatto, immaginate cosa potete fare tutti voi, insieme.
SETTEMBRE 2024 Storia e leggenda della nascita del New Earth Circle Il 2 settembre di quest’anno ricorre il trentottesimo anniversario della nascita del New Earth Circle (il Cerchio di Nuova Terra), un’iniziativa nata da un gruppo di guide spirituali che si incontrarono il 2 settembre del 1986, sotto il cielo stellato della Scozia, per un appuntamento misterioso. Si unirono insieme in una meditazione comune che segnò la nascita di quello che venne chiamato il New Earth Circle. Con Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero aderirono al Cerchio dei Catalizzatori, Mrs. Eileen Caddy (Findhorn, Scotland), Baroness Edmee Di Pauli (London, UK), Mrs. Arlette Nathanael (London, UK), Mrs. Karyn Martyn-Kuri (Centerville, USA), Mrs. Helen Hypatia Bailey-Bayly (New York, USA), Miss Judith Meynell (Forres, Scotland), Mme Yanick David (Paris, France), M. Leon Moscona (Sofia, Bulgaria), A.A. Thikonoff (Moscow,CSI), Huan Han Tsi (Beijng, Cina), Ola Cassadore e Mike Davis (Apache San Carlos, Arizona), ma l’adesione è sempre aperta ad altri membri che propongano e insegnino la meditazione in armonia con lo spirito del New Eart Circle.
Giancarlo e Rosalba videro in questo evento l’inizio di quello che poteva essere la realizzazione di un sogno: riunire in una unica esperienza spirituale tutte le persone che desideravano dare un contributo al benessere e al futuro dell'intera umanità. Da quel giorno la meditazione del martedì è diventata planetaria, coinvolgendo sempre più persone che da sole o in gruppo si incontrano, fisicamente o virtualmente, al di là di tutte le differenze di cultura o di razza, per testimoniare la forza della spiritualità e per dare un contributo d’amore, libertà e conoscenza, com’è nella tradizione dei popoli naturali di tutto il mondo. È possibile partecipare alla meditazione del martedì collegandosi a radio Dreamland, una web radio che ogni martedì sera alle 21 trasmette un brano di musica, eseguito al flauto da Giancarlo Barbadoro, con cui è possibile meditare, seguendo le semplici modalità di esecuzione date dalla voce di Rosalba Nattero. Il brano è di breve durata ma la musica è particolare, infatti la Nah- sinnar, la musica del Vuoto, è capace di agire come una specie di agopuntura sul cervello, producendo un spontaneo rilassamento fisico e mentale e permettendo l’emergere della propria identità spirituale. Inoltre il primo martedì di ogni mese, sulla pagina Facebook dell’Ecospirituality Foundation, Rosalba Nattero conduce personalmente una meditazione a cui chiunque può partecipare. Per saperne di più: http://www.newearthcircle.org
I personaggi del mese: Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero
Come raccontare la fondazione del New Earth Circle senza parlare di chi lo ha voluto e promosso? L’incontro magico nelle Highlands scozzesi forse sarebbe rimasto solo un evento straordinario che si chiudeva su se stesso, se qualcuno non avesse proposto di farne l’inizio di un grande progetto planetario: proporre la meditazione come strumento di crescita individuale e di costruzione di un mondo nuovo in cui, superando le barriere storiche e culturali, tutti si riconoscono parte dello stesso Mistero. È stato Giancarlo Barbadoro a fare questa proposta, sostenuta da Rosalba Nattero e poi condivisa da tutti i presenti. Da allora la meditazione non è più stata la pratica astrusa che alcuni individui un po’ strani attuavano riferendosi a dottrine esotiche, ed è diventata una realtà i cui benefici sono ufficialmente riconosciuti. Forse per qualcuno rimane ancora una semplice tecnica di benessere psicofisico ma, grazie ai catalizzatori del New Earth Circle, rivela anche la sua natura di strumento di crescita alla portata di tutti. Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero con i loro scritti, con la loro costante opera di divulgazione hanno fatto conoscere questo strumento, basato su un archetipo naturale, capare di trasformare la vita dei singoli e conseguentemente delle comunità degli individui che la praticano, facendo sperimentare il superamento delle problematiche individuali e la conquista del bien être, la gioia di vivere. Come scriveva Barbadoro, la meditazione porta gli individui a realizzare un’armonia e maturità interiore che viene naturalmente espressa nell’ambiente circostante coinvolgendo gli altri esseri, umani e non, e lo stesso territorio e le comuni risorse. Meditare significa leggere il Grande Libro della Natura e attuare un vero e proprio processo alchemico, grazie al quale si viene a far tacere l’illusione dei sensi e quella dell’immaginazione della mente, per far emergere il proprio Io consapevole e senziente, l’unico ente in grado di poter rispecchiare la realtà della Natura. Una armonia interiore che alimenta e si esprime inevitabilmente in una propria azione creativa nell’ambiente. Azione che in definitiva si trova ad essere condivisibile con altri che vivono l’identica armonia interiore. Si potrebbe dire che la coesistenza di questi campi di azione creativa, come atomi che si legano tra di loro, può dare corpo alla prospettiva di creare una vera e propria “molecola di nuova esistenza” virtuale che si può ingrandire all’infinito giungendo ad unire continuamente nuovi “atomi di luce” (*). Barbadoro e Nattero hanno condotto un’opera costante per far sì che ogni individuo che sente dentro di sé l’esigenza di vivere una vita piena, non ipotecata da valori fittizi, e di dare corpo al suo bisogno di infinito, possa avere gli strumenti per farlo. L’elenco delle loro azioni è davvero lungo ma nasce sempre da un’unica matrice: la conoscenza tradizionale dell’antico druidismo europeo, conoscenza che lega le radici dei popoli europei a quelle dei popoli nativi di tutti gli altri continenti. Barbadoro ha cominciato la sua opera già dagli anni settanta del secolo scorso, con la partecipazione alla vita culturale di quel periodo, concretizzata nella fondazione a Torino, di Spazio 4, centro che promuoveva conferenze e serate basate su un nuovo modo di fare ricerca unendo scienza e mistero, senza decidere a priori quali campi di ricerca fossero degni di attenzione e quali no. Da quando Rosalba Nattero ha aderito al progetto di Giancarlo la loro è stata una lunga collaborazione.
Entrambi hanno scritto testi e articoli perché la vera storia dell’umanità e il suo bagaglio di esperienze, non fosse soltanto nascosto nelle legende e nei miti. Hanno condotto ricerche sui luoghi megalitici di tutto il mondo e del territorio piemontese in particolare fino alla scoperta delle mura della mitica città di Rama. Hanno condotto trasmissioni radiofoniche e televisive, perché l’antica cultura diventasse nuovamente seme pronto a germogliare per creare un mondo migliore per tutti. Hanno fondato il LabGraal, la band di keltic rock la cui musica ha portato in giro per il mondo il messaggio di libertà dei popoli naturali e la conoscenza della Nah-sinnar, l’antica musica del Vuoto dello sciamanesimo druidico. Hanno collaborato con le Nazioni Unite come rappresentanti di numerose comunità di popoli nativi, per la difesa dei loro luoghi sacri e della loro cultura. Hanno fondato SOS Gaia per difendere i diritti degli ultimi degli ultimi, gli animali, gli schiavi del terzo millennio. E sempre per aiutare gli animali anno promosso la nascita di Artist United for Animals, un sodalizio di artisti sensibili a questa problematica, perché la voce di chi non ha voce possa essere sentita anche da lontano. Hanno insegnato la Kemò-vad, la tecnica di meditazione dinamica le cui origini si perdono nel mito. Giancarlo Barbadoro ha voluto dare visibilità all’antica cultura con la costruzione del grande Stone Circle di Dreamland, un grande cerchio di pietre dove riunirsi per meditare, guardare le stelle, recitare poesie e celebrare ricorrenze comuni. Un luogo che è riferimento concreto per gli aderenti al New Earth Circle. Abbiamo scritto al passato queste iniziative perché sono state condotte insieme da Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero ma purtroppo nell’agosto del 2019 Giancarlo ci ha lasciati. Nonostante il grande dolore e il grande vuoto rimasti, Rosalba ha voluto raccogliere questa immensa eredità e continuare l’opera in modo che il sogno di Giancarlo non andasse perduto. Così le iniziative intraprese continuano a crescere, portate avanti da Rosalba, aiutata da quanti non si vogliono arrendere all’assurdità di un mondo ingiusto e vogliono essere, con il loro contributo spontaneo, gli “atomi di luce” di cui Giancarlo parlava, sempre più numerosi e determinati a costruire un mondo migliore.
(*) da: "Meditazione e Ecospiritualità: All’origine dello sciamanesimo. Le Hasba dell’Antico" di Giancarlo Barbadoro. Edizioni Triskel.
Per saperne di più: http://www.giancarlobarbadoro.net
AGOSTO 2024 La scienza che non nega il mistero C’è scienza e scienza. C’è una scienza ripetitiva che spacca il capello in quattro che si occupa di definire l’ovvietà e taglia via con un colpo di rasoio tutto ciò che esce dalla materia che i nostri sensi, e gli strumenti che li potenziano, possono descrivere, e c’è una scienza che si proietta nell’ignoto per amore della conoscenza e per migliorare la vita di tutti. Una visita al CERN è un tuffo in questo secondo tipo di scienza. Il CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, si trova al confine tra la Francia e la Svizzera, alla periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. Quest’anno festeggia i suoi settant’anni di attività e accoglie i visitatori con una serie di presentazioni, filmati, sale a tema e attività interattive veramente interessanti. Le ricerche ed i lavori che vengono portati avanti sono spiegati con passione, voglia di rendere partecipi e anche orgoglio di far parte di questo gruppo di scienziati che vengono da tutto il mondo e collaborano insieme, superando barriere di etnia e cultura, per amore della conoscenza. Il visitatore comincia a considerare che non tutto è visibile e continua cercando le tracce di ciò che c’è ma non è rilevato dai nostri sensi per poi continuare, nelle varie sale, a considerare le particelle, i bosoni o immergersi nel mistero della nascita dell’universo dal vuoto.
Quando la scienza affronta temi di vasta portata non può che fondersi con la filosofia e dare evidenza al mistero che permea tutto ciò che ci circonda e in cui noi stessi siamo immersi. Non è solo guardare questo o quell’esperimento, è chiedersi dove siamo, chi siamo e che cosa ci facciamo qui, se dentro questa strana dimensione in cui viviamo ci sia un senso, una via d’uscita, un cammino per raggiungerla. Viviamo spesso all’interno di convinzioni di natura culturale che ci impediscono di guardare al di fuori di esse. La familiarizzazione con queste idee le rende reali anche se sono soltanto interpretazioni e ci impediscono di cogliere lo straordinario che affiora appena l’ovvietà si fa meno forte. La visita al CERN offre un sacco di spunti di riflessione, a tutti, grandi e piccoli perché questo modo di presentare la scienza che ti fa sentire partecipe di una grande avventura alla scoperta del nostro mondo. Per saperne di più:
Il personaggio del mese: Giancarlo Barbadoro
Sono passati ormai cinque anni dal 6 agosto 2019 quando Giancarlo Barbadoro ci ha lasciati, una ferita ancora aperta in quanti hanno avuto la fortuna e l’onore di conoscerlo e di condividere con lui momenti di vita, riflessioni sul mondo e sul proprio cammino personale ed esperienze che lui regalava con le sue parole e con la sua stessa semplice presenza. Perché quando lui c’era succedeva qualcosa e l’atmosfera cambiava. Le problematiche e le produzioni del mentale perdevano la loro consistenza e diventavano cartastraccia. Si poteva giocare, scherzare, organizzare, affrontare questioni anche complesse sempre in un clima limpido che aiutava tutti a mettersi in gioco con semplicità e naturalezza.
Giancarlo Barbadoro, ovunque sia adesso, starà affrontando esperienze che non sappiamo immaginare, dopo aver passato la soglia e aver lasciato alle spalle tutto quello che a noi “sembra eterno”. A noi sono rimasti i doni preziosi che ci ha lasciato, per poter crescere, e il suo sogno di un mondo migliore, più giusto, più libero, più felice per tutti i figli di Madre Terra, indipendentemente dalla forma e dalla specie di appartenenza. Giancarlo Barbadoro proponeva l’Ecospiritualità come medicina per questo mondo malato, una ricetta semplice e potente. Ogni persona può crescere in esperienza grazie alla meditazione, lo strumento che permette di superare la sofferenza dovuta alle tante problematiche create dal mondo virtuale della mente, e scoprire il bien-être che il piano spirituale consente. Ogni persona può diventare una scintilla di luce che, unita a tutte le altre scintille, può produrre una rivoluzione pacifica e inarrestabile. Ecospiritualità è una parola coniata da Giancarlo con i capi spirituali di diverse comunità native, con cui collaborava all’ONU, per indicare la filosofia di base dei popoli naturali che riconosce pari dignità a tutti i viventi, figli della stessa Madre Terra, uguali di fronte al Mistero che tutti comprende e proiettati in un percorso di crescita sostenuto dalla forza vitale che permea l’universo. Ogni anno all’Ecovillaggio di Dreamland, da lui stesso fondato per dare visibilità all’antica cultura druidica tutt’ora viva, si commemora Giancarlo. Si accende il candeliere a tre braccia alla maniera celtica e si portano in processione i simboli dei quattro doni di Fetonte, il mitico essere venuto dalle stelle per portare agli uomini la conoscenza e aiutarli nella loro evoluzione. Ci si riunisce al Nemeton, luogo dedicato a Giancarlo all’interno dell’Ecovillaggio, per leggere poesie e messaggi a lui dedicati, alcuni provenienti da terre lontane come l’Africa dove l’Ecospiritualità ha trovato terreno fertile ed è fiorita in Camerun, in Benin e in Congo. Giancarlo Barbadoro è sempre stato un anticipatore, tanto che a volte sembrava essere un viaggiatore del tempo venuto dal futuro per dare una mano alle creature di oggi, imprigionate nell’ignoranza, senza memoria del loro passato e private della speranza racchiusa nell’antico detto “Post tenebras lux” che lui stesso, spesso ripeteva.
LUGLIO 2024 Mondo Verde Il mondo verde è il mondo degli alberi, esseri che sembrano congiungere
il cielo alla terra. Considerati dalla cultura maggioritaria solo
elementi decorativi dello scenario in cui si muovono gli esseri umani,
grazie a studi recenti riconquistano la dignità di esseri viventi e
senzienti, come riconosciuto nelle culture dei popoli naturali. Si
è visto che mettono in atto una trasmissione sinaptica paragonabile a
quella dei tessuti neurali animali. Hanno un cervello, diverso per forma
da quello degli animali, situato nell'apice delle radici e precisamente
nelle cellule della zona detta di transizione. Queste cellule
comunicano fra di loro e sono in collegamento con tutte le cellule della
pianta, per mezzo di neurotrasmettitori. Per saperne di più: http://www.shan-newspaper.com/web/animalismo/1549-il-caso-della-comunita-vegetale
Un personaggio del Cancro: Hubert Reeves
L'universo è una macchina per creare consapevolezza
Come divulgatore scientifico ha saputo raccontare la bellezza della ricerca e della scoperta, tanto da essere definito “narratore celeste” perché, oltre all’indubbia capacità di comunicare con i grande pubblico, con i suoi libri (citiamo ad esempio Patience dans l’Azur) ed i suoi interventi sui media, ha saputo sempre trasmettere la poesia delle stelle e il loro profondo legame con la nostra vita. Si domandava se l’intelligenza umana (o forse il modo di usarla da parte di alcuni) non sia un “dono avvelenato” che ci allontana dalla natura e di quanto ci sarebbe da imparare dagli animali che con la natura sanno vivere in armonia.
GIUGNO 2024 Un diario dal futuro
Frammenti di storia Un giorno, qualcuno guarderà le vecchie carte, leggendo appunti di un sogno planetario e si immaginerà volti e storie di una grande avventura in attesa dell’eterno giorno. Quel giorno, qualcuno scriverà nuovi appunti e uscirà a camminare sotto un sole diverso, di un universo che muta… Servo di un destino di infinito.
Questa è la poesia che conclude il Diario di un Viaggiatore del Tempo, il libro di Giancarlo Barbadoro presentato sabato 11 maggio scorso al Garage di Arte e Cultura di piazza Statuto 15 a Torino, nell’ambito delle iniziative del Salone Off del Salone del Libro 2024. È una poesia che parla di appunti che viaggiano nel tempo, come il loro autore, appunti di un sogno, quello di un mondo nuovo, che ha accompagnato Giancarlo fin dalla sua prima giovinezza, un sogno che nasceva da una percezione chiara, perfino luminosa, della stranezza della dimensione in cui ci troviamo a vivere. Giancarlo non è più tra noi e questo libro esce postumo. Il racconto anche per questo fa fare un vero salto nel tempo. Ci parla di esperienze vissute e speranze per il futuro, di incontri speciali, di consapevolezza, di decisioni importanti, di determinazione. È il percorso di una vita straordinaria vissuta in un tempo che non è quello della routine quotidiana fatta di impegni magari faticosi ma in fondo banali, dietro quel percorso infatti c’è un progetto che affonda le sue radici nella storia dimenticata dell’umanità e nel mistero stesso che permea l’esistenza anche se ignorato da molti. L’autore stesso afferma che ha voluto dare una testimonianza della realtà che esiste al di là dell’ovvietà in cui viviamo e che è inevitabilmente a contatto con il mistero a cui si accede nella ricerca del Graal… un mondo di poesia e di magia che tende ad essere dimenticato nella prospettiva della globalizzazione tecnologica che è tessuta intorno a noi.
È un libro particolare perché, lungo lo svolgersi degli eventi del racconto, ognuno può riconoscere se stesso, o almeno quella parte di sé che anche se l’abitudine tende ad anestetizzarla e addormentarla, ogni tanto affiora con prepotenza rivendicando il suo posto e il suo diritto di esprimersi. Così questa autobiografia, che è anche una sorta di romanzo in cui sono volutamente mescolati elementi concreti ed elementi che assumono un valore simbolico, diventa un viaggio in cui il lettore viene preso per mano e condotto su un sentiero misterioso, alla cerca del Graal. Il messaggio che questo libro contiene apre a panorami infiniti: la nostra vita non è soltanto una sequela di impegni e doveri che alla fine si rivelano vuoti di significato ma una grande avventura come dice la poesia qui sopra. Nella presentazione del Diario gli interventi di Antonello Micali, giornalista, direttore de Il Risveglio, Rosalba Nattero, giornalista ed editore del libro, e Anna Maria Bonavoglia, scrittrice, hanno coinvolto e commosso il pubblico presente che ha risposto con un lungo applauso al libro e all’indimenticabile autore. (*) Diario di un viaggiatore del tempo di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel è reperibile presso la Grotta di Merlino in piazza Statuto 15 a Torino oppure, anche in edizione e.book, al sito www.triskeledition.com
Il personaggio del mese: Margherita Porete
Questo mese proponiamo una data di riferimento un po’ strana per il nostro personaggio: il primo giugno 1310 non è infatti il giorno della sua nascita ma quello della sua morte avvenuta a Parigi, sul rogo, a cui era stata condannata per eresia. Di Margherita Porete, teologa delle anime semplici e libere, si conosce quest’unica data di tutta la sua vita. Era nata probabilmente nelle Fiandre intorno al 1250/1260. Aveva una grande cultura che le aveva permesso di tradurre in volgare le Sacre Scritture e di scrivere “Lo Specchio delle Anime Semplici”, un libro di profonde riflessioni e intuizioni filosofiche e religiose. Sarà proprio questo libro l’origine della sua condanna a morte, un libro che criticava la chiesa dogmatica vincolata a principi che non hanno nulla di spirituale come senso di colpa, vergogna e onore, inferno e paradiso, a cui contrappose una chiesa invisibile basata sull’amore. Il libro venne condannato dal vescovo di Cambrai, che diffidò Margherita dal farlo conoscere ad altri e lo fece bruciare davanti a lei. Ma Margherita continuò a leggere e far leggere la copia che aveva conservato o forse riscritto, ignorando il divieto e violando la legge che impediva alle donne di insegnare pubblicamente. Nonostante il manoscritto avesse intanto ottenuto l’approvazione di tre insigni religiosi (Giovanni Duns Scoto, Dom Franco di Villers, e Goffredo di Fontaines) quando Margherita lo presentò al vescovo di Chalons-sur-Marne questi pensò bene di informarne il vescovo di Cambrai, vicino alle posizioni del re Filippo il Bello che aveva avuto una parte importante nel processo ai Templari, e così Margherita finì davanti al Grande Inquisitore di Francia.
Il processo ebbe inizio ma lei non ebbe mai cedimenti e non ritrattò mai le sue affermazioni, neppure dopo la condanna, neppure dopo l’anno di tempo che le fu concesso per pentirsi, fino a quel primo giugno in cui fu bruciata sul rogo. Si dice che molti dei presenti piangessero nel vedere con quanta dignità affrontasse quel terribile evento. Il suo manoscritto non andò perduto e, copiato più volte, continuò a circolare segretamente portando il suo messaggio mistico di amore e libertà. Perché Margherita parlava di superamento della dimensione egocentrica e di ricerca di infinito, di un cammino in cui si affrontano diverse morti fino a scoprire se stessi come nulla e il nulla come sé. Per quanto possa essere un po’ azzardato parlare di un personaggio partendo dall’ultimo giorno della sua vita anziché dal primo, in questo caso ci è sembrato che in qualche modo questa biografia ben rappresentasse il segno dei Gemelli. Le regole del mondo materiale da un lato e la libertà dello spirito dall’altro, sono come Castore e Pulluce, i due gemelli, uno umano e uno divino. Ma poi, come dice Margherita, raggiungere l’infinito significa vederlo in tutte le cose, così come i due gemelli accettarono, secondo il mito, di avere entrambi insieme una natura sia umana che divina.
