Antartica |
L’Antartide segreta custodita dalle Società Iniziatiche |
22 Luglio 2011 | |||||||||
Le Società Iniziatiche del medioevo erano a conoscenza dell’esistenza del continente antartico almeno trecento anni prima della sua scoperta ufficiale. Un segreto custodito gelosamente da ere arcaiche per proteggere l’ubicazione dell’antico Eden? Quali millenarie conoscenze sono conservate sotto i ghiacci per l’umanità del futuro? Una immensa “scatola del tempo” di ghiaccio che adesso i ricercatori stanno cercando di leggere e di capire. In gran segreto…
La scoperta storica del continente antartico L'esistenza di una “Terra Australis”, cioè di un continente posto nell'estremo sud del pianeta, era nota già dall’antichità al tempo di Tolomeo, il quale sosteneva la sua esistenza sulla base di un’idea di simmetria geografica tra tutte le terre conosciute. Più tardi l’idea venne sostenuta dalla Chiesa Cattolica che intravedeva la possibilità che proprio nelle zone australi del pianeta, lontane dal mondo cristiano e ancora inesplorate, potesse esserci l’antico Eden da cui l’umanità era stata allontanata per disperdersi sulla superficie della Terra. Le Società Iniziatiche del tempo, anche se in contrasto con le illiberali posizioni della Chiesa, concordavano con la stessa idea e ipotizzavano, come nel caso del druidismo e dei Templari, che proprio in quelle zone inesplorate esistesse un vero e proprio continente, l’”antica Terra Imperitura” da cui proveniva il genere umano. Al di là delle ipotesi e delle credenze esoteriche, il primo ad avvistare concretamente il continente antartico fu il navigatore inglese James Cook, a più riprese tra il 1773 e il 1774, rimanendo a circa 100 chilometri dalle sue coste, impedito dai ghiacci galleggianti ad andare oltre con la sua nave. Il primo contatto concreto con l’Antartide avvenne poi nel 1820 ad opera di tre navi guidate rispettivamente da Fabian Gottlieb von Bellingshausen, della Marina Imperiale Russa, da Edward Bransfield, della Royal Navy Inglese, e da Nathaniel Palmer, esploratore e avventuriero statunitense. Le tre navi, avvicendandosi a distanza di pochi giorni, si avvicinarono al continente alla distanza di circa 30 chilometri, tanto da vedere distintamente la sua superficie innevata. Il 7 febbraio 1821 avvenne poi il primo contatto fisico con il continente antartico a seguito dello sbarco sulla terraferma dell’équipe guidata dall'americano John Davis. A questa impresa seguirono ancora altre numerose spedizioni, da James Clark Ross nel 1841 al norvegese Roald Amundsen che nel 1911 raggiunse il Polo Sud geografico. Dopo la tragica impresa dell’inglese Robert Falcon Scott (avvenuta un mese dopo quella di Amundsen), che nella marcia di rientro al campo base perse la vita insieme ai membri della sua spedizione, l’Antartide perse poco alla volta l’interesse del pubblico. Agli occhi della pubblica opinione il continente risultava essere ormai solo un ammasso di ghiacci inutile e pericoloso, senza particolare importanza. Spettò all’iniziativa dell’”Anno Geofisico Internazionale”, attuata negli anni ’50, il compito di riportare l’attenzione dei media al continente antartico e dare il via alle numerose missioni moderne di ricerca scientifica che hanno portato all’installazione di ventinove basi attrezzate in grado di consentire la sopravvivenza dei ricercatori, più di quattromila nei periodi estivi, che lavorano tra i ghiacci perenni. L’Italia è presente sul continente antartico con due installazioni scientifiche, la Mario Zucchelli Station e Base Concordia, quest’ultima realizzata in collaborazione con la Francia che a sua volta aveva ereditato su questo sito un campo già attrezzato dell’aviazione statunitense. La conoscenza segreta delle Società Iniziatiche E’ opinione “scientifica” che il continente antartico sia un mondo morto e ricoperto di ghiacci, utile solamente a determinare il ciclo dei vari climi che si sono succeduti sulla Terra da ere geologiche antiche sino ad oggi e misurare la velocità dei venti che spazzano la sua superficie ghiacciata. Secondo molti ricercatori questa descrizione dell’Antartide non avviene a caso, ma vuole nascondere una realtà ben diversa secondo precise intenzioni per la salvaguardia dello status quo. Una disinformazione che non sarebbe del tutto nuova. Per il mondo arabo mediterraneo, ad esempio, si tende a minimizzare la storia dell’antico Egitto o della Fenicia per evitare che l’attenzione degli individui vada oltre la cultura secolare in cui sono inseriti. La stessa cosa che accade sul continente europeo dove le vestigia dell’antica civiltà dei Celti viene misconosciuta e i suoi monumenti sono lasciati a perire nelle intemperie se non distrutti intenzionalmente. Tuttavia esiste la possibilità di addentrarsi in una storia alternativa, anche se invisa dai vari sistemi sociali perché mina le basi ideologiche e religiose da cui prendono riferimento, che può dare una visione completamente diversa della storia e dell’identità dell’umanità.
