Arte |
Festa di compleanno |
13 Dicembre 2014 | |
Grande successo alla prima nazionale di Giovanni Lavia
È stato un sold out, un tutto esaurito lunedì 8 dicembre 2014 al Teatro Gobetti di Torino, lo spettacolo messo in scena da Anna Cuculo insieme a Albino Marino, Roberto Briatta, Carla Grosso, Antonio Cranco, Claudia Vianino, Rossana Bena, Cristina Cantino. La prima nazionale di Giovanni Lavia si è così conclusa come le previsioni facevano supporre con tanti applausi dalla platea per questa commedia tratta dal libro scritto dallo stesso Lavia ‘La Cathédrale engloutiè'. Un testo che sul palco è diventata una commedia dalle tinte giallo e nero, dove la classica famiglia intesa come unico modus vivendi della nostra società occidentale crollava inesorabilmente. Un primo tempo brillante quasi all’eccesso, con qualche forzatura che sta a significare una verità sottesa diversa da quella apparente serenità e buonismo che impregna tutti i personaggi della famiglia (o quasi): il senso del ‘quanto ci vogliamo bene, come andiamo d’accordo!’ perché in una famiglia borghese piuttosto benestante si fa così agli occhi degli altri, della società, ma anche ai propri occhi, per evitare di scavare nelle relazioni umane, di trovarsi di fronte ai mostri dell’inconscio, insomma per nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi, pur di apparire belli e bravi. Un secondo tempo in cui la cattedrale sprofonda, la famiglia si è frantumata, scollata, sfilacciata; ognuno mette finalmente in mostra un ego spaventosamente meschino, quello che è sempre stato e che ha tenuto nascosto fino allo scoppio del bubbone. Anna Cuculo alla regia da un interpretazione di questo sfaldamento con una recitazione che diviene via via più isterica e una scenografia che si decompone, gli oggetti che scompaiono man mano fino ad arrivare al nulla, a una sedia ricoperta di nero, simbolo del niente. E come per tutte le cose di questa terra, a una morte segue una rinascita. ‘Forse la povertà degli altri’, ma, aggiungo io, ancor di più la povertà che ci tocca personalmente, ci potrà salvare. E forse uccidere materialmente o psichicamente, assistere alla morte fisica o a quella dell’anima o a entrambe contemporaneamente, può indurre a immaginare una nuova vita. Poi un grande finale - a sorpresa!… - ricapitola i mali attuali interni all’istituzione della famiglia. ‘Festa di compleanno’ è dunque per me una commedia che fa pensare e riflettere, senza perdere di vista la leggerezza dello spirito e della scena teatrale. |