MAGGIO 2024 Uno sguardo dal cielo Tra i tanti enigmi che mettono in crisi la visione ufficiale della storia c’è quello dei geoglifi, grandi disegni tracciati sul suolo terrestre ma visibili da grandi distanze o soltanto dal cielo. Dato che sono stati tracciati in epoche remote, quando aerei e satelliti non dovrebbero esserci stati, chi li poteva guardare? E chi e perché li avrebbe fatti se nessuno poteva vederli? E come può averli fatti, dato che non è un’impresa semplice disegnare senza vedere ciò che si sta realizzando? Queste opere misteriose indicano comunque un contatto con il cielo, un’interazione con qualcosa o qualcuno che sta lassù in alto, un dialogo tra terra e cielo e per questo ci stupisce e ci coinvolge. Che cosa mai vorranno dire queste figure giganti sparse un po’ su tutto il pianeta? Secondo alcuni studiosi del fenomeno, tra cui l’archeologa Maria Reiche, personaggio del mese di questa puntata, potrebbero avere un significato astronomico, le figure potrebbero essere collegate all’osservazione del cielo e della posizione delle stelle ed essere utilizzate come calendari solari. Secondo altri potrebbero essere rappresentazioni di divinità o simboli di natura esoterica. Qualcuno ipotizza un’origine extraterrestre di questi disegni che potrebbero essere stati tracciati da osservatori esterni al nostro pianeta, oppure rivolti alle creature divine che, secondo le leggende che ci sono pervenute dal più lontano passato, scendevano occasionalmente dal cielo per portare doni e conoscenza agli abitanti di questo mondo (*). Giancarlo Barbadoro, in un articolo proprio qui su Shan Newspaper, li mette in relazione con i crop circles anche questi visibili, nella loro interezza, soltanto dall’alto. Sul loro significato restano aperte molte ipotesi, scrive nell’articolo citato, saranno messaggi di visitatori alieni? Segnali di viaggiatori del tempo? Artisti della Land Art in possesso di tecnologie sconosciute? (*) Il mistero rimane. E forse potrebbe anche ampliarsi perché chissà, oltre a quelli noti, non è escluso che se ne possano scoprire altri, magari da parte di un pilota in sorvolo su una zona ancora poco conosciuta o di un attento esploratore delle mappe di Google come è accaduto recentemente. Intanto vediamone alcuni, partendo dai più vicini. Inghilterra The Giant: è situato su una collina vicino al villaggio di Cerne Abbas, nel Dorset. Si tratta di una figura maschile nuda, scolpita nella collina con la tecnica del gesso bianco, probabilmente realizzato in tempi preistorici.
The White Horse: è il disegno stilizzato di un cavallo, scolpito sul fianco della collina di White Horse Ridge, vicino a Uffington, nell'Oxfordshire. È uno dei geoglifi inglesi più antichi e probabilmente risale all'Età del Bronzo. Giordania I Geoglifi di Petra: nella regione di Petra, oltre alle famose strutture rocciose, si trovano anche diversi geoglifi con disegni di ruote, cammelli e carri. Scoperti durante la Prima Guerra Mondiale, si estendono dalla Siria allo Yemen. Grazie alla tecnica dell’Optically Stimulated Luminescence (OSL) sono stati datati 6500 anni a.C. Arabia Saudita I Gates: sono strane strutture in pietra, scoperte da alcuni ricercatori amatoriali nel deserto dell’Arabia Saudita, grazie Google Earth. Viste dall’alto queste strutture diventano forme che sembrano porte e cancelli e per questo sono state chiamate “gates”. Kazakistan I geoglifi della steppa: si tratta di più di 260 enormi disegni visibili dal cielo nel Turgai, un’ampia zona arida nel nord del Kazakistan. Scoperti per caso, nel 2007, da Dmitry Dey, un appassionato di archeologia, che stava esplorando la regione con Google Earth sperando di trovare delle piramidi. USA I Blythe Intaglios: sono sei figure scavate nel terreno, tra cui un uomo e un animale, si trovano nel deserto della California, al confine con l’Arizona. Impossibili da vedere da terra, sono state scoperte durante una ricognizione in elicottero dal pilota George Palmer, nel 1931. Secondo i nativi Mohave sono opera dei loro antenati e le figure umane rappresentano Mastamho, il Creatore della Terra e di tutte le forme di vita, che aveva insegnato agli uomini come vivere. Perù I Geoglifi di Nazca: sono senza dubbio i geoglifi più famosi. Si trovano a 450 km a sud di Lima sulla pianura del bacino del Rio Grande. Le linee del deserto di Nazca disegnano figure geometriche, animali stilizzati e altri motivi, realizzati, secondo le datazioni ufficiali, tra il 200 a.C. e il 600 d.C. dalla civiltà di Nazca. Furono tracciate rimuovendo le pietre dal terreno, per far risaltare il suolo più chiaro e sono giunte fino a noi grazie al clima arido di quei territori. Furono scoperte nel 1927 da un pilota dell’aviazione peruviana che stava sorvolando la regione. I disegni sono talmente grandi che da terra risultano invisibili. I primi archeologi a studiarli furono, nel 1939, il Professor Paul Kosok dell'Università di Long Island e il suo collaboratore John Harward. Nel 1946 esce il primo libro sui misteriosi disegni di Nazca: The Mistery of the Desert dell'archeologa tedesca Maria Reiche, dell'Università di Amburgo. Secondo Reiche le linee venivano usate come calendari solari e per l’osservazione del cielo. Nazca riserva ancora delle sorprese. Nel 2023 il professor Masato Sakai e il suo team hanno identificato 4 nuovi geoglifi (un uccello, un pesce, un umanoide e un paio di gambe) avvalendosi delle più moderne tecnologie del campo dell’AI. I Geoglifi di Palpa e di Chiclayo: si trovano non lontano da Nazca, e pur essendo meno noti sono ugualmente misteriosi e affascinanti. Paracas Candelabra: è l’immagine di un gigantesco candeliere a tre bracci, scolpita su una collina nel nordovest del paese, nella penisola di Paracas, vicino alla baia di Pisco. Fu realizzato nell’epoca della dominazione spagnola, secondo le cronache del tempo nel corso di una notte, con la sabbia, sulle pendici di una montagna, da sconosciuti che non lasciarono traccia del loro passaggio (*)
Cile
Le Linee di Nasca-Matilla: si trovano dellla zona Nord del Cile, e pur essendo meno note sono simili a quelle di Nazca.
I Geoglifi di Atacama: sono nel deserto di Atacama e includono figure antropomorfe, animali e motivi geometrici. Si ritiene che siano stati disegnati tra il 500 a.C. e il 1500 d.C. Tra questi troviamo i Geoglifi di Pintados, quelli di Cerros Pintados, quelli di Chug Chug e quelli di Tiliviche. Sono generalmente ritenuti opera di culture precolombiane. (*) Il mistero dei cerchi nel grano di Giancarlo Barbadoro http://www.shan-newspaper.com/web/misteri/112-il-mistero-dei-cerchi-nel-grano.html
Un personaggio del Toro: Maria Reiche
Maria Reiche matematica, archeologa e traduttrice, è famosa per le sue ricerche sulle linee di Nazca in Perù. Dedicò praticamente tutta la sua vita e tutta la sua passione allo studio di queste linee, guadagnandosi anche appellativi poco lusinghieri come quello di strega, pazza con la scopa, e spazzina del deserto perché con il suo incredibile lavoro ripulì, rendendole evidenti, migliaia di linee che poi catalogò e cercò di interpretare. Maria Reiche nasce il 15 maggio 1903 a Dresda, sotto il Segno del Toro, da una famiglia colta e agiata. Studia all’Università Tecnica di Dresda e poi ad Amburgo dove si specializza in matematica e astronomia, geografia e lingue. Nel 1932 si trasferisce a Cuzco come istruttrice dei figli del console tedesco in Perù. Alla fine del contratto, durato circa tre anni, trova lavoro come traduttrice per il Museo di Archeologia e per l’Università di San Marcos, e va a vivere a Lima. Proprio qui conosce Julio Tello, il padre dell’archeologia peruviana, il suo allievo Toribio Mejía Xessped, il primo a notare le linee di Nazca nel 1927, durante un sorvolo. Xessped interpreta però le linee come percorsi cerimoniali, senza individuare i disegni che esse formano. Sempre a Lima Maria conosce anche Paul Kosok, della Long Island University, venuto in Perù per studiare quelli che sembravano antichi canali di irrigazione. È lui a notare per primo che quelle linee formano delle figure, cominciando così un’opera di catalogazione dei misteriosi disegni di Nazca. I disegni sono distinguibili solo da un’altitudine di almeno 400 metri e per questo, pur essendo sotto gli occhi di chi passava di lì risultavano praticamente invisibili.
Kosok in un sorvolo, nel 1941, vede per la prima volta dall’alto le linee di questo immenso territorio che lui stesso chiama lavagna per giganti. Maria Reiche diventa assistente di Kosok e con lui lavora a mappare le misteriose linee e figure e a ipotizzare un legame tra loro e gli eventi astronomici, ad esempio mette in relazione il disegno della scimmia con la costellazione dell’Orsa maggiore e quello del ragno con la costellazione di Orione. Nel 1949 pubblica le sue teorie nel libro The Mystery on the Desert. Dal 1946 si è trasferita nella valle dell’Ingenio a poca distanza dalle linee che sta studiando e passa le sue giornate e le sue notti campeggiando nel deserto, armata di scopa per pulire le linee. Sono state tracciate rimuovendo lo strato superficiale di pietre scurite dal tempo per scoprire il terreno più chiaro sottostante. Maria ne riporta alla luce più di mille. Quando Kosok torna in patria Maria resta da sola a studiare a e difendere le linee e usa i profitti di The Mystery on the Desert per la conservazione e la protezione del deserto di Nazca, quel deserto che è diventato la sua stessa vita. Nel 1992 riceve la cittadinanza peruviana, nel 1993 le viene conferita la più alta onorificenza peruviana, la Gran Croce dell’Ordine del Sole, nel 1994 le linee di Nazca sono riconosciute dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità. Muore l’8 giugno 1998, malata e ormai cieca a causa del sole del deserto. Adesso l’aeroporto di Nazca porta il suo nome e la sua casa nella pampa è diventata un museo con accanto la sua tomba e il suo furgoncino rosso con cui si spostava nel “suo” deserto.
APRILE 2024
Ci piace iniziare questa puntata di aprile, dedicata ai nostri fratelli animali, con le parole di “Stop this bloody cruelty”, l’ultimo pezzo del LabGraal, il gruppo di keltic rock da sempre attivamente impegnato nella difesa della dignità e dei diritti dei non umani che generati come noi da Madre Terra, sotto lo stesso cielo stellato, sono stati resi schiavi dalla nostra specie. “Stop this bloody cruelty” è la voce della rivolta, di chi non si riconosce in una cultura che promuove ogni genere di abominio contro gli animali non umani, spacciando per normalità o addirittura necessità pratiche infami come l’allevamento intensivo e la vivisezione. È anche un messaggio forte lanciato proprio in prossimità dell’annuale strage degli agnellini per la Pasqua cristiana, ricorrenza sovrapposta all’antica festa della Nascita e della Vita in ogni sua forma(*), che si celebrava appunto alla prima luna piena dopo l’equinozio di primavera, ma di certo senza uccidere cuccioli innocenti. Il LabGraal nato da un progetto di Rosalba Nattero (voce del gruppo) e Giancarlo Barbadoro (poeta e flautista fino al 2019, anno della sua scomparsa) si definisce a band with a vision infatti da sempre conduce la sua ricerca musicale permeandola di storia antica, ecologia e spiritualità. Gli altri membri del gruppo, fin dalla sua costituzione, sono Luca Colarelli (chitarra e Bag pipe), Andrea Lesmo (bouzouki e tastiera) e Gianluca Roggero (tamburi). Nonostante la grave perdita subita nel 2019, Rosalba e i suoi compagni hanno deciso di portare avanti il sogno di Giancarlo che vedeva nell’anima antica della musica celtica un esempio di rispetto per la Natura e per tutte le specie.
“Stop this bloody cruelty” dà nome al nuovo tour della band, iniziato il 22 marzo a Lanzo Torinese con un concerto straordinario in cui la musica lega insieme impegno, passione e spiritualità. Ospiti speciali sono stati Chiara Cesano, con il suo violino, Maurizio Redegoso Kharitian, con la sua viola armena e di Anreas Papanicolau che con la sua voce ha magistralmente interpretato alcune poesie di Giancarlo Barbadoro. Il LabGraal ha saputo unire sonorità di popoli vicini e lontani nel tempo e nello spazio rivelando la comune anima antica dei figli di Madre Terra, regalando una serata magica dove la musica ha condotto il pubblico, guidato dal gruppo Triskel, a danzare la vita. Per saperne di più: http://www.labgraal.org (*) Il libro “LE FESTE DEI CELTI - La via della morte e della rinascita dei Druidi nelle celebrazioni della tradizione celtica” di Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero, Edizioni Triskel, è reperibile presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition.com anche in formato e.book
Un personaggio dell’Ariete: Jeffrey Moussaieff Masson
Ho constatato che, a tavola, quando dico che sto scrivendo un libro sulla vita emotiva degli animali d’allevamento, i miei commensali mi guardano con un sorriso strano, come se avessi detto qualcosa di ridicolo. Poi si tuffano sulla loro bistecca, sul loro agnello, pollo o maiale senza il minimo interesse per quella che è stata la vita degli animali che hanno nel piatto. La questione non è cosa ma chi state mangiando. Una sofferenza su così vasta scala può essere forse considerata un argomento ridicolo?
Jeffrey Moussaieff Masson è uno scrittore, ricercatore nel campo della psicologia degli animali non umani, noto soprattutto per il suo libro Il maiale che cantava alla luna in cui racconta, tra le altre, la storia di una maialina neozelandese, chiamata Piglet dai suoi amici umani. Piglet vive su una spiaggia ed è la beniamina dei bambini del posto: a lei piace giocare con loro, fare il bagno nel mare e perfino ascoltare la musica. Masson che ha sentito parlare di lei, per osservarla da vicino va ad abitare in una casa proprio su quella spiaggia. Così può testimoniare che Piglet, non solo è un essere socievole con un suo carattere ed una sua vita emotiva, ma ama anche contemplare il cielo e quando la luna splende sta ferma a guardarla emettendo suoni che sembrano proprio essere una canzone. Piglet è uno dei tanti casi di animali con comportamenti che anche lo specista più convinto è costretto a considerare intenzionali e non certo frutto di una risposta meccanica all’ambente. Nato il 28 marzo 1941 a Chicago, negli USA, sotto il Segno dell’Ariete, Jeffrey Masson è stato, nel corso della sua vita, prima professore di sanscrito, poi esperto di psicanalisi riconosciuto a livello mondiale, poi responsabile degli archivi Freud e infine difensore dei diritti degli animali. Vegano convinto non solo è contrario ad ogni forma di sfruttamento degli animali ma ha voluto studiare e poi testimoniare attraverso libri che sono diventati best sellers internazionali, la vita segreta dei non umani, le loro abitudini, le loro emozioni, il loro mondo. Sia quelli che vivono nelle nostre case, sia i selvatici, sia gli sfortunati “animali da reddito” avrebbero molto da raccontarci e magari anche da insegnarci se non fossero relegati nel ruolo di inferiorità che la cultura maggioritaria ha loro affibbiato per rendere “normale” il loro utilizzo a tutti i livelli, come cibo, come forza lavoro, per il divertimento, per la sperimentazione, ecc.
Scorrendo alcuni dei titoli dei libri di Masson (Quando gli elefanti piangono, I cani non mentono mai sull'amore, Le nove vite emotive dei gatti, Il maiale che cantava alla luna, Il regno pacifico, Armadilli altruistici, Zebre zen, L’etica superiore degli animali) risulta evidente il taglio del suo lavoro. Noi umani - dice - potremo anche essere all’apice della catena alimentare ma siamo in fondo a quella etica. Nessun animale ha mai tentato di compiere un genocidio, nessun animale prova odio, nessun animale si dedica alla caccia per il solo gusto di farla. Neppure i più grandi predatori sono come noi. A parte per la difesa e il nutrimento nessun animale ucciderebbe per altri motivi. E anche per quanto riguarda l’intelligenza non facciamo una gran figura: quanto è intelligente distruggere il nostro pianeta? E ancora: quanto è intelligente decidere di distruggere un gruppo etnico perché non ne apprezziamo il colore della pelle o la loro religione? Masson si chiede anche se siamo sempre stati così e si dà una risposta: no! C’è stato un tempo in cui si viveva la parità dei sessi, senza proprietà e senza guerra - dice - I guai sono cominciati, secondo molti studiosi, con l’avvento dell’agricoltura e soprattutto con l’avvento dell’addomesticazione, quindi dell’allevamento di altri animali e dello sfruttamento delle altre specie. Uccidere gli animali per mangiarli è un crimine, ma esiste una via d’uscita, basta non farlo più, e questo potrebbe dare inizio ad una nuova età dell’oro. Citazioni tratte dall’intervento di Masson all’incontro "L'etica superiore degli animali" che si è tenuto sabato 10 Giugno 2017 all'interno del "Parma Etica Festival" https://www.youtube.com/watch?v=Lxc4P8iDzRI
MARZO 2024 Il cielo macchina del tempo Che il cielo, e soprattutto la sua esplorazione, possano essere definiti “macchina del tempo” è una constatazione sorprendente. Eppure è così, perché gli oggetti celesti che percepiamo ad occhio nudo, o con l’aiuto di potenti telescopi, sono in realtà messaggi di luce che provengono da tempi diversi: tanto più una stella è lontana da noi tanto più quella luce proviene dal passato, perché la luce per raggiungerci impiega del tempo. Vero è che la velocità della luce è molto elevata ma le distanze delle varie stelle sono enormi. Così il nostro cielo è punteggiato di luci che hanno iniziato il loro viaggio secoli fa alcune, millenni fa altre e milioni di anni orsono altre ancora. Constatare che nel nostro cielo presente e passato convivono lascia una leggera vertigine, ci fa interrogare su quale sia la vera natura dello spazio e del tempo e sull’incertezza delle nostre percezioni. Come lo spazio, anche il tempo deve essere una condizione che non si trasforma, un contesto nel quale avvengono i fenomeni che lo caratterizzano. – scrive Giancarlo Barbadoro nel suo libro “Viandanti del Tempo” - La nostra percezione del tempo come un presente che si modifica di continuo sui binari della freccia del tempo non corrisponde necessariamente al vero. Considerazioni che lasciano senza parole e che, applicate agli eventi celesti aprono a scenari immensi e misteriosi. Se la natura del tempo è diversa da quello che i nostri sensi limitati descrivono, dove si trovano il passato e il futuro e qual è la natura dell’immenso cielo in cui convivono giovani stelle e stelle “fantasma” che ormai non esistono più? Un cielo che sembra una città ricca di storia in cui si possono ammirare monumenti e palazzi antichi mescolati a edifici recenti e opere architettoniche avveniristiche.
La scienza newtoniana parla di freccia del tempo, per cui gli avvenimenti si snoderebbero secondo la sequenza passato – presente – futuro. Attualmente le ipotesi quantistiche descrivono il tempo come la dimensione dinamica che completa quella statica dello spazio, formando il “cronotopo” di cui parlava Einstein. E viene anche recuperata l’ipotesi più antica, quella di un tempo circolare, un che racconta i corsi e ricorsi delle vicende dell’uomo. Se esistesse solo lo spazio, la materia resterebbe inerte. È la dimensione fluida del tempo a permettere il movimento e l’evoluzione. E tornando al cielo pieno di stelle che cosa stiamo guardando? Un panorama fatto di eventi che in parte esistono e in parte non ci sono più o in qualche modo vediamo, in una particolare prospettiva, anche il passato che è comunque presente come in un paesaggio si vedono cose in primo piano e sullo sfondo? Proprio sulle tematiche dell’osservazione astronomica, del tempo impiegato dalla luce delle stelle per arrivare a noi, fino al 24 marzo, al Palazzo Esposizioni di Roma c’è una mostra dal titolo intrigante: Macchine del Tempo. Ideata dall’Istituto Nazionale di AstroFisica, in collaborazione con Pleiadi srl, la mostra propone un vero e proprio “viaggio nel tempo” il cui tema centrale è la luce che con la sua velocità non ci permette di vedere il presente bensì il passato. Grazie alla luce è possibile viaggiare nel tempo guardando il cielo: più distante osserviamo e più indietro nel tempo riusciamo a vedere. Il libro “Viandanti del Tempo: Riflessioni tra scienza, filosofia e segreti del tempo” di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel, è reperibile presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition.com anche in formato e.book Il sito della mostra: https://macchinedeltempo.inaf.it/index.php/homepage/
Un personaggio dei Pesci: Niccolò Copernico
Fra i molti e diversi studi delle lettere e delle arti, di cui si nutrono le menti degli uomini, stimo si debbano coltivare soprattutto, applicandovisi con grande passione, quelli che concernono le cose più belle e più degne di essere conosciute. E tali sono quelle che trattano delle divine rivoluzioni del mondo e del corso delle stelle, delle grandezze, delle distanze, del sorgere e del tramontare e delle cause degli altri fenomeni celesti, e che, alla fine, ne spiegano l'ordinamento. Niccolò Copernico, matematico, astronomo e laureato in diritto canonico, nato a Toruń (Polonia) nel 1473, sotto il Segno dei Pesci, è l’uomo che rivoluzionò l’astronomia ribaltando quella che era la tesi ufficiale di quel tempo. Con la sua De revolutionibus orbium coelestium ovvero Sulle rivoluzioni delle sfere celesti sostenne infatti che la Terra non fosse il centro dell’universo, il fulcro intorno al quale ruotavano il sole e le altre stelle, ma semplicemente uno dei pianeti che orbitano intorno al Sole. Qualsiasi movimento che appare nel firmamento non nasce da alcun movimento del firmamento, ma dal movimento della Terra. La Terra insieme ai suoi elementi circostanti esegue una rotazione completa nei suoi poli fissi in un movimento quotidiano, mentre il firmamento e il cielo più alto rimangono invariati. Prima di Copernico la scienza, fortemente influenzata dai dogmi religiosi, sosteneva il geocentrismo tolemaico che voleva la Terra luogo della creazione dell’uomo, inteso come essere della specie umana, signore e padrone del luogo che Dio aveva costruito per lui. Passare all’eliocentrismo copernicano era sconvolgente, significava far tremare tutta l’impalcatura costruita in modo da confermare il potere di chi si autodefiniva tramite tra Dio e l’uomo.
E ancora significava dare un colpo all’antropocentrismo, un po’ come adesso accade nell’ammettere la presenza di vita intelligente su altri pianeti. Significava guardare la Terra quasi dall’esterno perché in effetti, per chi guarda il cielo con i piedi ben saldi sul suolo, è il cielo che sembra ruotare intorno al nostro pianeta e con esso il Sole, la Luna e le stelle. Come arrivò Copernico a formulare questa tesi? Forse studiando antichi autori come il greco Aristarco di Samo, vissuto nel III secolo a.C. che a sua volta aveva probabilmente preso questa teoria da conoscenze arcaiche. Comunque sia Copernico osservò per anni gli astri nel cielo, raccogliendo dati sulle loro posizioni e i loro movimenti per poi analizzarli, notando che i loro percorsi sembravano seguire un modello eliocentrico. Copernico era consapevole che l’impatto della sua tesi sulla cultura del suo tempo sarebbe stato grande. Ho esitato a lungo - affermò - sull'opportunità di portare alla luce il mio trattato, scritto per dimostrare il movimento della Terra, o se sarebbe meglio seguire l'esempio dei Pitagorici e di altri, che soleva trasmettere i misteri della loro filosofia semplicemente per la sua famiglia e i suoi amici, non per iscritto, ma per contatto personale, come attestato dalla lettera di Lisia a Ipparco. Molti in effetti la osteggiarono, alcuni cercarono di conciliarla con quella tolemaica, qualcuno cominciò a cercare prove per dimostrarla. Alla fine, come sappiamo, non fu più possibile ignorarla.
FEBBRAIO 2024 Una data importante per chi spera in un mondo nuovo Il 16 gennaio 2024 è una data da ricordare per tutti coloro che sperano in un mondo migliore. Dalle 10 alle 12,30, di questo martedì di gennaio, l’Ecospiritualità ha fatto il suo ingresso nella Sala del Refettorio della Biblioteca della Camera dei Deputati, cioè in un luogo istituzionale. La Camera è il luogo in cui vengono presentate le leggi che regolano la convivenza civile e il fatto che proprio qui si sia affrontato un tema che potrebbe cambiare sostanzialmente i modelli di riferimento per la cultura e la vita dei cittadini è un fatto grandioso. Il termine “ecospiritualità” è nato da un’idea di Giancarlo Barbadoro, dice Rosalba Nattero nella sua presentazione della giornata. Giancarlo Barbadoro, purtroppo mancato nel 2019, aveva coniato questo termine insieme a esponenti dei popoli nativi di tutto il pianeta, con cui collaborava all’ONU, nel Permanent Forum on Indigenous People, per dare un nome a un’esperienza antica e sempre attuale in grado di guarire questo nostro mondo malato, in cui imperversano l’ingiustizia, la conflittualità, lo sfruttamento, la violenza. E proprio con l’intento di promuovere questa esperienza armonica come base per la costruzione di un nuovo mondo è stata fondata la Ecospirituality Foundation. L’ecospiritualità si basa sull’esperienza della meditazione e, scriveva Giancarlo Barbadoro, è una way of life che vede la realizzazione di un’armonia interiore e contemporaneamente la capacità di trasmetterla attraverso la propria creatività. Un concetto che può consentire di rendere concreto il sogno di realizzare un mondo migliore, una Nuova Terra, in cui si possa vivere in armonia con se stessi e con tutte le forme di vita di Madre Terra secondo l’esperienza mistica ispirata dalla Natura. Un mondo di pace, libertà e gioia di vita che nasce dalla conoscenza mistica del Tutto (*).
L’ecospiritualità diventa una formula che fonde insieme tutti i grandi temi attuali dall’antispecismo all’ambientalismo, al veganismo, alle culture dei popoli naturali, tutti quei temi che portano a considerare l’essere umano come parte integrante di una realtà molteplice e viva anziché come il dominatore di un mondo che può depredare e distruggere a suo piacimento. L’occasione di parlare di ecospiritualità alla Camera è stata la richiesta, da parte della Ecospirituality Foundation, di istituire una giornata mondiale dell’ecospiritualità nel calendario delle giornate mondiali delle Nazioni Unite, come ricorrenza annuale. Quella del 16 gennaio era la seconda tappa di un percorso iniziato il 13 Maggio 2022 quando il progetto era stato presentato in Campidoglio e sostenuto da diversi parlamentari. Questa volta l’incontro, moderato da Rosalba Nattero, giornalista, scrittrice e presidente della Ecospirituality Foundation, è stato introdotto dall’on. Sergio Costa, vicepresidente della Camera e appoggiato dall’on. Carmen Di Lauro, dai Consiglieri Comunali di Roma Capitale Daniele Diaco e Linda Meleo. Numerosi e appassionati sono stati i contributi dei relatori in presenza e da remoto. Ognuno ha messo un tassello importante facendo emergere i molteplici aspetti dell’Ecospiritualità che si armonizzano in un unico insieme. Sergio Costa ha sottolineato come tutti i partecipanti siano i pionieri di un percorso di cambiamento di grande portata, Carmen Di Lauro ha ribadito l’importanza della sensibilizzazione su questi grandi temi e soprattutto per quanto riguarda la condizione degli animali, Daniele Diaco ha proposto di portare l’Ecospiritualità nelle scuole, Linda Meleo ha messo in risalto il lavoro per la salvaguardia degli ecosistemi, Massimo Wertmüller, attore, nel suo appassionato intervento ha ricordato che occuparci della natura, degli animali e del clima vuol dire occuparci della nostra casa e di noi stessi perché chi non rispetta la natura non rispetta se stesso. Da remoto arrivano gli interventi di Guido Dalla Casa, ingegnere e filosofo, che vede nell’Ecospiritualità l’applicazione concreta dell’ecologia profonda, di Massimo Centini, antropologo e scrittore, che con il suo libro Animali criminali ha affrontato il tema dei “deliri dell’antropocentrismo”, Enrico Moriconi, veterinario e per cinque anni garante del benessere animale per la Regione Piemonte, che ha parlato di bioetica animale, Susanna Penco biologa ricercatrice e cofondatrice di OSA (Oltre la Sperimentazione Animale) che ha riferito sui passi avanti della ricerca senza l’uso degli animali. Ancora in presenza gli interventi di Marco Pulieri, chef vegano, sull’importanza della scelta alimentare “cruelty free” e Roberto Garosci, vice presidente della Ecospirituality Foundation, sul libro I Popoli Naturali e l’Ecospiritualità scritto da Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero, con l’incoraggiamento dell’ONU, Alto Commissariato per i diritti umani e presente nei book shop dell’ONU di New York e Ginevra, un testo sulla natura le origini e le implicazioni storiche, filosofiche e pratiche dell’ecospiritualità (**). Durante l’incontro sono stati mostrati alcuni video sull’attività della Ecospirituality Foundation all’ONU e sull’azione in Africa dove piccoli semi sono germogliati in grandi iniziative come il rifugio per animali in Congo, gestito da Paterne Bushunju, che oltre ad accogliere e accudire con amore gli animali promuove un vero cambiamento di mentalità, in Benin dove Ange Hounkonnou promuove corsi e iniziative per il rispetto di tutti i figli di madre Terra, in Camerun dove con Brice Tjomb è stato possibile difendere la montagna sacra del popolo Bassa e la dignità della spiritualità dei nativi. Rosalba Nattero ha concluso l’incontro ricordando che il rispetto per gli animali significa rispettare non solo il loro diritto alla vita ma anche la spiritualità che anche loro, come noi, sviluppano. L’avventura continua. Per saperne di più: Il video del convegno: www.youtube.com/watch?v=1S9r0FI4uPk (*) Giancarlo Barbadoro - “Meditazione e Ecospiritualità: All’origine dello sciamanesimo. Le Hasba dell’Antico” - Edizioni Triskel (**)Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero I Popoli Naturali e l’Ecospiritualità - Edizioni Triskel Entrambi i testi sono reperibili presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition anche in formato e.book
Un personaggio dell’Acquario: Marija Gimbutas
È stata una rivelazione vedere che una cultura successiva è stata meno avanzata di una più antica. Marija Gimbutas, archeologa e linguista lituana naturalizzata statunitense, ha condotto un’appassionante ricerca sulle culture europee di epoca preistorica, svelando, a differenza di quanto afferma la cultura ufficiale, la presenza, in quelle epoche lontane, di una civiltà pacifica con una struttura sociale egualitaria, fortemente legata ai ritmi della natura e a Madre Terra, solo in seguito soppiantata dalla cultura patriarcale e aggressiva che ancora domina il nostro mondo. Le sue ricerche confermano quanto la Tradizione dell’antico druidismo ha tramandato e del resto Marija, durante la sua infanzia è vissuta a diretto contatto con una cultura preesistente alla cristianizzazione e che quindi trova le sue radici in quell’esperienza ancestrale che l’antico druidismo ha conservato e trasmesso. Marija Gimbutas nasce in Lituania il 23 gennaio 1921, sotto il Segno dell’Acquario che le regala la voglia di scoprire i significati profondi delle esperienze che vive e delle cose che ha intorno. I genitori sono entrambi medici ed entrambi appassionati difensori del patrimonio tradizionale lituano misconosciuto dalla cultura della Russia zarista. Per questo decideranno di educare Marija in una scuola privata da loro fondata nel rispetto delle tradizioni lituane, ancora strettamente connesse con i cicli naturali, con miti antichi e con poche influenze cristiane. Lei stessa dirà che alla sua nascita il cinquanta per cento della popolazione lituana era ancora pagana e che nella sua infanzia è stata in contatto con elementi che sembrerebbero arrivati intatti dalla preistoria. Ha solo quindici anni quando il padre muore e lei decide di portare avanti le sue ricerche sulla concezione della morte e sui riti funerari in un primo tempo e in seguito sui canti popolari e la tradizione orale dell’antica civiltà lituana. Poi le vicende storiche prendono il sopravvento: la Lituania viene invasa prima dai tedeschi e poi dai sovietici. Marija riesce comunque a laurearsi in archeologia, nel 1942 ma, dopo essersi unita alla resistenza ed alla lotta politica, finisce con fuggire all’estero prima in Austria, poi in Germania e infine negli Stati Uniti. Per la sua preparazione interdisciplinare in storia delle religioni, etnologia e linguistica viene scelta come ricercatrice alla Harvard University ma, in quanto donna, non viene pagata. Negli anni cinquanta una donna non ha nessuna possibilità di diventare professore ad Harvard.
Nel 1963 viene chiamata dall’Università di California dove terrà la cattedra di Archeologia europea fino al 1989, quando andrà in pensione. Dal ’63 all’89 sono per Marija anni di intensa attività: insegna, scrive e pubblica articoli e libri, dirige campagne di scavo nei siti neolitici balcanici e italiani. Racconta i risultati delle sue ricerche in diversi libri, alcuni dei quali le hanno dato fama a livello internazionale. The Goddesses and Gods of Old Europe, The Language of the Goddess e The Civilization of the Goddess, il suo ultimo libro che raccoglie tutte le sue teorie, sono le sue opere più note in cui porta avanti il suo approccio interdisciplinare allo studio delle antiche civiltà. Marija chiama archeomitologia il suo metodo di indagine, in cui fa convergere religioni comparate, mitologia, studio di documenti storici, linguistica e folklore. Grazie al suo metodo riesce a comprendere i tratti salienti della struttura simbolica dell’Antica Europa. Figura centrale di questa civiltà è quella di una grande Dea madre. I cicli della natura sono di riferimento e la partecipazione ad essi è sacra. Il tempo è ciclico in cui si alternano nascita, morte e rigenerazione. Dagli scavi emerge l’immagine di una civiltà pacifica per la scarsità di armi e l’abbondanza di opere artistiche, sostanzialmente egualitaria, perché dalle sepolture non emergono differenze di rango, dove la gente viveva in grandi agglomerati, lungo i corsi dei fiumi. Solo a partire dal quinto millennio a.C. comincia a farsi notare la presenza di un’altra cultura che un po’ alla volta prende piede fino a distruggere quella precedente. Questa nuova cultura è caratterizzata da nomadismo, sepolture importanti per i maschi di rango superiore, presenza di molte armi, uso dei cavalli. I risultati delle ricerche di Marija e le sue teorie dividono il mondo accademico. I più le rifiutano, alcuni le sostengono. Tra questi Josef Campbell le paragona addirittura alla stele di Rosetta, perché in grado di dare una chiave interpretativa che porta alla comprensione del nostro passato. Molto successo hanno nel mondo femminista perché nell’interpretazione di Marija viene posto l’accento sulla centralità della presenza femminile nella visione del sacro. Anche se non verrebbe da notare una preminenza del femminile ma piuttosto una visione simbolica in cui l’universo viene inteso come il corpo della dea madre: l’universo è vivo e generatore di vita. Marija muore a Los Angeles il 2 febbraio 1994.
GENNAIO 2024 Animali totemici e previsioni per il nuovo anno Un nuovo anno ha inizio e lo accogliamo con il nostro bagaglio di speranze, progetti e domande. Che cosa incontreremo lungo il sentiero tracciato dai dodici mesi? Belle sorprese, eventi che destabilizzeranno il nostro mondo, giornate dolci e tranquille, avventure fantastiche? Il futuro è sempre dietro l’angolo e gioca a nascondino mettendo in dubbio ogni nostra certezza. Per cominciare questo 2024, cercando di scoprire qualcosa su quel che ci aspetta abbiamo cercato aiuto nel mondo dell’antico sciamanesimo druidico che vedeva intrecciati e strettamente connessi il mondo pragmatico e quello magico, e che conduceva ogni ricerca tenendo conto della scienza e del mistero. In particolare ci siamo affidati a due testi, I Custodi della Porta di Rosalba Nattero e Il Tamburo dello Sciamano di Giancarlo Barbadoro, per affiancare alle previsioni per ogni Segno zodiacale un consiglio per meglio muoversi lungo il sentiero del tempo. Il primo dei due libri ci parla della possibilità di un rapporto particolare con gli animali che incontriamo durante la nostra vita, un rapporto di parità e amicizia, fuori dalle consuetudini che la cultura maggioritaria propone. E in fondo al libro un’appendice riporta un argomento davvero intrigante: gli Animali Totemici. Gli animali non umani vivono un rapporto profondo con Madre Terra. Vivono naturalmente il principio dell’ecospiritualità, un’armonia con la natura che lascia intuire un contatto con il mistero di cui Madre Terra è depositaria (*). E in virtù di questo legame possono essere un aiuto nella nostra vita. I Totem guida sono manifestazioni delle forze archetipali della natura che possono sostenere chi è alla ricerca del senso della propria vita.
E se il Totem può manifestarsi come una pianta, un animale, un oggetto qualsiasi come una pietra o una meteorite, una montagna particolare oppure, secondo la cosmologia druidica, equivalente a una creatura dell’Aldilà ravvisabile in uno spirito elevato come gli Ardra (**), noi qui ci limiteremo agli animali, al messaggio che ognuno di loro porta con sé, secondo le culture dei popoli naturali. Ne Il Tamburo dello Sciamano, l’autore fa una precisazione importante: questo discorso non ha niente a che fare con gli “animali guida” retaggio della cultura delle consorterie dei cacciatori primitivi che hanno dominato il periodo della fine delle grandi glaciazioni, che utilizzavano la figura animale per entrare in sintonia con le prede da cacciare e uccidere e neppure con le prassi rituali dove il cacciatore, prima di uccidere la preda, chiedeva scusa all’animale e lo ringraziava di essersi reso disponibile a farsi catturare per via del potere del suo Totem animale che lo aveva soggiogato. L’antica tradizione druidica infatti non ha nulla a che fare con queste pratiche sorte a posteriori e moralmente indegne per il loro rapporto in disaccordo con l’armonia manifestata dalla Natura(**). Purtroppo gli animali sono stati e sono schiavizzati e sfruttati in ogni modo possibile, ci piace vederli qui nella loro veste di esseri saggi, portatori di aiuto, nonostante tutto quello che hanno subito. Con l’augurio che quest’anno segni dei passi importanti per la loro liberazione e per il riconoscimento della dignità e del rispetto loro dovuti.
Capricorno: Quest’anno sarà per te il tempo di una vera e propria metamorfosi, stimolata da cambiamenti importanti, sia per quanto riguarda gli eventi che per quanto riguarda il tuo modo di vedere le cose. Il tuo animale totem sarà la Volpe compagna protettiva e preziosa per viaggiare verso stati di coscienza superiori. Acquario: Sarà un anno molto significativo per te. Entreranno in gioco trasformazioni profonde che alimenteranno la tua creatività. Il tuo animale totem sarà la Tartaruga, maestra nel lasciar fluire le cose senza opporre resistenza per trovare armonia con il tutto.
Pesci: Il tuo mondo è di solito quello della fantasia, del sogno, dell’intuizione, un mondo fluido in cui ti piace nuotare. Quest’anno però ti porterà in dono una nuova maturità e probabilmente anche una sponda solida su cui fermarti e costruire una base stabile. Il tuo animale totem sarà il Cane: lealtà e forza nascosta dentro la semplicità.
Ariete: Il 2024 ti regalerà intraprendenza e coraggio e ti farà scoprire sentieri ancora inesplorati. Il tuo animale totem sarà l’Aquila che aiuta a vincere le proprie paure e superare i proprio limiti.
Toro: Per te sono previsti grandi cambiamenti che richiedono duttilità per accogliere l’imprevisto e ritrovare l’armonia. Il tuo animale totem sarà il Cigno che annuncia il cambiamento e la conquista di uno stato percettivo di coscienza superiore.
Gemelli: Quest’anno potenzierà le tue doti intellettive ma spesso ti sentirai un po’ fragile in tutto ciò che è concreto e pragmatico. Il tuo animale totem sarà l’Airone che rappresenta stabilità ed equilibrio e contemporaneamente la ricerca di nuovi confini di esperienza senza mai perdersi.
Cancro: Le stelle ti regalano un periodo di tranquillità e leggerezza. Si allentano le pressioni che ti hanno fatto “correre” e puoi scoprire che si può vivere in sintonia con i ritmi della natura. Il tuo animale totem sarà il Cervo che simboleggia l’armonia e l’amore nell’insegnamento di Madre Terra. Leone: Per te si aprono strade nuove, che fino ad ora non avevi immaginato. Non sarà sempre tutto semplice ma è in atto un processo di guarigione delle vecchie ferite e un bel rinnovamento. Il tuo animale totem sarà la Lucertola che aiuta a imparare a “sognare” e a prevedere il futuro.
Vergine: Dopo un anno impegnativo come quello passato ora hai bisogno di ricostruire un nuovo equilibrio, lasciando andare la rigidità in cui a volte ti nascondi per difesa. Il tuo animale totem sarà il Delfino che insegna a “respirare la vita”, a viaggiare verso dimensioni sconosciute e a liberarsi da tutti i conflitti che costituiscono una zavorra alla tua evoluzione. Bilancia: Il 2024 promette grossi cambiamenti che riguardano soprattutto la tua vita quotidiana. Però questo processo non avrà solo un risvolto pratico ma piuttosto renderà pragmatico un cambiamento profondo. Il tuo animale totem sarà il Cinghiale che qualunque direzione prenderai ti porterà sempre al centro spirituale in modo che tu non possa perderti. Scorpione: Nuove prospettive ti porteranno a liberarti da suggestioni o paure del passato. I cambiamenti saranno su vari piani di esperienza e avranno risvolti concreti e molto interessanti. Il tuo animale totem sarà il Corvo che favorisce il contatto con la dimensione dell’ignoto ed è considerato una guida per affrontare ciò che si teme.
Sagittario: Il 2024 sarà per te un vero anno di rinascita, in tutti i campi della tua vita. Il tuo animale totem sarà il Canguro che ti insegna a osare, a non tentennare nel fare un balzo evolutivo che cambierà la tua vita.
(*) “I Custodi della Porta” di Rosalba Nattero, Triskel Edition, (**) “Il Tamburo dello Sciamano” di Giancarlo Barbadoro, Triskel Edition, sono entrambi reperibili presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition.com anche in formato e.book
Un personaggio del Capricorno: Giancarlo Barbadoro e l’amore per gli animali
Considerando che gli animali non sono oggetto di attenzione da parte delle grandi religioni storiche in quanto esseri privi di diritti e status sociali, e quindi non sono considerati individui da convertire, possiamo ipotizzare che la loro eventuale spiritualità sia molto più libera e pura della nostra, poiché non ipotecata dai dogmi religiosi e non vincolata a verità rivelate. Tratte da Tutti Figli di Madre Terra, libro scritto a quattro mani con Rosalba Nattero, queste poche parole si rivelano già di per sé rivoluzionarie. Secondo Giancarlo Barbadoro infatti gli animali non sono solo esseri che provano gioia e dolore, quindi non meritano trattamenti che li facciano soffrire, ma possono essere a tutti gli effetti anche loro dei filosofi, dei ricercatori che si interrogano sul senso della vita. L’amore di Giancarlo per gli animali era profondo. Ne comprendeva la sofferenza, lo smarrimento, l’affetto, la curiosità. Coltivava la loro amicizia e li difendeva come suoi pari. Se si vuole realmente comunicare con gli animali, - diceva - occorre uscire dai nostri schemi mentali per rapportarsi a loro con la mente pura e aperta. Occorre uscire dai luoghi comuni che li ruolizzano per cercare di intuire la loro vera identità. Gli animali sono individui a tutti gli effetti, ognuno con un suo personale modo di essere e di intendere la vita, diversi da noi umani per forma e per mentalità ma come noi di fronte al grande Mistero che la vita rappresenta. Per certi versi degli alieni che vivono su questo pianeta, come lui stesso diceva, non sempre facili da capire a causa dei filtri che la mente umana e soprattutto la cultura imperante, pone continuamente, impedendo un incontro che invece può essere possibile e arricchente.
Dare rispetto e dignità a coloro che spesso vengono definiti i senza voce significa riconoscere questo diritto a tutti, anche i più umili e i più dimenticati, quindi lottare per gli animali significa lottare anche per noi stessi, non per la nostra presunta superiorità ma per quello che siamo davvero, figli di Madre Terra, porzioni di una realtà misteriosa che vive e si evolve secondo il suo destino di infinito. Giancarlo ha espresso il suo amore per questi esseri schiavi della stupidità di questo mondo in molte delle sue poesie. Ha descritto la pena di queste creature messe a nascere e a morire nel mattatoio planetario, senza capire, senza avere idea del mondo che li usa come carne ai ferri. Ha parlato della rassegnazione del bue che tira l’aratro, della pena delle madri che si vedono strappare i loro figli innocenti condannati a morte, del dolore vissuto andando verso il mattatoio, ammassati su camion che viaggiano nella notte, ma anche della curiosità del vecchio rospo che si avventura fuori dalla sicurezza del suo fosso attirato dalla luce di una lampada, o della tenerezza di un’amicizia profonda e senza parole tra diversi affacciati insieme sull’abisso delle stelle. E qui vogliamo ricordare Giancarlo, nel suo mese di nascita, riportando una delle sue poesie che è anche una visione su un mondo possibile, pieno di semplicità, speranza e libertà dove vivere l’avventura della nostra vita, dentro lo stesso Mistero. Una visione che Giancarlo ci ha regalato e che può essere anche l’augurio per questo anno che inizia. FRATELLI PER SEMPRE Cammino. Cammino senza meta. Seguo il fiume. Per scoprire dove finisce. Saluto l’aquila che sopra di me mi segue curiosa volando in alto. In alto ci sono le stelle. La mia casa. Ho solo con me la mia bisaccia e i miei sogni. Non ho bisogno d’altro. I miei passi sfiorano l’erba. Sono libero. Amato dal Sole. Guidato dalla Luna. Il miei passi battono il ritmo del cuore. Il ritmo i Madre Terra. Cammino e danzo. Mi viene incontro a volpe dal bosco. La segue il cervo. Un corvo si posa sulla mia spalla… Insieme andiamo verso la fine del fiume. Liberi per sempre. Nello stesso Mistero. Fratelli per sempre.
Le citazioni sono tratte da: Tutti figli di Madre Terra di G.Barbadoro e R.Nattero e Oltre la Soglia di G. Barbadoro. Entrambi i libri sono editi dalla Triskel Edition e si possono trovare alla Grotta di Merlino in piazza Statuto 15 a Torino oppure, anche in formato e.book, al sito www.triskeledition.com
DICEMBRE 2023 Chi è sceso dalle stelle? Dicembre mese di attesa delle feste d’inverno. Dicembre mese delle luci colorate, degli addobbi scintillanti, dell’abete decorato con fiocchi e palline, della cometa che brilla tra le stelle della notte. Arriverà il Natale, la nascita di Gesù bambino per alcuni, il passaggio di Babbo Natale per molti, e sotto l’abete ci saranno regali per tutti, perché a Natale siamo tutti buoni. Per quanto non manchino le critiche sul consumismo legato a questa festa, sul dover ad ogni costo comprare regali inutili per non sentirsi da meno o sul triste sentirsi più buoni riuniti intorno ad una tavola imbandita dove vengono allegramente mangiati cadaveri di esseri innocenti sapientemente cucinati, c’è qualcosa in questa notte magica capace di far sognare non soltanto i bambini. Forse è solo il ricordo di quello che si è vissuto da piccoli, quando la razionalità non ha aveva ancora messo ogni cosa in ordine nei cassetti dell’armadio dell’ovvio o forse è un ricordo più lontano che non sappiamo nemmeno come possiamo avere. Certo è davvero strano che culture diverse e distanti fra loro registrino questa data come importante e la considerino addirittura il compleanno dei loro dei o eroi più importanti. Sì perché il 25 dicembre non nasce solo Gesù bambino ma anche Horus, il dio egizio del Sole, gli dei greci Hermes, protettore dei viaggi e dei viandanti, e Dioniso dio della linfa vitale, Mitra il Sol Invictus, Zarathustra, profeta iranico inviato da Aura Mazda perché guidasse gli uomini e li salvasse dalla malvagità che avvolgeva il mondo, e altri. Gesù addirittura in un primo tempo aveva un’altra data di nascita, che corrispondeva all’attuale epifania, e che venne sostituita con quella attuale con un’operazione simile a quella con cui venivano “cristianizzati” i luoghi sacri più antichi. Sui templi venivano costruite chiese, sulle pietre e sulle montagne venivano posizionate croci e alle feste tradizionali veniva cambiato il nome e fatte coincidere con festività cristiane. Ma cosa può essere avvenuto nel lontano passato, in questo periodo dell’anno? Quale evento può essere stato così significativo da essere ricordato nel tempo, senza perdere il suo significato profondo, nonostante i rimaneggiamenti delle culture che si sono succedute? L’antico sciamanesimo druidico collega quello che noi ora chiamiamo Natale alla discesa del Graal. Le sue leggende più arcaiche ricordano dell’arrivo sul nostro pianeta di genti che venivano dalle stelle e che portarono ai nostri lontani antenati un dono di conoscenza che diede un impulso civilizzatore e accelerò l’evoluzione. È una chiave di lettura abbastanza sconvolgente, però tenendola presente, molte coincidenze apparentemente strane trovano una spiegazione. Questi stranieri che scesero dalle stelle potevano certo essere visti come divinità dagli abitanti della Terra, visto che erano in possesso di carri capaci di volare, probabilmente di altre tecnologie sconosciute e soprattutto di conoscenze spirituali che vollero donare ai nostri antenati. La discesa del Graal, simbolo di conoscenza e ricchezza interiore, la discesa di Fetonte con il suo carro luminoso come il sole, il dono all’umanità della ruota d’oro, diventano tasselli di un mosaico che parla di uno stesso grandioso evento, quasi uno squarcio che si è aperto nel mondo dell’ordinario da cui, verrebbe da dire, è arrivato l’impossibile: l’incredibile è atterrato nel mondo conosciuto. Giancarlo Barbadoro, che ci ha lasciato un immenso patrimonio di cultura e di esperienza viva, ereditato dall’antico sciamanesimo druidico, scrisse una poesia a ricordo di questo evento, una poesia che pubblichiamo qui con i nostri auguri di pace e armonia per tutti i nostri lettori e per questo mondo devastato da guerre e sopraffazioni. Questa poesia è un dono di Giancarlo che ci ricorda che siamo eredi di un passato incredibile:
Hnahtu Sulla pianura sorgeva dopo il tramonto un altro pallido sole. Illuminava il suo primo giorno dei lunghi anni a venire. Il germe dell’uomo si accucciò spaventato aggrappandosi alla terra. Il cuore delle montagne si scosse… gli alberi presero a piegarsi sotto le invisibili dita del vento. Le acque si sollevarono dalle loro arcaiche radici, la terra sussurrò gemendo ferita… Nel cielo una cometa fuggitiva scendeva a tracciare il destino dell’uomo Per approfondire: http://www.shan-newspaper.com/web/leggende-e-tradizioni/1267-natale-nel-segno-del-graal.html La poesia Hnahtu è tratta dal libro Al di là della Soglia di Giancarlo Barbadoro – Triskel Edition che potete trovare alla Grotta di Merlino in piazza Statuto 15 a Torino o, in formato e-book sul sito www.triskeledition.icom
Un personaggio del Sagittario: Daniel Pennac
Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione. Daniel Pennac è uno scrittore francese contemporaneo, autore, tra l’altro, di libri per ragazzi e di una serie gialla di grande successo, nota come la Saga di Malaussène. Il suo vero nome è Daniel Pennacchioni ed è nato a Casablanca il primo dicembre 1944, quando il Marocco era ancora territorio francese. Trascorre la sua infanzia in giro per il mondo, in Africa e in Asia perché la famiglia segue gli spostamenti del padre dovuti agli incarichi che riceve, in quando militare di carriera. La sua istruzione è piuttosto irregolare, un po’ per i continui trasferimenti e un po’ a causa della sua dislessia che lo mette in difficoltà, ma nonostante questo riesce a conseguire la laurea in Lettere a Nizza nel 1968 e due anni dopo comincia a fare l’insegnante e contemporaneamente lo scrittore. Il suo primo libro è un saggio contro l’esercito dal titolo Servizio militare a servizio di chi?, ed è in questa occasione che sceglie lo pseudonimo di Pennac, per non coinvolgere i padre nella sua critica all’esercito. In seguito scrive, con Eliad Tudor, due romanzi di fantascienza, che non hanno molto successo e dei racconti per ragazzi. Il successo arriva invece con Il paradiso degli orchi, primo libro della famosa saga di Malaussène, scritto per scommessa, pubblicato nel 1985 e apprezzatissimo dal pubblico. La storia ha trama gialla ma lo stile della narrazione, il carattere dei personaggi, le considerazioni e gli eventi fanno uscire questo libro dalla categoria del giallo classico e sicuramente ne hanno determinato il grande successo. Protagonisti sono Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio, e della sua stramba famiglia che vive nel quartiere parigino di Belleville. La vivacità e tenerezza delle sue storie e della sua scrittura rappresentano bene l’animo dei nati sotto il segno del Sagittario. il suo stile è perfetto anche per i libri dedicati ai bambini, tra cui L’occhio del lupo, che racconta di un dialogo senza parole tra un lupo in gabbia nello zoo ed un ragazzino che si ferma a guardarlo negli occhi, anzi nel suo unico occhio. Tra i due si istaura un legame profondo che permette il reciproco raccontarsi. Nel 2007 pubblica il romanzo autobiografico Diario di scuola, in cui, basandosi sulla sua esperienza diretta, parla delle difficoltà che si posso incontrare a scuola e della possibilità, per un allievo poco brillante nelle prestazioni scolastiche, di diventare a sua volta insegnante nonché scrittore. Ottimismo, curiosità, anche questi tratti salienti del Sagittario.
La curiosità è un buon rimedio contro la paura. Siate curiosi, più di ogni altra cosa siate curiosi.
OTTOBRE-NOVEMBRE 2023 Viaggi nello spazio e nel tempo Tornati dall'Irlanda, ancora un po' sbiellati perché ogni viaggio, secondo come lo affronti, diventa un viaggio dimensionale, un viaggio nel passato e anche nel futuro, come se le dimensioni spazio-temporali non esistessero più. E ogni volta ho difficoltà a inserirmi nella realtà quotidiana, fatta di problemi, di cose da fare, di impegni da affrontare. Vorrei stare ancora un po' in quell'atmosfera che ho respirato in Irlanda, in un passato che dava rispetto alla Natura e a tutti gli esseri viventi, ma so che non è possibile. La natura, per il mondo maggioritario, è una cosa molto slegata da noi, quasi un fenomeno alieno da depredare e da abbattere, così come la fauna selvatica, usata, abusata e abbattuta. Sono considerazioni di Rosalba Nattero, al ritorno dal suo viaggio in Irlanda, che stimolano a riflettere sulla dimensione del viaggio, nella sua accezione più ampia. Perché viaggio è visitare luoghi più o meno lontani ma anche entrare in contatto con altre culture, altri modi di essere e pensare, e quindi anche altri tempi, perché le culture hanno radici nel passato da cui traggono linfa per le speranze del futuro. Il viaggio in Irlanda di cui parla Rosalba ha tutte queste valenze: la musica nei pub di Dublino, il verde brillante dei prati, il cielo con le nuvole che corrono, i megaliti che uniscono la terra al cielo e il presente ai mondi antichi quando il rapporto con la nostra Madre Terra era, a differenza di ora, il comune sentire della maggioranza dei popoli, non ancora violentati dalla cultura del profitto, dello sfruttamento, della discriminazione, che coinvolge tutti: umani, animali, piante, luoghi. Le sue parole sono state d’ispirazione per chiederci se ci sono modi diversi per intendere il viaggio e, visto che il viaggio è una metafora della vita, se ogni Segno della Zodiaco ha qualche riflessione in merito che possa essere di stimolo per noi. In fondo anche lo Zodiaco è un viaggio che ci porta ogni anno a rinascere per poi morire e rinascere ancora, per acquisire nuove esperienze. Abbiamo scelto una frase di un autore per ogni Segno e abbiamo provato a commentarla secondo il nostro sentire. Bilancia Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda Scrive Italo Calvino (nato il 15 ottobre 1923). Se è vero che la Bilancia è particolarmente sensibile alla bellezza, in questo caso l’autore riesce a guardare oltre l’apparenza: strade, palazzi e monumenti si rivelano come un diorama, proiezione del mondo interiore, che il viaggiatore percorre nella sua ricerca del senso della vita.
Scorpione I veri compagni sono gli alberi, i fili d'erba, i raggi del sole, le nubi che corrono nel cielo al crepuscolo o al mattino, il mare, le montagne. Da tutto ciò sgorga la vera vita, la grande vita e non si prova mai solitudine quando la si sa vedere e ascoltare afferma Alexandra David Neel (nata il 24 ottobre 1868) scrittrice ed esploratrice francese, prima donna occidentale ad arrivare a Lhasa. C’è nel suo viaggio l’intuizione di un contatto profondo con la Natura, custode di segreti che rivela a chi sa ascoltare.
Sagittario Mi sentivo come ubriaca di spazi e di colori. racconta Dervla Murphy (nata il 28 novembre 1931), la viaggiatrice irlandese, che ha girato il mondo da sola, a piedi e in bicicletta. Il Sagittario ama il movimento e nel muoversi prova un inebriante senso di libertà. In fondo la vita può essere così: una straordinaria avventura in questo mondo, luogo misterioso in cui siamo stati catapultati con la nascita. Capricorno La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose. dice Henry Miller (nato il 26 dicembre 1891) scrittore e reporter di viaggio statunitense. Il viaggio è un cambiamento continuo, come la vita del resto, in cui ogni giorno siamo diversi dal giorno precedente.
Acquario Si può viaggiare veramente solo se ci lascia andare e si prende quel che ogni posto può dare, senza tentare di trasformarlo in un modello fatto in proprio. Questa è la differenza tra viaggio e turismo secondo Freya Stark (nata il 31 gennaio 1893) scrittrice e viaggiatrice britannica che percorse i luoghi più remoti del Medio Oriente. C’è un grande senso di rispetto in queste parole, rispetto per luoghi e persone che si incontrano, che possiamo guardare con genuino interesse, senza costringerli dentro i limiti delle idee preconcette, idee vecchie, dettate dalle abitudini.
Pesci In viaggio la cosa migliore è perdersi. Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia scrive Nicolas Bouvier (nato il 6 marzo 1929) scrittore, fotografo e viaggiatore ginevrino. Per i Pesci l’esistenza è un immenso mare e per loro è bello fondersi e perdersi in questa dimensione. Nelle considerazioni di Bouvier c’è un’accettazione profonda della dimensione del viaggio ma non necessariamente passiva perché è proprio dall’accoglienza che comincia il dialogo. Ariete In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando è la riflessione di Andrej Tarkowsky (nato il 4 aprile 1932) regista russo. Che dire? Non è forse così anche la vita? Un viaggio alla ricerca di noi stessi, di chi siamo davvero, al di là delle apparenze e dei ruoli che ci vengono assegnati o imposti o che finiamo noi stessi col darci.
Toro Voglio fare il giro del mondo in ottanta giorni o meno. Penso di poter battere il record di Phileas Fogg promette Nelly Bly prima giornalista investigativa americana e prima donna a compiere il giro del mondo, nel tempo record di 72 giorni. A volte il viaggio può essere una sfida con gli altri per provarsi e dimostrare il proprio valore. O per trovarsi guardando l’avversario come l’immagine di se stessi allo specchio. Gemelli Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove ritiene Marguerite Yourcenar (nata l’8 giugno 1903) scrittrice e poetessa francese. Certo per i Gemelli questo bisogno è particolarmente sentito ma sicuramente è di molti il desiderio, almeno ogni tanto, di uscire dal proprio mondo consueto per vivere altri luoghi, altri incontri, altre sensazioni. E spesso, chi non lo fa fisicamente, viaggia con la fantasia.
Cancro Il viaggiatore più veloce è colui che va a piedi sostiene provocatoriamente Henry David Thoreau (nato il 12 luglio 1817) scrittore e filosofo statunitense, autore tra l’altro di un libro intitolato Camminare. Per lui camminare non è però soltanto muovere le gambe ma farlo pieni di spirito di avventura, come se partissimo per un viaggio senza ritorno. Per dare corpo a questo suo sentire, tra il luglio del 1845 e il settembre del 1847 Thoreau visse da solo nella campagna del Massachusetts e raccontò la sua esperienza in Walden, testo che sarà fondamentale per i futuri movimenti ecologisti e ambientalisti. Per Thoreau la Natura è un amico saggio, sereno, immortale e infinitamente stimolante. Leone Jeanne Baret Non abbiamo trovato una frase significativa sul viaggio scritta da Janne Baret ma la sua stessa storia si presta ad una riflessione sul viaggiare. Baret (nata il 27 luglio 1740 ) esploratrice e botanica, è la prima donna ad aver circumnavigato il mondo. Nel 1766, quando alle donne non era permesso imbarcarsi, si travestì da uomo e salì a bordo dell’Etoile, la nave che portava il barone Louis Antoine de Bougainville a fare il giro del mondo. Baret viaggiava come valletto del botanico e medico Philibert Commerson, suo amante. Per lui trasportava provviste, armi, documenti e attrezzature, oltre ad aiutarlo a stendere appunti e considerazioni sulle sue ricerche botaniche. Baret viaggiò per amore, viaggiò con coraggio, viaggiò sfidando le convenzioni del tempo.
Vergine Sono innamorato di città che non ho mai visitato e di persone che non ho mai incontrato Confessa John Green (nato il 24 agosto 1977) scrittore, youtuber e critico letterario statunitense. Green ci parla di fantasia e curiosità, doti che non possono mancare a nessun viaggiatore. Viaggiare, come vivere, è la possibilità di scoprire sempre qualcosa di nuovo, fuori e dentro di noi, alla ricerca della natura segreta dell’esistenza e di noi stessi.
I personaggi del mese.
Per la Bilancia: Mary Kingsley
Il grande fiume ondeggia come un sentiero segnato in argento. Ai lati si innalza l’oscurità delle pareti di mangrovie e, sopra, la vegetazione abbraccia una striscia di stelle Sono le parole poetiche di Mary Kingsley, straordinaria viaggiatrice inglese dell’epoca vittoriana, etnografa e antropologa suo malgrado. Il suo lavoro scientifico, basato sull'osservazione partecipativa, porta Mary a vivere con la gente delle tribù che vuole conoscere e studiare, fino a difendere la dignità delle loro culture dalle imposizioni dei colonizzatori. Nata a Islington, Londra il 13 ottobre 1862, figlia di un medico appassionato di viaggi e di una cameriera, nonostante l’istruzione sia, in quel tempo, negata alle donne, la sua voglia di conoscere è così tanta che, senza scoraggiarsi, studia in casa, da autodidatta, sui libri del fratello. Appena adulta si trova confinata in casa per assistere i genitori malati, fino alla loro morte, quando si accorge improvvisamente di essere padrona del suo tempo, come un bambino che si trova tra le mani una moneta con cui non sa che cosa acquistare. Mary non ha ancora trent’anni e scopre la sua passione per i viaggi. Parte per l’Africa, ignorando le preoccupazioni di quelli che le fanno presente quanto sia strano e pericoloso per una donna viaggiare da sola nell’Africa Nera. Si imbarca a Liverpool su una nave mercantile diretta in Sierra Leone portando con sé la sua curiosità, quello che ha letto sugli scritti dell’esploratore Richard Francis Burton e dell’antropologo Edward Burnett Tylor e una borsa di stoffa impermeabile con lenzuola, stivali di cuoio, una rivoltella e un coltello, e inoltre del materiale fotografico, degli abiti di foggia vittoriana, due diari, uno personale e uno scientifico, e infine dei barattoli di formaldeide per gli eventuali reperti. Giunta a Freetown rimane stravolta dal caos della folla di uomini e animali nelle strade e nei mercati, dalla luce, dagli odori e dal rumore, ma niente la scoraggia e dopo un breve soggiorno a casa di un agente di commercio inglese parte per l’esplorazione della costa del Golfo di Guinea fino all’Angola. Viaggia da sola, con l'aiuto di guide del posto, con l’obiettivo di conoscere gli usi della popolazione, senza pretendere di essere considerata un’antropologa, ma sempre rispettosa delle tradizioni e delle ritualità dei nativi. È il primo dei suoi viaggi a cui ne seguiranno altri in cui aumenta il suo interesse per le culture africane e diminuisce il suo bagaglio: oltre alla sua attrezzatura scientifica, porterà con sé soltanto una bustina di tè, un pettine e uno spazzolino da denti. Viaggia nelle zone inesplorate tra il Congo e il Niger, in Sierra Leone e in Sudafrica. Al suo ritorno in Inghilterra attaccherà la visione eurocentrica dell'Africa, negando la superiorità dell'uomo bianco e difendendo la dignità della differenza culturale contrapposta all’acculturazione portata avanti dai missionari cristiani e dalle autorità coloniali. Muore di febbre tifoide nell'attuale Sud Africa all'età di trentotto anni. Ci piace ricordarla a bordo di una canoa su cui amava viaggiare lungo i fiumi della sua Africa: Quando le circostanze esterne sono ragionevoli, non esiste forma di navigazione più piacevole. Il movimento veloce e planante di una canoa ben bilanciata è più che un semplice comfort, è un piacere.
Per lo Scorpione: Robert Louis Stevenson Niente bagaglio, ecco il segreto dell’esistenza
Robert Louis Stevenson, scrittore e viaggiatore scozzese, è l’autore di libri famosissimi come L’isola del tesoro e Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hide. Il primo è un libro di avventure che ha fatto sognare generazioni di ragazzi e il secondo uno dei romanzi più letti di sempre, ispirato forse da un caso di cronaca avvenuto in Connecticut, e sicuramente da un sogno fatto dall’autore. Robert Louis Stevenson nasce il 13 novembre 1850 a Edimburgo, secondogenito di un ingegnere civile e di un'infermiera. La sua infanzia è caratterizzata da una salute cagionevole e da una grande fantasia. Lo appassionano i viaggi avventurosi e lo scrivere. E proprio i suoi problemi di salute, che lo costringono spesso a letto, lo portano a scoprire e poi a coltivare la passione per la scrittura. Scrive i suoi primi versi a sei anni e a sedici pubblica il suo primo libro. Se il padre vorrebbe continuare la tradizione di famiglia e fare di Louis un ingegnere costruttore di fari, Louis è poco attratto da questa prospettiva. Si iscrive alla facoltà di Ingegneria ma ben presto la lascia per passare a Giurisprudenza, dove consegue la laurea con poco entusiasmo. A lui piace scrivere e viaggiare. E, nonostante il suo fisico sia fragile, viaggia con passione, scrive dei suoi viaggi, migliora il suo stile imparando dagli altri scrittori. L’isola di Wight, le Ebridi, la Francia sono le sue mete. Proprio in Francia, con il cugino Bob fonda il club “Libertà, Giustizia e Riverenza” il cui motto era: “Disprezzare tutto ciò che i genitori insegnano”. Louis si muove tra le richieste della famiglia, che tiene sempre una stanza pronta per lui, sperando che “metta la testa a posto”, e la sua debordante fantasia e voglia di avventura. Non è indipendente economicamente perché i suoi scritti incontrano il favore della critica ma non gli danno di che vivere, quindi il legame con la famiglia non si interrompe mai. Quando entra a far parte del circolo artistico di Barbizon, vicino a Fontainebleu, sempre con il cugino, conosce Fanny Osbourne, l’amore della sua vita. Fanny è un’artista americana, ha lasciato il marito per venire in Francia, grazie alla vincita di un concorso. Ha due figli che ha portato con sé in Francia, e undici anni più di lui ma per due anni stanno insieme. Quando Fanny torna in America Louis è disperato. E parte. Parte per un viaggio alla ricerca di se stesso e di che cosa fare della sua vita. Con l’asina Modestine come unica compagna compie un percorso di 300 chilometri nelle Cévennes, che racconterà nel libro Viaggio nelle Cévennes in compagnia di un asino. Alla fine decide di raggiungere la sua amata in America e le chiede di sposarlo. Fanny acconsente, divorzia dal marito, sposa Louis e i due partono per la loro luna di miele poco convenzionale in una miniera abbandonata nella Napa Valley. E Louis racconterà quei due mesi vissuti insieme nel libro Gli accampati di Silverado. Torna dai genitori in Scozia, con la moglie e i due figli acquisiti e vive un periodo felice e creativo, scrivendo romanzi, saggi e novelle nonostante il suo fisico sia sempre più provato dalla malattia. Dopo la morte del padre parte con tutta la famiglia per una nuova avventura. Prima meta è l’America e poi i mari del Sud. Si fermerà a Samoa, in Polinesia, per scrivere e raccontare, tanto che i Samoani lo chiamano Tusitala, il raccontatore di storie. Resta a Samoa fino alla morte che avverrà il 3 dicembre 1894. E a Samoa, sulla cima del monte Vea, sarà sepolto, come lui stesso desiderava, davanti al mare.
SETTEMBRE 2023 Anche gli animali guardano le stelle Gwinny, figlia di Daisy e sorella di Schwarzy, Morgana e Mizar, era una gattina tricolore, ed era anche la creatura più discreta che io abbia mai conosciuto. … Gwinny se ne stava sempre sola, anche se la sua famiglia era numerosa. Stava ore a osservare il fiume, e soprattutto stava sempre con il naso in aria a guardare il cielo. Un giorno un membro della famiglia di umani che viveva con lei, accortosi di questa sua abitudine, le disse: “Gwinny, lo sai che su nel cielo ci sono tanti altri mondi come quello su cui siamo noi?” Lei lo guardò esterrefatta, poi guardò me interrogativamente. Io assentii, come a dirle: “Sì, è proprio così.” Guardò entrambi con una espressione meravigliata che non scorderò mai. Questo brano è tratto da I CUSTODI DELLA PORTA di Rosalba Nattero (*) e ben introduce l’argomento di questa puntata, il rapporto degli animali con il cielo stellato. Già, perché anche loro lo guardano, a volte per orientarsi, altre volte, probabilmente, rapiti dal mistero che racchiude, nella sua immensità. Tutti gli animali che migrano, percorrendo spesso distanze enormi, non usano solo un impulso naturale, come viene da pensare, con la superficialità di chi considera gli animali dei quasi automi il cui programma è appunto il cosiddetto istinto. Proprio come gli esseri umani prima dell’avvento della bussola, anche gli animali sanno utilizzare le stelle per orientarsi. Questa considerazione poteva essere abbastanza scontata, se non ci fosse il filtro del pregiudizio che vuole gli animali esseri inferiori, sono stati invece necessari degli studi scientifici per dimostrarlo. Il primo di questi è stato reso noto nel 2013: un pool di scienziati sudafricani e svedesi pubblicano sul Current Biology un lavoro in cui dimostrano che lo scarabeo stercorario (Scarabaeus satyrus) è in grado di orientarsi utilizzando la Via Lattea. Questo scarabeo deve il suo nome alla sua pratica di formare delle palline di sterco che utilizzerà come nido e riserva di cibo per i suoi piccoli. Una volta trovato il materiale adatto e costruita la sua pallina la porta al sicuro in un luogo che ha scelto e che ritrova proprio orientandosi con le stelle. Sale sulla pallina e osserva il cielo e poi si dirige verso il posto stabilito. Uno studio più recente dei ricercatori svedesi della Lund University, pubblicato nel 2018, rivela che sono molti gli animali astronomi. Coleotteri, tarme, uccelli migratori, rane, foche e altre specie si orientano con le stelle. Molti uccelli che migrano di notte – si legge nell’articolo How animals follow the stars di Foster, Smolka, Nilsson e Dacke (**) - si alzano in volo con il sole al tramonto, al quale calibrano la loro bussola magnetica e possono quindi utilizzare la loro bussola stellare per mantenere la rotta stabilita. Una strategia simile può essere adottata dai raccoglitori notturni che lasciano il nido al tramonto, come le api sudoripare, i ragni di terra e le formiche. Il sole che sorge e tramonta fornisce un affidabile asse est-ovest ovunque possa essere avvistato, così fanno anche le stelle vicine all’equatore celeste. Purtroppo spesso per dare “scientificità” alle ricerche, anziché limitarsi ad osservare il comportamento degli animali, con curiosità e rispetto per i loro costumi da cui spesso abbiamo da imparare, alcuni malcapitati finiscono col dover riprodurre i loro comportamenti in laboratorio, dove sono “studiati” in una situazione innaturale e falsata. Gli animali con la loro saggezza hanno molto da insegnarci e tentare la comunicazione con loro, come racconta il libro che abbiamo citato all’inizio, può riservare molte interessanti sorprese. Già il fatto che sappiano riferirsi al cielo per orientarsi dimostra quanto i nostri compagni di viaggio nell’avventura della vita siano tutt’altro che semi-automi guidati da un non precisato istinto, ma niente vieta di pensare che anche loro davanti all’immensità della volta celeste percepiscano il Mistero in cui tutti siamo immersi e si interroghino sul senso che può avere la vita. I CUSTODI DELLA PORTA: colloqui con il mondo segreto degli animali di Rosalba Nattero, Edizioni Triskel è reperibile alla Grotta di Merlino in piazza Statuto 15 a Torino o sul sito www.triskeledition.com.
"How animals follow the stars", di James J. Foster, Jochen Smolka, Dan-Eric Nilsson e Marie Dacke, 2018
Un personaggio della Vergine: Donald Watson
Possiamo vedere abbastanza chiaramente che la nostra attuale civiltà è costruita sullo sfruttamento degli animali, proprio come le civiltà passate sono state costruite sullo sfruttamento degli schiavi, e crediamo che il destino spirituale dell'uomo sia tale che col tempo vedrà con orrore l'idea che una volta gli uomini si nutrissero dei prodotti dei corpi degli animali. Donald Watson può essere considerato il padre del veganismo come oggi lo intendiamo, è stato lui a coniare il termine “vegan” e a creare la Vegan Society, staccandosi dalla Vegetarian Socety che non voleva riconoscere la sofferenza degli animali utilizzati per la produzione di latte e derivati. Nasce il 2 settembre 1910 a Mexborough nel South Yorkshire, da una famiglia che lui stesso definisce molto tradizionale nelle idee, nel comportamento e nell’educazione dei figli. Nato sotto il Segno della Vergine ne incarna il desiderio di lavorare per un futuro migliore, con semplicità, partendo dal quotidiano. Della sua infanzia racconta l’episodio più significativo, quando lui, bambino di città, viene portato in vacanza nella fattoria gestita dalla nonna e dallo zio e si trova improvvisamente a fare la conoscenza di tanti animali interessanti. “Davano” tutti qualcosa: il cavallo della fattoria tirava l’aratro, le mucche “davano” il latte, le galline “davano” le uova ed il gallo era utile come sveglia la mattina – a quel tempo non immaginavo che potesse avere anche un’altra funzione. La pecora “dava” la lana. Non capivo cosa potessero “dare” i maiali, ma erano creature così amichevoli, sempre felici di vedermi. Poi arrivò il giorno in cui uccisero uno dei maiali: ho ancora ricordi vividi dell’intero processo, incluse le urla ovviamente. Una cosa che mi procurò uno shock fu che mio zio George, di cui avevo un’alta opinione, era parte di quella squadra. Decisi che le fattorie – e gli zii – dovevano essere riconsiderate: l’ambiente idilliaco non era altro che un braccio della morte, dove i giorni di tutte le creature erano contati fino al momento in cui non sarebbero più stati utili agli esseri umani. Ho vissuto in famiglia per ventuno anni, e in tutto quel tempo non ho mai sentito una parola, da parte dei miei genitori, nonni, zii, zie, cugini, insegnanti e parroci che facesse riferimento, anche lontanamente, ai doveri che abbiamo nei confronti delle creature di Dio. Una volta adolescente, dato che andare a scuola non lo rendeva felice ma gli piaceva costruire cose con le mani, diventa apprendista falegname presso un altro zio. Ha quattordici anni e anche questa volta ha modo di constatare con quanta indifferenza gli animali vengano uccisi, com’è considerata normale la lunga fila di macellerie sulla strada del paese, dove gli animali vengono fatti a pezzi e venduti. E lì - racconta - ho avuto una visione della vita del villaggio che ha rafforzato tutte le mie precedenti convinzioni sul nostro rapporto con il resto della Creazione. Watson diventa vegetariano a quattordici anni e durante la Seconda Guerra Mondiale si dichiarerà obiettore di coscienza. Il nome “vegan” è coniato dai due fondatori prendendo le prime e le ultime lettere della parola “vegetarian”, l’inizio e la fine del vegetarianesimo. "Veganismo" - scrive - denota una filosofia e uno stile di vita che cerca di escludere – per quanto possibile e fattibile – tutte le forme di sfruttamento e di crudeltà nei confronti degli animali per l'alimentazione, l'abbigliamento o qualsiasi altro scopo; e, per estensione, promuove lo sviluppo e l'utilizzo di alternative non animali a beneficio degli esseri umani, degli animali e dell'ambiente. Pubblica le sue riflessioni nel primo numero di una rivista che esce con il titolo Vegan, trasformato poi, nei numeri successivi, in Vegan News. Durante la sua lunga vita si dedica sempre con passione alla causa animalista, mentre lavora come insegnante di falegnameria. Ritiene che per vivere a lungo sia buona cosa mettere in pratica un semplice principio insegnatogli dalla moglie gallese: quando tutti corrono, resta fermo. Ci lascia il 16 Novembre 2005 a 95 anni. Ci sarà una mattina – aveva detto qualche anno prima in un’intervista - in cui non mi sveglierò. Cosa succederà? Ci sarà un funerale, ci saranno lì un po’ di miei conoscenti e, come Shaw ha predetto per il suo funerale, ci saranno gli spiriti di tutti gli animali che non ho mai mangiato. In quel caso, sarà un grande funerale! Le citazioni sono tratte dall’intervista radiofonica di George D. Rodger a Donald Watson del 15 dicembre 2002, Pubblicata in pdf da: https://www.veganzetta.org/wp-content/uploads/2020/09/DW_Interview_2002_Unabridged_Transcript.pdf
AGOSTO 2023 Siamo polvere di stelle È vero, spesso l’astrologia viene usata in modo superstizioso, sperando in un pronostico di fortuna, che regali salute, amore e soldi, oppure come un divertente gioco di società per ridere dei difetti di che è nato sotto questo o quel Segno, però, riflettendoci, il principio su cui si basa è piuttosto interessante e tutt’altro che superficiale e forse è per questo che, nonostante tutte le critiche, continua ad interessare o affascinare tante persone, comprese quelle che non hanno voglia di ammetterlo. Parlare di Zodiaco e di stelle fa sentire un “profumo” di immensità, del misterioso legame con l’infinito di cui istintivamente ci sentiamo parte appena smettiamo di correre dietro le faccende del quotidiano. Ogni essere ha dentro di sé, magari confusa e difficile da identificare, la percezione di avere dentro un pezzo di cielo ed è proprio grazie ai miti, alle leggende, ai simboli antichi che questa percezione viene sollecitata, perché in questi elementi è racchiusa la memoria antica dell’umanità, la sua, la nostra, storia rubata dal potere della società maggioritaria e dalle grandi religioni storiche che hanno ridisegnato il mondo negando il passato. Non è un caso che l’astrologia, insieme a tutte le altre pratiche dell’antica religione, come il culto degli alberi e delle fonti sacre, all’inizio del 1586, fosse colpita dalla bolla Coeli et Terrae di papa Sisto V, che la declassava da scienza studiata nelle università a pratica demoniaca, perché osava indagare nel futuro la cui conoscenza è appannaggio di Dio. Non sono stati gli studi scientifici a condannare lo Zodiaco, ma una religione dogmatica, che non ammetteva interferenze in quel che considerava un suo campo di interesse e di dominio, stabilendo così quali sono gli ambiti in cui si può fare ricerca e quali no e minando in questo modo la libertà della scienza. Paradossalmente la scienza più avanzata comincia a riconoscere l’esistenza di legami invisibili tra particelle (entanglement), si chiede quale sia la reale natura del mondo in cui viviamo, s’interroga sulla sua origine e su cosa ci fosse prima dello spazio-tempo creato con il Big Bang e quale energia abbia creato quest’ultimo, ripercorrendo una strada che la conoscenza antica aveva già tracciato. Attualmente scienziati come Brian Greene, fisico teorico della Columbia University ritengono che l’universo sia un tutto intrinsecamente entangled, infatti se l’universo di circa 14 miliardi di anni fa era concentrato in un punto di densità pressoché infinita, si può postulare che tutte le particelle componenti l’universo fossero in quel momento entangled tra loro e che questo legame si sia mantenuto nel tempo fino ad oggi ad un livello per noi ancora sconosciuto. Quindi la separazione tra le cose che i nostri sensi ci mostrano potrebbe essere un’illusione se il mondo fosse percepito in altro modo o guardato da altri livelli di realtà. Sorprende come queste teorie collimino con quanto sostiene l’antico druidismo che ci parla di una energia primigenia, che collassando e esplodendo sotto il peso della sua imponenza aveva dato origine con il Suono primordiale, leggi il Big bang moderno, all’universo. Siamo quindi tutti stati originati da questa energia che, attraverso un prosieguo di circa quattordici miliardi di anni, ha dato corpo all’universo che conosciamo. Noi e l’ambiente che ci circonda. Siamo tutti l’apparenza distinta di una sola cosa. Uomini, piante e animali. Tutti dotati di un nostro modo di essere senzienti e percepire il senso dell’esistenza. Tutti affratellati dallo stesso principio di esistenza (*). Ci sarà anche della superstizione nel modo in cui l’astrologia viene proposta, anche perché una volta declassata a pratica ispirata dal demonio, ormai senza alcuna dignità, è finita nelle mani dei truffaldini che ne traevano guadagno sfruttando le paure degli ignoranti, ma il principio su cui si basa porta ad interessanti considerazioni. In fondo siamo polvere di stelle ed il nostro legame con gli astri del cielo è più profondo di quanto una valutazione superficiale possa suggerire. *da Meditazione e Ecospiritualità: All’origine dello sciamanesimo di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel. Il libro è reperibile alla Grotta di Merlino in piazza Statuto 15 a Torino o sul sito www.triskeledition.com. Giancarlo Barbadoro ha lasciato una documentazione di immenso valore sulla filosofia dei popoli naturali conosciuta e vissuta in prima persona grazie alla profonda amicizia e collaborazione con le famiglie celtiche del Nord Italia e d’Europa e con i nativi degli altri continenti, incontrati nei suoi viaggi, nei Working Groups e nei Forum degli Indigenous People all’ONU di Ginevra di New York.
Un personaggio del Leone: James Lovelock
La parola Gaia mi serve a indicare la mia ipotesi che la biosfera sia un’entità autoregolata, che stabilisca le condizioni materiali necessarie per la propria sopravvivenza e che la materia vivente non rimanga passiva di fronte a ciò che minaccia la sua esistenza. A volte, detto in parole povere, è stato difficile evitare di parlare di Gaia come se fosse notorio che essa è «sensibile». Ciò non è diverso dal sentimento dei naviganti di lingua inglese che parlano di «lei», femminile e non neutro, riferendosi alla nave su cui viaggiano, quale testimonianza che anche dei pezzi di legno e metallo progettati e montati con uno scopo specifico possono raggiungere un’identità composita con una caratteristica individuale, e che risulta perciò distinta dalla pura somma delle parti che la compongono.
James Lovelock è lo scienziato inglese, fisico, chimico e climatologo, noto soprattutto per aver formulato, nella seconda metà del secolo scorso, l’ipotesi Gaia, cioè l’ipotesi che il nostro pianeta non sia semplicemente un grosso sasso che ruota intorno al Sole portando a spasso la vita ma un essere vivente. James Lovelock nasce a Letchworth il 26 luglio 1919, sotto il Segno del Leone, da cui eredita il coraggio, il calore umano e il valore del ricordo che faranno di lui uno scienziato capace di formulare ipotesi e teorie non necessariamente in linea con il pensiero corrente, portandole avanti con grande coerenza e competenza, come nel caso appunto dell’ipotesi Gaia. Una grande influenza sul suo sentimento per le cose della natura, per sua stessa ammissione, l’avrà suo padre, eccellente giardiniere, che sentiva istintivamente la sua affinità con tutti gli esseri e le cose viventi. Di lui ricorda che salvava le vespe dopo che avevano commesso il grossolano errore di cadere nella botte, che spiegava come esse controllassero gli afidi del pruno e che perciò parte del raccolto era dovuto loro come ricompensa, e come si addolorasse nel vedere un albero tagliato. La formazione di Lovelock avviene prima a Mancester, dove consegue la laurea in chimica nel 1941, e poi a Londra dove si laurea in medicina nel 1949 e ottiene il dottorato di ricerca in biofisica nel 1959. È ricercatore al National Institute for Medical Research di Londra fino al 1961, quindi si trasferisce negli Stati Uniti dove ricopre la carica di professore di chimica presso il Bailor College of Medicine di Houston e contemporaneamente collabora con la Nasa, alle ricerche sulle possibilità di vita extraterrestre nel Jet propulsion laboratory di Pasadena e ai programmi spaziali che porteranno la sonda Viking su Marte. Il suo contributo più originale alla scienza è comunque, come dicevamo sopra, l’ipotesi Gaia. Il libro Gaia è del 1959. Nella prefazione scrive: Userò spesso la parola Gaia quale termine sintetico, come «emblema» dell’ipotesi stessa che propongo: cioè che la biosfera sia un’entità autoregolata, capace di mantenere vitale il nostro pianeta mediante il controllo dell’ambiente chimico e fisico. In pratica, spiega Lovelock, mentre convenzionalmente, secondo i geologi, la vita è soltanto un passeggero della navicella Terra, con il concetto di Gaia l’evoluzione della vita e l’evoluzione del pianeta sono considerati non come due processi differenti ma come uno solo che li comprende entrambi. Il pianeta ha un sistema attivo di regolazione e la regolazione della temperatura è dovuta alla vita. Ad aver avuto e ad avere tutt’oggi un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dell’intero sistema è il lavoro chimico svolto dai batteri: è sulla loro attività regolatrice che poggiano le basi di tutti gli ecosistemi. Lovelock riprende con linguaggio moderno un’idea antica presente nella Tradizione ancestrale dei popoli della Terra, che riconosce al pianeta la dignità di essere vivo custode di un segreto mistico. Lo stesso Lovelock riconosce che nella mente degli uomini dell’antichità la Terra è sempre stata la generatrice e la nutrice per eccellenza. È il concetto di Madre Terra dei Popoli naturali, è la Gaia dei greci il cui nome Lovelock utilizza per esporre la sua ipotesi. Nel mondo moderno - afferma Lovelock - l’accumularsi di conoscenze sull’ambiente naturale e lo sviluppo dell’ecologia hanno fatto sì che gli scienziati abbiano ipotizzato la possibilità che la biosfera possa essere qualche cosa di più di un insieme di esseri viventi all’interno dei loro habitat naturali, il suolo, il mare e l’aria. La fede antica e la moderna conoscenza si sono fuse emotivamente nell’ansioso stupore con cui gli astronauti, e noi di riflesso, abbiamo guardato alla Terra rivelata in tutta la sua splendente bellezza contro il buio profondo dello spazio. Nonostante questo comune sentire, l’idea di un pianeta vivente, non è stata considerata accettabile dalla scienza accreditata, e le ipotesi formulate in questo senso da alcuni scienziati, come semi che non sono potuti fiorire sono rimasti sepolti nel fondo delle riviste scientifiche. L’idea di un pianeta vivente implica che la Terra non appartenga agli esseri umani che possono così disporne a loro piacimento, ma al contrario siamo soltanto uno dei tanti organismi che interagiscono e dialogano fra loro e con l’ambiente di cui fanno parte. Oggi le teorie di Lovelock sono alla base delle riflessioni sull’ecologia e sul futuro del nostro pianeta. Lovelock è tra i primi a rilevare i rischi dello sfruttamento indiscriminato delle risorse e dell’inquinamento dovuto alle attività umane e le problematiche legate ai cambiamenti climatici. Nella sua ultima opera, Novacene, Lovelock affronta proprio il tema del destino futuro della Terra oltre a quello del rapporto tra umani e macchine intelligenti. Novacene è l’era successiva a quella attuale che viene definita Antropocene, cioè quella caratterizzata dal predominio dell’uomo e del suo rapporto disarmonico con il pianeta. Nel Novacene l’uomo si troverà a collaborare con le macchine intelligenti che lui stesso ha costruito. E forse le macchine sapranno capire meglio degli uomini l’importanza del legame con la Terra e con il suo stato di salute e forse proprio grazie a loro si aprirà un mondo nuovo e migliore. Lovelock ha continuato le sue ricerche fino ai suoi ultimi giorni. È morto il giorno del suo centotreesimo compleanno, il 26 luglio 2022 nella sua casa in Cornovaglia in seguito ad una brutta caduta avvenuta durante una passeggiata. Le citazioni sono tratte da Gaia di James Lovelock, Edizioni Bollati Boringhieri
LUGLIO 2023 E la quercia crescerà verso il cielo Una quercia, albero sacro per i Druidi, è stata piantumata nel giardino della Biblioteca comunale di Fiano Torinese e dedicata a Giancarlo Barbadoro con una cerimonia celebrata il 4 giugno scorso. Giancarlo Barbadoro può essere chiamato druido, anche se lui non si sarebbe mai presentato come tale perché, come i veri saggi, non si metteva mai su un piano diverso rispetto ai suoi interlocutori. Il suo bagaglio di conoscenza ed esperienza era davvero enorme ma lui lo condivideva dialogando alla pari con chiunque riconoscesse il comune destino di compagni di viaggio in questa misteriosa dimensione che è l’esistenza. Giancarlo è stato poeta, musicista, giornalista, filosofo e teorico dell’Ecospiritualità, quel particolare rapporto con la vita proprio dei popoli naturali che, non plagiati dalle religioni storiche, hanno mantenuto il legame con l’esperienza antica dell’umanità delle origini, con il tempo del mito e con tutta l’evoluzione che ne è conseguita. Il messaggio ecospirituale è molto semplice ma ha una portata immensa, è come un grande albero che nasce da un piccolo seme: se ogni essere cresce nel suo rapporto con il Mistero che Madre Terra rappresenta, al di là della bellezza dei suoi paesaggi incontaminati, raggiunge man mano un bien-être che può spartire con tutti quelli che condividono lo stesso percorso e creare situazioni e opere improntate a questa armonia. Proprio come un albero che ha tante radici che confluiscono in un unico tronco che sviluppa poi rami che si protendono verso il cielo. Con i capi di comunità native aveva fondato la Ecospirituality Foundation che lo aveva portato all’ONU come rappresentante di queste comunità che rivendicavano il riconoscimento della loro cultura e dei loro luoghi sacri. Le comunità native non si trovano solo in luoghi lontani. Madre Terra è anche qui. Con Fiano Torinese, il Comune in cui si è svolta la cerimonia, Giancarlo aveva un legame profondo. Proprio alla Biblioteca comunale aveva infatti presentato alcuni dei suoi libri, aveva tenuto serate dedicate alla poesia, alla musica, alla filosofia e incontri di meditazione che aveva condotto suonando con il suo flauto la musica del Vuoto, la Nah-sinnar, l’antichissima musica le cui note facilitano il rilassamento del corpo e della mente consentendo di affacciarsi ad una dimensione più vera, più felice e più creativa. Inoltre nella palestra della Scuola Media Rosselli aveva attivato sessioni di Kemò-vad, la meditazione in movimento dell’antico druidismo, il danzare simbolico nel vento che porta a riconoscersi vento nel vento dell’esistenza. Sempre nel territorio, aveva fondato l’Ecovillaggio di Dreamland, centro policulturale nato intorno al grande cerchio di pietre che aveva fatto erigere come testimonianza della presenza e vitalità dell’antica anima celtica. E in quest’ottica la cerimonia del 4 giugno, condotta da Rosalba Nattero, attuale Presidente della Ecospirituality Foundation, e voluta dal Sindaco Luca Casale e dall’Amministrazione comunale, rappresentata dall‘Assessore alla Cultura Andrea Nepote, acquista ancora più significato. Durante la cerimonia, aperta e chiusa dalle note della cornamusa suonata da Luca Colarelli, sono intervenuti Rosalba Nattero, Luca Casale, Antonello Micali, direttore del Risveglio, ed Enrico Moriconi del Centro Studi Giancarlo Barbadoro, per tracciare il profilo di Giancarlo, ricordare la sua grande umanità, le sue opere e il bagaglio immenso che ha lasciato in eredità perché sia portato avanti, perché diventi opportunità concreta di creare un mondo migliore. Giancarlo era un sognatore e ha catalizzato intorno a sé altri sognatori, prima fra tutti Rosalba Nattero, intenzionati a continuare la sua opera per un domani più giusto, più libero e felice per tutti, dove con “tutti” si intendono anche gli esseri di altre specie, gli ultimi fra gli ultimi, gli animali per i cui diritti si è sempre battuto. Dall’Africa, Paterne Huston Bushunju, che con l’aiuto di Giancarlo ha costruito il rifugio Sauvon nos animaux in Congo, ha mandato un suo messaggio, letto da Marco Petrillo e Maurizio Maggiore ha letto Eravamo tutti là, poesia di Giancarlo Barbadoro che ci ricorda la nostra origine comune e la nostra misteriosa condizione di viventi. La cerimonia è stata seguita da un pubblico attento e commosso. E mentre ai piedi della giovane quercia si parlava di lui sopra nel cielo passava con il suo bel volo libero un corvo, uccello particolarmente caro a Giancarlo, che lo considerava un messaggero e gli aveva anche dedicato delle poesie. Forse un saluto? Chissà…
Un personaggio del Cancro: Rob Gonsalves
Molte delle mie immagini sono un tentativo di dimostrare come alcune semplici esperienze di vita possano, grazie all’immaginazione, diventare straordinarie. Spesso trovo ispirazione nella natura, ma anche nell’architettura e mi piace sviluppare idee che mostrano le connessioni tra elementi e ambienti diversi
Rob Gonsalves è il pittore canadese che, ispirandosi ai lavori di Salvador Dalì, Yves Tangui, Renè Magritte e Maurits Cornelis Escher, ha saputo produrre immagini fantastiche e di grande impatto. È considerato uno dei maggiori rappresentanti del realismo magico, perché i suoi lavori, sempre accuratissimi, ritraggono situazioni della vita comune in cui però, quasi sotto gli occhi increduli dell’osservatore, irrompe il fantastico, lo straordinario. Nato a Toronto, in Canada, il 25 giugno 1959, figlio di immigrati Rom, fin da piccolo ha sviluppato una forte attrazione per il mondo della fantasia e per le possibilità di rappresentarlo. I suoi primi lavori possono essere definiti surrealisti, ispirati a Dalì e Tanguy pittori che studia appassionatamente, poi sono Magritte ed Escher a diventare il suo riferimento. Le sue conoscenze di architettura gli consentono la creazione di strutture e prospettive sorprendenti. Il primo libro, una monografia del 2003 contenente sedici opere, pubblicata negli Stati Uniti e nel Canada, esce con il titolo Imagine a Night. L’anno dopo è la volta di Imagine a Day, che vince il premio del Governatore Generale del Canada nella categoria Letteratura per l’Infanzia – Illustrazioni. Del 2008 è Imagine a Place. I quadri che Gonsalves crea hanno senz’altro un’atmosfera onirica, in accordo con il mondo segreto del Segno del Cancro, ma più che al sogno notturno sembrano riferirsi a quello diurno: la realtà consueta subisce un mutamento, una distorsione che rivela improvvisamente un suo lato inconsueto, assurdo, straordinario. Paesaggi e personaggi sono caratterizzati da un intenso realismo ma contemporaneamente sono surreali, magici. L’impossibile si insinua nella normalità del possibile e lo trasforma. Così le pagine di un libro possono davanti ai nostri occhi stupiti diventare ali e volare via verso l’orizzonte, una sequenza architettonica di archi diventare cielo e rivelare che le nuvole dello sfondo sono in realtà vascelli con le vele gonfie di vento, un castello di sabbia costruito da una bimba può popolarsi di personaggi lillipuziani intenti alle loro faccende. Gonzales è sempre accuratissimo nella realizzazione delle sue opere, che richiedono mesi di attento lavoro, con risultati che lasciano gli osservatori in preda ad una magia che provoca sui loro volti un involontario sorriso, come se richiamassero alla mente paesaggi immaginati nell’infanzia quando il confine tra reale e irreale era più sottile e le fiabe sembravano vere. Rob Gonzales muore il 14 giugno 2017.
GIUGNO 2023 Uomini, robot e dei È sufficiente guardare all’immensità del cielo stellato per trovarsi in una vertigine inspiegabile e fuori dall’esperienza ordinaria, che ci porta a relativizzare le sensazioni del nostro corpo, della nostra mente e delle nostre certezze quotidiane. In questo caso il nostro stato percettivo di coscienza sembra estendersi a qualcosa di immenso che trascende l’ordinario, ma che purtuttavia non è disgiunto da esso.
Tratte da Uomini, robot e dei, il nuovo libro di Giancarlo Barbadoro, queste poche righe rivelano l’approccio non semplicemente tecnico alla tematica dell’intelligenza artificiale e ai suoi interrogativi a cui è impossibile sfuggire in questo tempo in cui l’AI sta entrando sempre più nella nostra realtà quotidiana. Uomini, robot e dei è un libro postumo, appena uscito e presentato nell’ultima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino da Massimo Centini, docente di Antropologia culturale, e dalla giornalista Rosalba Nattero. Le sue pagine aprono una finestra su un futuro che sembra avvicinarsi a grandi passi, in cui uomini e macchine, come in molti scenari fantascientifici, saranno portati a relazioni che potrebbero uscire dal binomio soggetto-oggetto e diventare dialogo su un terreno paritetico. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma dato il progredire veloce delle tecniche di costruzione e programmazione, non si può escludere la possibilità che quei cervelli costruiti sul modello dei nostri riescano ad avere una prima percezione di sé e poi un abbozzo di consapevolezza che potrebbe a sua volta crescere riproducendo in cammino evolutivo percorso dalla specie che li ha costruiti. E allora? Saremo affratellati dallo stesso cielo stellato e dalla stessa vertigine o saremo nemici e, come ipotizzavano molti film di fantascienza, ci troveremo di fronte a pericolosi avversari, più grandi, più forti, più intelligenti di noi? Ma questo è solo uno dei sentieri che il libro ci fa percorrere. L’autore conduce il lettore per mano in una ricerca che diventa un confronto con il nostro futuro e con le infinite possibilità che l’argomento offre, ponendoci interrogativi che vanno oltre la percezione ordinaria dell’esistenza, recita la presentazione sulla copertina del libro stesso, e infatti la ricchezza dei dati raccolti sull’argomento, che spaziano dal mondo antico alle frontiere più avanzate della ricerca fanno scricchiolare l’idea di una storia lineare, dell’antropocentrismo promosso dalle religioni, del presunto controllo umano sulle macchine che costruisce per affrancarsi dalla fatica. Come sempre Giancarlo Barbadoro si dimostra in anticipo sui tempi, con una straordinaria capacità di leggere nel passato per trarne spunti di indagine e riflessione e per guardare con lucidità in un futuro che sembra avere già vissuto e che sa raccontarci con forza e poesia sempre nel rispetto dell’esperienza che ogni lettore vive e vivrà sulla sua pelle, con tutta la libertà che saprà esprimere. I libri di Barbadoro sono vere e proprie mappe per orientarsi nei diversi argomenti che tratta e, verrebbe da dire, per orientarsi nell’infinito, sempre presente in ogni sua opera. UOMINI, ROBOT E DEI di Giancarlo Barbadoro – Edizioni Triskel è reperibile presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino oppure, anche in formato e.book, su www.triskeledition.com
Un personaggio dei Gemelli: Jacques Cousteau
Il mare, una volta che ammalia, trattiene per sempre una persona nella sua rete di meraviglie Jacques Cousteau è stato oceanografo, esploratore, ricercatore, inventore, fotografo e documentarista, ma soprattutto un amante del mare e della vita che il mare accoglie e alimenta. Questo amore, nel tempo, si è esteso poi a tutta la Natura, al pianeta stesso che, secondo lui, ogni uomo dovrebbe proteggere. Non è l'uomo che deve battersi contro una natura ostile, diceva, ma è la natura indifesa che da generazioni è vittima dell'umanità. Nato l'11 giugno 1910, in Francia a Saint-André-de-Cubzac, figlio di un avvocato spesso in viaggio per lavoro, per Jacques Cousteau il viaggiare è una dimensione naturale. Nato sotto il Segno dei Gemelli ne eredita i tratti di una grande libertà interiore che lo porterà ad affrontare mille esperienze alla ricerca di una felicità che è fatta di conoscere e meravigliarsi. E questa libertà non è solo per se stessi: la qualità della vita umana richiede la libertà per gli animali come del resto richiede la libertà per l'uomo stesso. A vent’anni Cousteau entra nell’Accademia navale di Brest per diventare ufficiale della Marina militare già da queste prime esperienze nasce il suo amore per il mare. E il mare diventa suo compagno per tutto il suo percorso di vita. Al mare sono dedicate le sue invenzioni, le sue esplorazioni e le sue ricerche. Tra le invenzioni ricordiamo l’Aqua-lung (progettato con Emile Gagnan), l’erogatore per immersioni subacquee che diventerà strumento prezioso per tutti gli appassionati di questa pratica, l’occhiale subacqueo con cui inizia ad esplorare quello che lui stesso definirà il mondo del silenzio, cioè il mondo dei fondali marini e una delle prime macchine fotografiche subacquee la Calypso-Phot, poi brevettata dalla Nikon come Calypso-Nikkor e quindi Nikonos. Le sue esplorazioni cominciano nel dopoguerra alla ricerca dei relitti delle navi e delle mine da togliere dai porti francesi. Intanto nel 1950, nominato presidente delle Campagne oceanografiche francesi, riceve in affitto, dal milionario Thomas Guinnes, un dragamine per la cifra simbolica di un franco all’anno. Cousteau lo ristruttura completamente facendolo diventare una nave da ricerca che chiama Calypso, con cui comincia ad esplorare i mari. Dal Mediterraneo, al Mar Rosso, all'Oceano Indiano le esplorazioni saranno la base per il documentario, Il mondo del silenzio del 1956, con la regia di Louis Malle, che vincerà il primo premio al Festival di Cannes e lo renderà famoso. Il secondo grande successo sarà Mondo senza Sole mentre Cousteau rivolge sempre di più la sua attenzione al mondo della tecnologia dell'esplorazione subacquea. Tra le sue ricerche citiamo quelle progettate allo scopo di valutare la possibilità di vivere in ambiente sottomarino. Appartengono a questo filone gli esperimenti Precontinent, con la realizzazione delle prime immersioni in "saturazione", che consentivano all'uomo di vivere per lunghi periodi di tempo esposti ad alte pressioni. Citiamo l’esperimento della Diogene una sorta di campana subacquea situata nel Mediterraneo a dieci metri di profondità. Dotata di elettricità, telefono, televisione oltreché di acqua dolce e aria, in grado di accogliere alcuni acquanauti e di fare loro da base potersi spingere ad ulteriori profondità per esplorare. Un esperimento analogo verrà compiuto nelle acque del Mar Rosso, vicino a Port Sudan, dove a 10 metri di profondità viene installata una grande struttura a forma di stella marina, in grado di ospitare fino ad 8 acquanauti e a 25 metri viene calata una seconda struttura, a forma di campana, che verrà completata dagli acquanauti della prima. In quest’ultima due acquanauti resteranno per più di una settimana compiendo immersioni fino a 50 m di profondità. Da giovane, come lui stesso racconta c’è soprattutto il gusto della scoperta e dell’avventura a guidarlo ma con il passare del tempo si fa strada in lui un forte senso di responsabilità nei confronti degli oceani in primo luogo ma poi, come dicevamo prima, anche verso il pianeta in generale e verso le future generazioni che hanno diritto di vivere in un mondo non rovinato dalle attività umane. Per questo promuove sempre la conoscenza delle meraviglie degli oceani e dei mari allo scopo di salvaguardarli e già nel 1991 raccoglie firme per arrivare ad una petizione all’ONU in favore dei diritti delle generazioni future, sentendo la responsabilità di consegnare a quelli che verranno un pianeta non danneggiato in modo irreparabile dalle attività irresponsabili dell’uomo. Nel 1997 l’UNESCO dichiarerà ufficialmente la responsabilità delle generazioni attuali verso quelle future proprio sulla spinta dei nove milioni di firme raccolte da Cousteau. Jacques Cousteau muore a Parigi il 25 giugno 1997. Oggi abbiamo percorso il mondo in lungo e largo, ne abbiamo svelato e raccontato i segreti. Ora bisogna impegnarsi per conservare tutto questo. Ora si deve far sì che le immagini dei film, le storie dei libri non rimangano fine a se stesse. Bisogna lottare perché tutti abbiano diritto ad una vita felice in un pianeta ancora integro.
MAGGIO 2023 Nah-sinnar, la musica delle stelle La Nah-sinnar, la musica del Vuoto, appartiene al patrimonio dell’antico sciamanesimo druidico. Viene da un tempo remoto e fa parte dei doni ricevuti, secondo il mito, da esseri venuti dalle stelle. Ecco uno dei motivi per cui possiamo definirla “musica delle stelle”. La Nah-sinnar non è una musica come le altre, racchiude, nella sua struttura, informazioni sulla natura reale dell’universo ed è in grado di risvegliare, in chi l’ascolta, stati di coscienza via via più lucidi. La conosciamo grazie a Giancarlo Barbadoro che l’aveva appresa dai druidi della Bretagna e che la suonava, con le tastiere e con il flauto, regalandoci la possibilità di avere un prezioso aiuto per meditare. Nel suo libro “IL MIO FLAUTO la mia anima”, Giancarlo la descrive così: Questa musica è costruita su una logica particolare che racchiude la manifestazione archetipale della natura del Vuoto, ovvero della dimensione reale della nostra esistenza. Una sorta di ente simbolico realizzato su base musicale e costituito da uno schema matematico-fonico della realtà che è opera della conoscenza dell’antica tradizione druidica. Nella musica del Vuoto, al posto dell’intenzione dello sciamano, c’è l’apertura e l’attivazione dell’archetipo del Vuoto espresso in un fonema vibratorio che per una parte è d’ordine matematico e per il resto è pura esperienza. Chi l’ascolta è sollecitato all’evoluzione di tutto il suo essere già predisposto all’azione naturale dell’evoluzione presente in tutto il cosmo. Il corpo e la mente si rimodelleranno su archetipi armonici in grado di produrre salute e benessere. Sul piano esperienziale dello spirito si è sollecitati ad un risveglio interiore che può portare ad affacciarsi con relativa facilità sul mistero del Vuoto.(*) La Nah-sinnar è la musica delle stelle perché è la musica della Natura, dell’evoluzione e del Mistero che la Natura esprime. Che la Natura si esprima attraverso la musica è un’idea che dall’antichità più remota ha continuato ad esistere anche in epoche più recenti. Citiamo l’armonia delle sfere di Pitagora, secondo il quale l’universo è armonia e numero, e quindi Sole, Luna e pianeti, ruotando, producono suoni che nel loro insieme costituiscono l’armonia delle sfere. Gli orfici e Platone riprendono questa teoria indicando la connessione tra l’armonia delle sfere e l’ordine matematico dell’universo. Tolomeo vede la perfezione armonica descritta da Pitagora esprimersi nel cerchio dello Zodiaco. Nel medio evo l’ordine musicale dell’universo è ritenuto una prova dell’esistenza di un Creatore. E questa musica dei pianeti viene citata anche in epoca rinascimentale, attraverso gli scritti, ad esempio, di Pico della Mirandola o dello stesso Giordano Bruno. Anche Keplero e Newton vedono nel cosmo un’armonia di tipo musicale. Keplero nel suo Harmonices Mundi del 1619, parla delle analogie tra la musica e i fenomeni fisici, in particolare del legame tra le orbite dei pianeti e le armoniche musicali, riprendendo le teorie di Pitagora e dei filosofi medievali e afferma che il rapporto tra la velocità orbitale minima e massima dei pianeti, che si raggiungono all’afelio e al perielio (i punti più lontani e più vicini dal Sole), hanno rapporti paragonabili a quelli di una successione armonica. Newton, nella sua convinzione della presenza di un’armonia profonda e nascosta nella Natura, riprenderà le teorie di Pitagora. Del resto neppure la scienza attuale rinnega questo legame tra musica e stelle, pensiamo ad esempio all’esperimento della Nasa che ha creato una sorta di sinfonia traducendo in note le vibrazioni prodotte dalle veloci onde magnetiche della nube di polveri e gas della costellazione della Mosca. O il suono di un buco nero ottenuto traducendo in note le onde di pressione che fuoriescono dal buco nero stesso. Si direbbe che dentro di noi, indipendentemente dal tempo in cui viviamo, questo legame tra Natura e musica sia riconosciuto spontaneamente, faccia parte di noi. Ed è quindi naturale che la Nah-sinnar, questa antica musica delle stelle, sappia parlare al nostro io più segreto e condurci alla scoperta di un sentiero che ci conduce fuori dai rumori del quotidiano e delle sue mille faccende, un sentiero che si snoda nel silenzio alla scoperta della dimensione del Trascendente. L’antica musica parla al profondo Tacitando ossa e pensieri Per ricordargli il Mistero. Guida lo sciamano nel suo viaggio Mostrandogli il cammino che porta al centro del tutto.(**) … (*) da “IL MIO FLAUTO la mia anima” di Giancarlo Barbadoro – Edizioni Triskel (**) da “OLTRE LA SOGLIA” di Giancarlo Barbadoro – Edizioni Triskel I due libri sono reperibili presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino oppure anche in formato e.book su www.triskeledition.com A “La Grotta di Merlino” e al sito triskeledition.com si possono trovare anche i cd “THE GREEN PATH”, “SHAN THE MEDITATION” e “SHAMAN AND THE RIVER” per conoscere la Nah-sinnar. Libri e cd saranno presenti al Salone del Libro di Torino, da giovedì 18 a lunedì 22 maggio allo stand della Ecospirituality Foundation, Padiglione A - Stand B31
Un personaggio del Toro: Phillis Weatley Il mattino si sveglia, e spalanca i suoi raggi, Su ogni foglia suona il dolce zefiro Phillis Wheatley è una poetessa statunitense di origini africane, prima scrittrice afroamericana a veder pubblicata la sua opera. La sua storia ha dell’incredibile e racconta di una bambina rapita dalla sua terra per essere venduta come schiava che riuscirà, grazie alla magia delle parole e alla poesia che ha dentro. a pubblicare i suoi scritti nella Londra di fine settecento. Una storia che ha dell’incredibile dove si mescolano il dramma dell’ingiustizia, la bellezza della poesia, il razzismo, il riscatto, la miseria… Phillis Wheatley nasce l’8 maggio 1753, sotto il Segno del Toro, e a otto anni viene rapita con la sua famiglia, dalla sua casa nell’Africa occidentale (Gambia o Senegal) dal mercante di schiavi Timothy Finche portata in America, dove viene venduta come schiava. Phillis sopravvive alla traversata atlantica pur non essendo fisicamente molto robusta e, proprio a causa della sua fragilità, viene ritenuta inadatta al lavoro delle piantagioni, quindi mandata a Boston dove viene acquistata da Susannah e John Wheatley, che decidono di chiamarla Phillis come la nave di chi l’ha rapita. Ben presto i Wheatley si accorgono che la loro servetta ha doti speciali per quanto riguarda le lingue e la incoraggiano a sviluppare questa sua abilità. Impara velocemente oltre all’inglese anche il greco e il latino e raggiunge una tale dimestichezza con l’inglese da cominciare a scrivere poesie. Queste poesie sono così belle che i Wheatley, a volte, le concedono di lasciare da parte i lavori di casa per poter scrivere i suoi versi. Ma nessuno, in America, pubblica le poesie di una schiava nera. A vent’anni Phillis accompagna il figlio dei Wheatley in un viaggio d’affari a Londra e qui la storia di questa ragazza africana che scrive bellissime poesie fa scalpore, diventa famosa tanto da far incontrare Phillis perfino con il Lord Major e far sì che un editore, A. Bell Booksellers, nel settembre 1773 pubblichi Poems on Various Subjects, Religious and Moral, il primo libro inglese di un’afroamericana. Dopo la stampa del libro, Phillis viene formalmente liberata dalla schiavitù e continuerà a scrivere e pubblicare poesie. La sua vita però non è facile lo stesso. È vero che i consensi per i suoi scritti non mancano, è vero che scambia lettere con personaggi del calibro di George Washington e Thomas Paine ma la sua vita privata è dura. Si sposa con John Peters con il quale ha un bambino, ma John finisce in prigione per debiti e Phillis torna a fare la serva crescendo da sola il suo bambino malato. Morirà nel 1784 a soli trentun anni, poco prima del suo bambino con cui sarà sepolta. È ricordata con una statua a Boston e a Londra con una targa, un disco posizionato nel 2019 su un muro del quartiere londinese di Aldgate, voluto dal Nubian Jak Community Trust, un programma di targhe per la commemorazione dei contributi storici dei neri e delle minoranze etniche in Gran Bretagna e non solo. Una storia amara che porta a più di una riflessione. Prima di tutto come sia possibile considerare normale che degli esseri umani si arroghino il diritto di privarne altri dei loro diritti rendendoli schiavi e che questo, da una sedicente civiltà, sia considerato normale. E poi, Phillis sapeva esprimersi benissimo secondo le modalità della cultura accettata, sapeva esprimersi in quel linguaggio meglio di tanti che in quella cultura erano nati. Sapeva esprimere concetti che a quella cultura erano cari. Ad esempio scrive: È stata la misericordia a portarmi dalla mia terra pagana, Ha insegnato alla mia anima ottenebrata a capire Che c'è un Dio, che c'è anche un Salvatore: Una volta non cercavo né conoscevo la redenzione... Ma molti altri della sua gente forse avrebbero saputo esprimere altre cose, sconosciute alla cultura corrente. con altri linguaggi, cose che avrebbero potuto arricchire l’umanità e invece hanno potuto dare solo la loro sofferenza.
APRILE 2023 Tra scienza e mistero Chi decide che cosa è scienza e che cosa no? Chi decide quali sono i campi d’indagine nobili e quali non meritano interesse? Nonostante spesso religione e scienza siano messe in contrapposizione, la cultura maggioritaria propone una scienza fortemente influenzata dall’atteggiamento dogmatico proprio delle grandi religioni storiche, tracciando un confine preciso tra argomenti consentiti e argomenti dannati. Charles Fort aveva usato il termine “dannati” per definire i fatti strani che raccoglieva e catalogava, i fatti che escono dalla norma e aprono alla possibilità che il mondo in cui viviamo sia più complesso di quel che sembra. E dannati sono proprio gli argomenti che la scienza ufficiale rifiuta e relega nel calderone generico delle pseudoscienze, dove è finita, tra le altre reiette che osano affermare che forse è possibile sbirciare nel futuro, anche l’astrologia. Questo approccio dogmatico ai fenomeni, questa preoccupazione di restare nei binari consentiti, limita la libera ricerca e costringe chi è interessato a capire la dimensione in cui ci troviamo a vivere a ripetere ciò che gli accademici accreditati hanno certificato, quasi fossero i vicari della divinità in fatto di conoscenza. Ma la genuina curiosità, la voglia di imparare e confrontarsi non può accontentarsi di questa scienza bigotta, figlia del rasoio di Occam, il povero monaco che, per salvarsi la pelle, abbandonò le speculazioni troppo ardite e rientrò nei canoni consentiti dall’ortodossia dichiarando che entia non sunt multiplicanda. Con buona pace dei sapientoni viviamo in un mondo permeato dal mistero. Non sappiamo perché siamo nati e perché comunque vadano le cose moriremo, non sappiamo neppure dove siamo capitati e che cosa siamo. Che cos’è l’universo, questo strano insieme di materia e di vuoto? Chi siamo noi davvero al di là del nostro nome e del nostro piccolo bagaglio di memorie? Scoprirci ignoranti ma partecipi dell’incredibile avventura della vita ci porta naturalmente ad essere curiosi, a guardarci intorno e a indagare “tra scienza e mistero” osservando i fenomeni senza preconcetti che possano offuscarne i dati, riproducendoli quando necessario per scoprire le leggi ma anche considerando l’aspetto intimo della Natura in quanto depositaria di un Segreto cosmico, come ci ha insegnato Giancarlo Barbadoro. E proprio a Giancarlo è dedicato il Centro studi che porta il suo nome e che ha ripreso recentemente gli incontri nella sua sede di piazza Statuto 15 a Torino dopo la pausa dovuta alla pandemia. Ospiti illustri hanno parlato e parleranno di argomenti spesso invisibili proprio perché oltre l’orizzonte della scienza ufficiale. Una cultura libera da paletti ideologici, una cultura libera di uomini liberi ovvero “la cultura dell’ecospiritualità” come la definiva lo stesso Giancarlo Barbadoro. Nel primo incontro della stagione, l’antropologo e scrittore Massimo Centini ha parlato di Stregoneria e antica religione, sollecitando ad un’interessante lettura del fenomeno della stregoneria. Nel secondo appuntamento, Il mistero di Dante, Giancarlo Guerreri, giornalista, scrittore e autore di due testi che hanno come protagonista l’Alighieri, ha parlato dei risvolti esoterici della Divina Commedia e degli aspetti meno noti della vita del sommo poeta. Entrambi gli incontri sono stati presentati da Rosalba Nattero, direttore del Centro Studi. Il pubblico numeroso ha applaudito a lungo i relatori dopo aver manifestato con domande il vivo interesse per gli argomenti trattati. Ci aspettano altri incontri su temi diversi. Nel prossimo, Rosalba Nattero, giornalista, scrittrice e musicista, presentata da Mauro Petrillo, vicedirettore del Centro, ci parlerà di Rama città celtica e della sua leggenda trasformata in storia grazie alle ricerche di Giancarlo Barbadoro, a cui lei stessa ha partecipato attivamente. Antonello Micali, giornalista, collaboratore di Repubblica e direttore del Risveglio, presentato da Gianluca Roggero, ricercatore della Ecospiritality Foundation, presenterà un’interessante ipotesi con Il fenomeno UFO: sono già tra noi?. Se questi argomenti e soprattutto questo modo di fare cultura vi piace restate in attesa del prossimo programma. Per saperne di più sull’ecospiritualità: Ecospirituality Foundation - ECOSPIRITUALITÀ per un mondo nuovo – Edizioni Triskel Il libro è reperibile presso “La Grotta di Merlino” in piazza Statuto 15 a Torino o in formato e.book al sito www.triskeledition.com Centro Studi Giancarlo Barbadoro: www.centrostudibarbadoro.it
ANTICA RELIGIONE E STREGONERIA www.youtube.com/watch?v=s6CPC1vfA6o IL SEGRETO DI DANTE www.youtube.com/watch?v=s6CPC1vfA6o
Un personaggio dell'Ariete: Johann Sebastian Bach
Io suono le note come sono scritte, ma è Dio che fa la musica.
Così affermava Johann Sebastian Bach, considerato uno dei più grandi musicisti di sempre. La sua musica ha al suo interno modelli matematici e geometrici che portano ad una dimensione cosmica della musica stessa, la mettono in relazione con l’astronomia e il movimento degli astri, conferendole caratteristiche di universalità. Forse proprio per questo motivo venne scelta dalla NASA per essere inserita tra i brani dei Golden Records, i dischi inviati nello spazio sui Voyager nel 1977, destinati a qualsiasi forma di vita extraterrestre intelligente in grado di decifrarli, per rappresentare la vita e la cultura terrestre. In effetti, per quanto lui si considerasse più un artigiano che un artista (Lavoro incessante, analisi, riflessione, molta scrittura, infinita autocorrezione: questo è il mio segreto, affermava), le sue composizioni comunicano un senso di infinito, di rapporto con il mistero che anima l’universo. A questo proposito viene da citare Eine Feste Burg Ist Unser Gott, la composizione del 1711 dedicata proprio alla grandezza del mistero mistico che anima la Natura. Albert Einstein, protagonista della scorsa puntata di AstroMatta, a proposito della musica di Bach diceva: ascoltatela, suonatela, amatela, riveritela e tenete la bocca chiusa. Perché la musica di Bach è più da ascoltare che da commentare. Johann Sebastian Bach nasce il 21 marzo (o forse il 31 marzo a causa del divario tra il calendario gregoriano in uso a quei tempi e quello attualmente in vigore) 1685 a Eisenach, cittadina della Turingia, nel nord della Germania. È il settimo e ultimo figlio di una famiglia di noti musicisti, suo padre Johann Ambrosius è violinista di corte. Sebastian inizia a studiare musica fin da piccolissimo, in casa. Poi, rimasto orfano di entrambi i genitori, continua con il fratello maggiore Johann Christoph, che gli insegna a suonare il clavicembalo e soprattutto l'organo, che resterà il suo strumento preferito. Sebastian diventerà anche un esperto costruttore di organi e questo gli consentirà di ottenere l’incarico di strumentista e collaudatore dell’organo della chiesa di San Bonifacio ad Arnstadt, nel 1703. È in questo periodo che compone la celebre Toccata e fuga in re minore. Oltre all’organo e al clavicembalo sa suonare altri strumenti a corda e a tastiera e, verso la fine della sua vita, anche il pianoforte. Nel 1707 sposa la cugina Maria Barbara dalla quale avrà sette figli, due dei quali, Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel, diventeranno musicisti famosi. L’anno seguente il principe di Sassonia, Johann Ernst, lo invita a Weimar in un primo tempo come organista di corte e musico da camera promuovendolo in seguito direttore dei concerti. Nel 1717 viene invitato a Cöthen dal principe Leopold con il ruolo di maestro di cappella. Sono di questo periodo molte composizioni strumentali non legate al contesto prettamente religioso, come le sonate, le suites e i concerti, destinati ad allietare la vita di corte. Nel 1721 Bach, rimasto vedovo, sposa in seconde nozze la cantante Anna Magdalena Wilcke dalla quale avrà altri tredici figli, la maggior parte dei quali moriranno in tenera età. Quando si trasferisce a Lipsia, diventa Cantore della chiesa di S. Tommaso. E come tale comporrà musica per il servizio liturgico luterano. Questo è il periodo caratterizzato soprattutto dalla produzione di musica sacra. Ma che persona è Bach al di là del suo genio in campo musicale? Viene descritto come un uomo laborioso, energico e instancabile. Da buon Ariete ha un carattere forte e impetuoso. Ama la birra, il vino, il caffè e fuma la pipa. Quanto al suo aspetto fisico ci sono numerosi ritratti che ce lo mostrano, ma pare che gli unici attendibili siano quelli dipinti da Helias Gottlob Haussmann. Sebastian ha gravi problemi di vista, miope fin dalla nascita con gli anni diventerà cieco e per questo, poco prima di morire, non più in grado di scrivere, dovrà dettare lo spartito della sua ultima opera, L’Arte della fuga, che resterà comunque incompiuta. Muore il 28 luglio 1750. La sua musica rimane quasi dimenticata per un lungo periodo, saranno i romantici a riscoprirla nei primi anni dell’ottocento. Oggi è considerato un vero genio della musica. Il 21 marzo 2019 Google lo ha omaggiato con un doodle speciale. Chi vuole può utilizzarlo per comporre una musica che poi diventerà, ascoltabile nello stile di Bach grazie al sistema di intelligenza artificiale Coconet. https://www.google.com/doodles/celebrating-johann-sebastian-bach
MARZO 2023 Arrivederci, Orione Con la fine di marzo Orione, la costellazione regina del cielo invernale, se ne va dal cielo che noi possiamo vedere. La rivedremo in autunno a segnare il ritorno della stagione fredda. Questa grande costellazione, facile da individuare grazie alle tre luminose stelle in fila che costituiscono la sua cintura, rappresenta per tanti uno dei primi riferimenti per orientarsi nel manto scuro trapuntato di stelle che di notte ricopre la nostra terra. Forse per questo Orione ha ispirato, nel tempo e a popoli diversi, tante leggende. Una di queste racconta del gigante cacciatore che si vantava di essere imbattibile e per questo venne punito dagli dei che mandarono uno scorpione velenoso a pungerlo mortalmente. Per questo nel cielo notturno, Orione continua a fuggire dallo Scorpione, le due costellazioni sono situate dalla parte opposta del cielo, così, quando lo Scorpione sorge ad est, Orione si nasconde oltre l’orizzonte ad ovest. Un’altra leggenda lo vuole bellissimo amante di Artemide, ucciso da lei stessa per errore a causa di un tranello teso da Apollo troppo geloso della sorella. In effetti unendo con un tratto immaginario le stelle che compongono questa costellazione il risultato può suggerire l’immagine di un gigantesco arciere. Intanto vediamo di descrivere alcune caratteristiche delle sue stelle. Come dicevamo è facile individuare le tre che costituiscono la cosiddetta cintura: tre luci in fila, molto luminose, chiamate Mintaka, Alnilam e Alnitak. In realtà non sono propriamente tre stelle. Alnilam, quella al centro, leggermente più fioca perché più lontana, è davvero una stella molto grande e luminosa, più di 40 volte più grande del nostro Sole e più di trecentomila volte più lucente. Ma le altre due Mintaka, la più occidentale della cintura e la più luminosa della costellazione e Alnitak, la più orientale, sono sistemi di stelle multiple. Tra le altre stelle che disegnano il profilo di Orione troviamo inoltre le tre più luminose del cielo, Betelgeuse, Rigel e Bellatrix. Betelgeuse, “spalla del gigante” in arabo, è una gigante rossa, distante dalla Terra 300 anni luce, il cui diametro è 400 volte quello del Sole. Rigel, il piede di Orione, è 19 volte più grande del Sole e dista circa 650 anni luce, e Bellatrix ,“la guerriera”, è lontana 250 anni luce. Infine la brillantissima Sirio, situata proprio sotto Orione, viene identificata come il cane del gigante. Orione è visibile da entrambi gli emisferi, in quello settentrionale il suo arrivo preannuncia il giungere della stagione fredda, viceversa in quello meridionale annuncia la stagione secca. Così, mentre Virgilio, dal nostro emisfero, lo chiama saevus, nimbosus e aquosus Orion (selvaggio, nuvoloso e acquoso Orione), una leggenda della tribù Sherenté del Brasile, dall’emisfero sud, lo descrive come un giovane alla ricerca dell’acqua. Per i Sumeri Orione, che chiamavano Uru An-na, Luce del Cielo, rappresentava Gilgamesh, il loro eroe per eccellenza, per gli Egizi si identificava con Osiride il dio civilizzatore che insegnò al suo popolo l’agricoltura, le leggi, il rapporto con il mistero della vita e della morte. Particolare è ricordare che sia le tre famose piramidi egizie di Cheope, Chefren e Micerino come quelle di Teotihuacan siano state costruite riproducendo la sequenza delle stelle della cintura di Orione, a testimonianza del legame profondo tra terra e Cielo che tutti i popoli hanno riconosciuto. Un’altra suggestione che questo gruppo di stelle sembra portare con sé è il legame tra la Valle di Susa e l’Egitto. Ai piedi di Orione/Osiride troviamo infatti la costellazione di Eridano, l’antico nome del fiume Po. Secondo un’antica leggenda il nome del fiume deriva dal principe egizio Eridano, fratello di Osiride e custode del segreto del Graal, arrivato in Piemonte per cercare le tracce della discesa di Fetonte, la leggendaria creatura che, a differenza di quanto affermano versioni successive del mito, scese dalle stelle sulla Terra portando in dono la conoscenza ai nostri progenitori. Restiamo sempre incantati da questo cielo riempito di storie, quasi un grande libro da leggere e rileggere dove immagini diverse e diversi racconti si intrecciano e si sovrappongono. Per saperne di più sul mito di Fetonte e del principe Eridano:
Un personaggio dei Pesci: Albert Einstein
I geni religiosi di tutti i tempi risentono di questa religiosità cosmica che non conosce né dogmi né Dei concepiti secondo l’immagine dell’uomo. Non vi è perciò alcuna chiesa che basi il suo insegnamento fondamentale sulla religione cosmica. Accade di conseguenza che è precisamente tra gli eretici di tutti i tempi che troviamo uomini penetrati di questa religiosità superiore e che furono considerati dai loro contemporanei più spesso come atei, ma sovente anche come santi. Albert Einstein è uno scienziato ma parla di religiosità cosmica. Il suo approccio alla conoscenza ha un respiro ampio e contempla l’infinitamente grande. In questo ritroviamo il punto di vista proprio del Segno dei Pesci. Albert Einstein è forse lo scienziato più famoso del XX secolo. A lui si devono, oltre ai passi importanti nell’ambito della scienza, anche profondi cambiamenti nella cultura generale. L’universo in cui viviamo, descritto per secoli dalla cultura maggioritaria come un gigantesco orologio meccanico, è stato rivoluzionato dalla teoria della relatività, che dimostra appunto la relatività dello spazio e del tempo, e dal concetto di cronotopo, l’unità spazio-temporale in cui il tempo si configura come quarta dimensione insieme alle tre coordinate spaziali. La fede in un mondo esterno indipendente dall’individuo che lo esplora è alla base della scienza della natura. Poiché tuttavia le percezioni dei sensi non danno che indizi indiretti su questo mondo esteriore, su questo “reale fisico”, quest’ultimo non può essere afferrato da noi che per via speculativa. Ne deriva che le nostre concezioni del reale fisico non possono mai essere definitive. Se vogliamo essere d’accordo, secondo una logica per quanto possibile perfetta, con i fatti percettibili, dobbiamo essere pronti a modificare queste concezioni altrimenti denominate il fondamento assiomatico della fisica. Einstein con i suoi capelli spettinati e la sua famosa linguaccia è diventato anche un’icona, il simbolo dello scienziato geniale, irriverente e fuori dagli schemi. Albert Einstein nasce il 14 marzo 1879 a Ulm, in Germania, da una famiglia di origine ebraica. Hermann Einstein, il padre, aveva una piccola azienda che produceva macchinari elettrici. Albert vive i suoi primi anni a Monaco e qui va a scuola, con risultati non così eccellenti come si potrebbe immaginare. È un bambino taciturno, spesso perso nei suoi pensieri che a scuola fatica a seguire le lezioni e in compenso si diverte a fare domande difficili agli insegnanti per metterli in difficoltà. Non ha una buona parlantina, non ha una buona memoria e a scuola si annoia. Un giorno però la sua attenzione viene calamitata da un oggetto particolare: una bussola che il padre gli regala. L’esperienza con la bussola per lui è fondamentale, gli fa scoprire che esistono forze invisibili, come appunto il magnetismo, in grado di influenzare la materia. Lo studio, che fino a quel momento trovava noiosissimo, diventa improvvisamente interessante e comincia a studiare con passione la fisica, la filosofia e soprattutto la matematica. A dieci anni è in grado di risolvere problemi complessi. Il linguaggio della matematica lo avvicina anche alla musica. In seguito avrà modo di dire: La musica non influisce sulla ricerca, ma entrambe derivano dalla stessa fonte di ispirazione e si completano a vicenda nel senso di liberazione che ci procurano. Il suo amore per le scienze non lo avvicina però alla scuola che continua a ritenere un posto in cui si fanno cose noiose. A causa dei problemi economici la famiglia Einstein si trasferisce più volte, da Monaco all’Italia e da qui in Svizzera. Albert si laureerà a Zurigo. Nel 1903 sposa Mileva Maric la scienziata che avrà una parte molto importante nella formulazione delle sue teorie. I due divorzieranno nel 1919. Albert sposerà poi la cugina Elsa Einstein. Subito dopo la laurea Albert per mantenersi lavora come impiegato presso l’Ufficio Brevetti di Berna dedicandosi però contemporaneamente alla sua grande passione, la fisica teorica. Nel 1905 pubblicherà, sugli Annalen der Physik, i tre lavori storici che porranno le basi per la sua carriera accademica. Nel primo lavoro ipotizza la duplice natura della luce che può comportarsi sia come onda che come particella, nel secondo postula la natura atomica della materia e nel terzo formula la teoria della relatività ristretta. Da questo momento, e anche grazie agli studi successivi, Einstein ottiene diverse cattedre universitarie: nel 1909 a Zurigo, nel 1911 a Praga, nel 1914 a Berlino. Nel 1921 riceve il Premio Nobel per la Fisica, non per la sua teoria della relatività, come si potrebbe pensare, ma per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico. Evidentemente la teoria della relatività era troppo rivoluzionaria per essere accettata ufficialmente. Addirittura nel 1922 Einstein viene cacciato in malo modo dalla Reale Accademia delle Scienze di Torino dagli accademici che definiscono le sue tesi “strampalate” e “degne di una scimmia ignorante". Nel 1933, a causa del clima politico della Germania, si trasferisce negli Stati Uniti, dove viene naturalizzato cittadino statunitense. Si stabilisce a Princeton dove insegna Fisica Teorica all’Institute for Advanced Studies fino al 1945. Einstein nell’ottobre del 1939 aveva consegnato al presidente Roosvelt una lettera in cui raccomandava di iniziare le ricerche sulla fissione nucleare per fabbricare ordigni, prima che la Germania nazista fosse in grado di farlo. Dopo la fine della guerra si schiera apertamente in favore della pace nel mondo, promuovendo una vera e propria campagna popolare contro la guerra e le persecuzioni razziste. Pur non avendo mai lavorato direttamente all’atomica forse sente il peso di una sua responsabilità. Una settimana prima della sua scomparsa, avvenuta a Princeton il 17 aprile del 1955, unitamente ad altri sette premi Nobel, compila una dichiarazione pacifista contro le armi nucleari indirizzata al Presidente Roosevelt. La dichiarazione comincia così: In considerazione del fatto che in ogni futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessa dell’esistenza dell’umanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro obiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e li invitiamo di conseguenza a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse tra loro. E finisce dicendo: Noi rivolgiamo un appello come esseri umani a esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale. Bibliografia Einstein - Come io vedo il mondo - Newton Compton Editori David Stabler - Kid Scientists: True Tales of Childhood from Science Superstars di - Quirk Books
FEBBRAIO 2023 Vorrei Vorrei leggere nelle stelle un oroscopo di speranza per tutti gli animali non umani che vivono su questo mondo. Vorrei poter leggere che tutto il dolore provocato dalle condizioni terribili in cui vengono forzati a nascere, vivere e morire è scomparso. Vorrei vederli camminare, correre, volare, saltare, nuotare come piace a loro, amare, essere curiosi, seguire le loro inclinazioni, comunicare e dialogare, anche con noi umani, se hanno voglia di farlo. Purtroppo le notizie che si ascoltano dai media non vanno in questa direzione. Ora si parla di insetti ridotti in farine, con una insensibilità totale, come se loro, gli insetti, fossero cose inanimate. Si parla di “gusto”, di “proprietà nutritive”, di “novità” come se loro, i grilli e gli altri poveretti, fossero materiale inerte, pronto all’uso. Si parla di animali “alloctoni” come se fosse un aggettivo che ne autorizza la morte, anzi la rende più che giusta, perché “alloctono” vuol dire invasore, cattivo, nemico. Dimenticando che nella maggior parte dei casi la causa della loro presenza sul nostro territorio sono proprio quegli umani che ora vogliono condannarli a morte, cacciatori e allevatori in primis. Si parla dei selvatici in città che disturbano, sporcano, creano incidenti e questo, ovviamente, porta all’unica soluzione possibile, l’abbattimento, come se trasformare strade e parchi in luoghi di caccia sia normale e giustificato da un’imprescindibile esigenza di ordine e igiene. Quella stessa igiene che permette di lasciare per giorni i cassonetti debordanti e maleodoranti o sacchetti d’immondizia sparsi ai bordi delle strade o nei boschi. In compenso si parla poco degli allevamenti intensivi e del loro progressivo aumento fino all’abominio degli allevamenti verticali dove enormi palazzi vengono riempiti di migliaia di poveri maiali destinati ad essere trucidati per essere trasformati in cibo. Non si vuol parlare della vivisezione, ancora praticata come se fosse necessaria, quando la sua unica utilità è quella di rimpinguare le tasche di chi vuol mantenere il suo potere nelle università e nei centri di ricerca. Non si parla quasi mai dei pesci, dei crostacei e dei molluschi, del loro allevamento in enormi cilindri che li contengono a milioni, in condizioni che li rendono pazzi, si ignorano le sofferenze inaudite che si nascondono sotto la parola acquacoltura. E questo solo per citare alcune delle situazioni drammatiche che vedono gli animali vittime designate, senza guardare ai mille modi in cui vengono letteralmente usati e abusati nello sport, nel gioco, nello spettacolo, per la difesa, per la terapia… Vorrei poter leggere nelle stelle che il tempo della liberazione è arrivato, che le tante iniziative portate avanti in loro favore, sempre più numerose, hanno prodotto un cambio totale di mentalità nei loro confronti, e anche nei nostri perché la logica che opprime loro, i nostri fratelli in forme diverse, è la stessa che opprime noi umani dividendoci in oppressi e oppressori, maschi e femmine, bianchi e colorati, vecchie giovani per tenerci schiavi. Sono sicura che siamo in tanti a voler cambiare le cose, a non arrenderci davanti all’ingiustizia. Sono sicura che prevarrà la collaborazione e l’unione tra tutti coloro che sentono sulla loro stessa pelle la crudeltà e l’assurdità di quello che accade e sono sicura anche che sempre più persone si accorgeranno di quanto sia assurdo un mondo basato su regole che portano alla sofferenza anziché alla gioia di vivere e si uniranno al progetto di costruire un mondo nuovo migliore per tutti, un mondo ecospirituale che riconosca pari dignità a tutti i figli di Madre Terra. Il trattamento riservato agli animali è la più grossa impresa di schiavitù della storia. Eppure noi riteniamo che un giorno non lontano questo momento buio verrà ricordato nei libri di storia come una tappa vergognosa nella battaglia per la civiltà, e al posto dei mattatoi verranno costruiti dei monumenti in ricordo dei miliardi di martiri che hanno versato il sangue per la specie umana (da: TUTTI FIGLI DI MADRE TERRA di Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel).
Per saperne di più sull’ecospiritualità e sulla questione animale: TUTTI FIGLI DI MADRE TERRA di Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro - Edizioni Triskel Il libro si può trovare a La Grotta di Merlino in Piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition.com anche in formato e.book
Un personaggio dell’Acquario: Robert Burns
A un topo, buttandogli all'aria il suo nido con l'aratro Povera bestiolina liscia liscia,
con la paletta. Mi duole assai che l'Uomo abbia spezzato Quel mucchiettino di stoppie e di foglie Ma tu non sei, topo terragno, solo a dimostrar che previdenza è invano. Pur te, a confronto mio, felice, o topo! Questa bella poesia è di Robert Burns, poeta scozzese dei 1700, riconosciuto come the Voice of Scotland. Colpisce la sensibilità di Burns nei confronti di un piccolo topo di campagna che vede la sua casa sconvolta dall’aratro. Burns sa identificarsi con immediatezza e semplicità nel topolino e sa dare al suo vissuto un significato universale, valido per uomini e topi o qualsiasi altro essere. Così come in altre sue poesie e canzoni sa cantare di un singolo evento, di un amore in modo che il suo significato si allarghi diventando senza tempo e confini. Come lo smarrimento del topolino diventa quello di tutti davanti al rompersi di un sogno, l’amore per una fanciulla diventa quello per la Terra e per la Vita. Robert Burns nasce il 25 gennaio 1759 nel villaggio di Alloway nell'Ayrshire, figlio di poveri contadini e primo di sette fratelli. Il padre però, nonostante le difficoltà finanziarie, fa in modo che i suoi figli, oltre a lavorare, possano studiare. Robert fin da giovanissimo dimostra il suo speciale talento poetico scrivendo versi e poemi ma riesce a pubblicare la sua prima raccolta di poesie solo nel 1787, quando ha ormai 27 anni. Poems, Chiefly in the Scottish Dialect (Poesie, soprattutto in dialetto scozzese) riscuote un immediato successo tra gli intellettuali di Edimburgo e gli regala la celebrità. Spirito inquieto e appassionato, Burns non rinnegherà mai le sue radici contadine né il legame con la sua terra e la cultura scozzese. Nelle sue opere pone anche l’attenzione alle problematiche sociali e alla necessità di una maggiore uguaglianza tra i ceti. Connesso con il passato ma con uno sguardo al futuro, raccoglierà i canti tradizionali della sua gente perché non vadano perduti ma sarà anche di ispirazione per i futuri poeti romantici e per i futuri fondatori del liberalismo e del socialismo. Scrive tantissimo, anche in inglese oltre che in scozzese, lasciando un’incredibile raccolta di poesie e ballate nonostante la sua breve vita. Morirà a soli 37 anni, il 21 luglio 1796, a Dumfries per problemi cardiaci. Ancora oggi la sua nascita è celebrata con la Burns night ogni 25 gennaio, un modo per onorare la memoria del bardo, iniziata pochi anni dopo la sua morte, grazie ai suoi amici e diventata nel tempo l’occasione per onorare tutto ciò che è scozzese come il whisky, le cornamuse e balli delle Highland. Perché, come dicono le parole dolci e struggenti di una delle sue canzoni più famose, Auld Lang Syne (in italiano Il valzer delle candele) Credi davvero che i vecchi amici
Un anno prezioso come una gemma Il 2023 si prospetta, un po’ per tutti i Segni, come un anno di svolta, di scelte volute e pragmatiche che trasformino in realtà concreta quello che si era pensato o sognato e che chiudano le situazioni lasciate per troppo tempo in sospeso. L’indicazione è quella di rendere tutto quanto più chiaro e semplice possibile. Questo pragmatismo però non è materialistico, porta in sè elementi di empatia verso gli altri, di ricerca di libertà e di spiritualità. Ogni Segno lo vivrà a modo suo ma questi elementi di base restano costanti e questo ci fa dire che sarà per tutti un anno prezioso, anzi prezioso come una gemma così, per ogni Segno, abbiamo voluto indicare una “gemma talismano”, per così dire, da cui trarre ispirazione nel corso di questo 2023. Non si tratterà della gemma che rappresenta quello specifico Segno zodiacale ma quella che meglio lo può aiutare nel corso dell’anno. Le gemme sono state scelte sulla base del libro “L’Antico Libro delle GEMME” di Rosalba Nattero che ci fa conoscere le proprietà di queste piccole “porzioni di Madre Terra” secondo la chiave interpretativa fornita dall’antico sciamanesimo druidico a cui l’autrice si è riferita nella stesura di questo testo. Tantissimi auguri a tutti i nostri lettori!
Capricorno: Finire e ricominciare Il 2023 ti porterà, nei primi mesi, a chiudere quello che hai lasciato in sospeso, ma con saggezza, senza strappi violenti e trattenendo l’esperienza fatta. Poi potrai cominciare un periodo nuovo, basato su nuovi presupposti. Sarà un nuovo straordinario viaggio. Il tuo talismano sarà lo smeraldo che rappresenta il completamento di un ciclo e il possesso delle esperienze acquisite per affrontare il ciclo successivo. Acquario: Essere Quest’anno ti promette l’inizio di un nuovo ciclo, potremmo quasi dire un ingresso nel tuo futuro. Avrai l’occasione di esprimerti, di mostrarti per quello che sei, senza ricorrere a maschere o timidezze ma soprattutto potrai cercare la tua vera essenza e imparare a conoscerti al di là dell’idea che hai di te stesso. Il tuo talismano sarà il diamante che aiuta ad uscire dalla propria emotività, a rivelarsi.
Pesci: Riflettere Il tuo elemento, l’acqua, quest’anno anziché il tuo habitat sarà il tuo specchio. Sarà infatti un anno di riflessione, di considerazioni profonde, di ricerca interiore. Ti regalerà un pizzico di saggezza in più e la capacità di guardare gli eventi cogliendone l’aspetto essenziale. Procedi sul tuo cammino illuminando i tuoi passi con la tua lanterna magica. Il tuo talismano sarà il quarzo fumé che induce alla meditazione, all’introspezione e alla fermata dalla corsa caotica della vita ordinaria. Ariete: Raccogliere È il momento di raccogliere i frutti delle esperienze che hai vissuto, di fare tesoro del passato, di fare pace con quello che è stato, con quello che hai fatto o detto e riconoscerne invece il valore, perché è grazie a questo bagaglio che ora sei qui, pronto ad affacciarti al futuro. Toro: Vincere Avrai a disposizione una grande energia che ti permetterà di mettere in atto tutto quello che vorrai. Esprimi le tue idee, mostra le tue capacità, agisci, ispirato sempre dal senso di armonia che hai dentro di te. Sarà per te un anno vincente. Il tuo talismano sarà l’agata bianca che simboleggia la vittoria, la conquista dei propri obiettivi, la volontà e la tenacia. Gemelli: Osare È tempo di passare all’azione, di mettere in atto quel che hai progettato e anche di ideare cose nuove. Non limitare la tua creatività e scegli progetti che abbiano un ampio respiro, che pur essendo concreti non contemplino solo aspetti materialisti. Cancro: Rinascere Il 2023 sarà per te l’anno della rinascita. Puoi finalmente cominciare qualcosa di nuovo e lasciarti alle spalle un passato un po’ pesante. Non farti condizionare da nessuno e vivi in prima persona senza rinunciare ad essere quello che sei. Mettiti in gioco e frequenta le persone e le situazioni che ti fanno stare bene. Il tuo talismano sarà il lapislazzuli che è la rinascita a una nuova vita verso orizzonti più ampi e un mondo tutto da scoprire. Leone: Aver fiducia Un anno un po’ speciale ti invita ad abbracciare la vita, ad avere fiducia a lasciarti andare. Non abbandonarti però tra le braccia delle tue abitudini perché non meritano la tua fiducia, è la tua creatività che deve trovare spazio e nuova linfa. Il tuo talismano sarà l’ambra che aiuta a trovare fiducia in se stessi e nella via intrapresa. Induce al rapporto di fiducia con Madre Terra e a seguire il suo insegnamento . Vergine: Scegliere Il 2023 ti metterà davanti a scelte importanti. Il passato, per quanto significativo, non deve condizionare il tuo domani. Sai già dove vuoi andare e, stai tranquillo, l’esperienza acquisita non andrà perduta, sarà l’inizio del nuovo sentiero. Nei primi mesi segnerai un po’ il passo ma poi camminerai spedito e fischiettando. Il tuo talismano sarà lo zaffiro blu che stimola ad uscire dagli schemi e dalle consuetudini. Bilancia: Accettarsi Sarà un anno molto interessante che ti porterà a conoscerti meglio, a scoprirei tuoi lati più sconosciuti, compresi quelli più oscuri e meno accettati, alla ricerca del tuo vero essere. Ne nascerà una consapevolezza nuova, una maggiore sensibilità ed empatia verso gli altri. Il tuo talismano sarà la madreperla che rappresenta il momento in cui l’individuo si guarda dentro e scopre le identità fittizie che gli impediscono di trovare se stesso. Scorpione: Conoscere Il 2023 ti esorta a guardarti intorno per capire e capirti, uscendo dall’abitudine per vedere gli aspetti meno evidenti della realtà. La tua sensibilità percepisce la presenza del lato invisibile del nostro mondo ma spesso preferisci rifugiarti nelle cose concrete che sai gestire bene. È il momento di allargare il tuo orizzonte. Il tuo talismano sarà la giada verde che aiuta ad andare oltre l’apparenza delle cose. Sagittario: Camminare Quest’anno ti invita a procedere con determinazione sulla strada che hai scelto, senza farti fuorviare da eventuali intoppi. Dovrai prendere decisioni importanti per te ma c’è anche la promessa di momenti fortunati, nei primi mesi, e teneri dalla primavera all’autunno. Il tuo talismano sarà il rubino che conferisce forza e fermezza, entusiasmo e voglia di vivere.
Tutte le citazioni in corsivo sono tratte da: L’Antico Libro delle GEMME di Rosalba Nattero - Edizioni Triskel Il libro si può trovare a La Grotta di Merlino in Piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition.com anche in formato e.book
Il personaggio del mese: Giancarlo Barbadoro e la storia rubata
Yule*
Neve di Yule. neve rigeneratrice che copre la terra come un sonno benefico dell’umanità che trattiene nei sogni le antiche saghe all’origine della storia per indicare il sentiero che porta al futuro. Gennaio è il mese di nascita di Giancarlo Barbadoro, fondatore, con Rosalba Nattero, della rivista on line Shan Newspaper di cui questa rubrica fa parte. Dal gennaio 2020, primo anno iniziato senza di lui, perché Giancarlo ci ha lasciati nell’agosto del 2019, abbiamo voluto dedicargli il primo numero dell’anno, a testimonianza del segno indelebile che ha lasciato nei nostri cuori. Giancarlo, ovunque sia adesso, per noi è sempre qui. La sua presenza, il suo esempio, le sue parole continuano ad essere fonte di riflessione e di ispirazione per coloro che hanno avuto la fortuna e l’onore di conoscerlo personalmente e anche per coloro che hanno potuto leggere i suoi scritti, ascoltare la sua musica o partecipare ad iniziative che da lui sono nate e continuano a vivere nel tempo. Quest’anno vogliamo parlare della storia dell’umanità, non quella breve e riduttiva che i libri di storia ufficiali raccontano ma quella che l’Antica Tradizione dei Popoli della Terra ricorda e che può essere, come dice la poesia riportata all’inizio, il sentiero che porta al futuro. Le antiche saghe, i miti e le leggende di ogni paese del nostro pianeta, - scrive Giancarlo, a quattro mani con Rosalba Nattero, nel libro “Il Cuore Antico” - nei frammenti che sono sopravvissuti alla sistematica distruzione dei centri di potere di ogni tempo, ci tramandano la suggestione di una Età dell’Oro, di un Eden, di una Terra Imperitura da cui l’uomo fu allontanato per sconvolgimenti ambientali. Sconvolgimenti che furono seguiti anche da un cruento sovvertimento sociale che, secondo la narrazione dell’antico druidismo, portarono alla scomparsa di una civiltà sofisticata e evoluta nella cultura e nelle scienze per lasciar posto a un regime di natura patriarcale. Da allora il nostro mondo è stato disegnato e ipotecato dalle visioni delle grandi religioni storiche. Ciascuna con una propria verità totalmente in contrasto con le altre e quindi spesso e inevitabilmente in un perenne conflitto e un continuo tentativo di reciproca sopraffazione. Verità che non sono mai risultate in sintonia con l’armonia promanata dall’esistenza e dal Mistero che la anima, ma per lo più rispondenti alle visioni dei loro fondatori. Verità non soltanto lontane dalla Natura e quindi da una possibile Causa Prima, eventualmente artefice del tutto, ma anche lontane dai bisogni di crescita morale e spirituale degli individui. Scomparsa l’antica civiltà edenica, rimase ad imperare quella del patriarcato che aveva origine dalle antiche corporazioni dei cacciatori, sopravvissuti alla catastrofe ambientale grazie alla loro organizzazione militare. Questi impostarono un nuovo ciclo imponendo la loro visione del mondo, separando le competenze dei due sessi, riservando la preminenza a quello maschile, instaurando il principio della sopraffazione del più forte sul debole, introducendo la schiavitù, applicando la pratica del cannibalismo rituale e sancendo il destino tragico di innumerevoli vite, quelle degli animali, non riconoscendo loro alcun diritto e dignità, destinate a divenire fonte di cibo di facile acquisizione.** Nella storia dell’umanità si sono alternate bellezza e violenza, evoluzione ed involuzione. A noi è toccato nascere in un periodo crudele, in cui siamo stati privati della memoria delle antiche gesta e della grande civiltà edenica che ne era scaturita. cancellando il passato per dare forza agli ultimi tristi millenni dominati dalla barbarie e dalla supremazia ideologica di stampo patriarcale che ha condannato al tormento ogni tipologia di individui che hanno sofferto per l’impossibilità di esprimersi, di poter vivere la loro creatività e il loro libero pensiero con dignità e rispetto. Alle volte condannati, per età o per non allineamento, all’emarginazione e alla solitudine dell’anima. Spesso anche alla tortura e alla morte. Dalle morali del patriarcato sono scaturite ingiustizie verso le minoranze, discriminazioni di tipo sessista e problematiche psicologiche che caratterizzano ancor oggi il nostro tempo. E questo genere di tragedie non ha colpito solamente l’umanità, ma ha coinvolto anche le altre creature che abitano il nostro mondo, condannate ad essere e a mantenere il ruolo di cibo da mettere in tavola, costrette a vivere disumanamente in allevamenti e portate a morire nella negazione assoluta di ogni dignità e rispetto per l’altra intelligenza, anch’essa in grado di soffrire e di sognare. Eppure, prima che nel nostro tempo si verificasse questa situazione di medioevo spirituale, l’uomo aveva già conosciuto e sperimentato una conoscenza di sé e dell’esistenza e a mezzo di questa aveva edificato civiltà inimmaginabili. La storia è stata condannata a diventare leggenda, importanti biblioteche del passato sono state incendiate da portatori della propria verità e preziosi testi che potevano dare testimonianza di antico sapere sono stati occultati… Eppure, nonostante questa realtà terribile, l’antica conoscenza non è andata perduta. Seguendo sentieri nascosti, protetta da popoli e persone che l’hanno tramandata, è tuttora viva e vitale e ha la forza di diventare strumento di crescita personale e di speranza per tutti. È il nostro Cuore Antico che continua a battere e che, grazie a Giancarlo abbiamo potuto riconoscere. È la possibilità concreta di ricostruire un mondo e un futuro migliore per tutti.
*“Yule” è tratta da “Al di là della Soglia” tutte le poesie di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel. **Il brano è tratto da “Il Cuore Antico: La tradizione dei Nativi europei tra Storia e mito” di Giancarlo Barbadoro e Rosalba Natter, Edizioni Triskel. Entrambi i testi si possono trovare alla Grotta di Merlino in Piazza Statuto 15 a Torino o al sito www.triskeledition.com anche in formato e.book
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