Occorre premettere che oggi sul pianeta esistono e si distinguono due categorie di società, una “maggioritaria”, costituita da molte nazioni che sono soggette culturalmente, compresa la “scienza”, alle ideologie delle grandi religioni storiche, e un’altra “minoritaria”, circa il 30 per cento della popolazione mondiale, rappresentata dai cosiddetti “Popoli naturali”, quelle culture che hanno un riferimento pragmatico con la Natura, intesa anche nel suo aspetto mistico, società dove è rispettata la libertà individuale ed è realizzata una società solidale. Quando si parla di nativi o Popoli naturali non si deve pensare solo ai popoli di altri continenti. Anche in Europa c’è la manifestazione dei Popoli naturali nella specifica identità dei Nativi europei. Oggi conosciamo le loro gesta solo per quello che emerge sulla superficie della storia attraverso le vicende dei Celti e del druidismo. Dalla loro cultura e dalle loro conoscenze sono nate le Società Iniziatiche europee. Dopo gli eccidi perpetrati dall’Impero romano e successivamente dalla Chiesa cattolica del tempo, i Nativi europei si sono organizzati in Società Iniziatiche, gruppi di persone che operavano allo sviluppo intellettuale dei singoli e mantenevano la continuità dell’antica tradizione del pianeta. Tra queste possiamo ricordare i Templari e i Catari che vennero censurati dalla Chiesa e i loro membri barbaramente trucidati. Altre Società Iniziatiche ebbero occasione di continuare il loro cammino adottando maggiore prudenza se non addirittura riunirsi in organizzazioni riconosciute dalla stessa Chiesa. La nascita delle Società Iniziatiche nel mondo maggioritario consentì quindi alla cultura dei Nativi europei di sopravvivere. Ereditarono in parte questo spazio di sopravvivenza intellettuale, a fronte dell’oscurantismo della Chiesa, le varie corporazioni di mestiere che si trovavano a sviluppare le antiche conoscenze che erano proprie dei Popoli naturali. Laici del loro tempo che mantenevano legami con la tradizione dell'antico druidismo e appartenevano alla ricca borghesia. Organizzazioni tanto ricche che alcune famiglie poterono anche organizzare e finanziare viaggi di ricerca su tutto il pianeta. Le Società Iniziatiche nate sul territorio europeo rappresentarono un potere di mutua assistenza e di solidarietà, consolidando una loro influenza politica che le proteggeva dall’Inquisizione sanguinaria della Chiesa del tempo. Poteri forti all’interno della società vessata dall’oscurantismo religioso e sociale alimentato dalla Chiesa e dai potenti con cui essa solitamente si alleava, che hanno portato prima alla rivoluzione americana e poi a quella francese, trasmettendo tutto il loro bagaglio di conoscenza alle nuove organizzazioni iniziatiche mondiali. Compresa la conoscenza dell’antico Eden e delle sue vestigia sepolte sotto i ghiacci del continente antartico. Che le Società Iniziatiche del medioevo e del Rinascimento possedessero il ricordo dell’antico paradiso perduto non sono solo ipotesi, ma esistono documenti ben precisi che portano a constatarlo. Troviamo tracce delle conoscenze relative all’antico Eden nelle varie produzioni culturali che questi gruppi iniziatici ci hanno lasciato attraverso i secoli. Dalla Divina Commedia di Dante Alighieri alle mappe geografiche di Oronzio Fineo. Il caso della Divina Commedia L’opera di Dante Alighieri, la “Divina Commedia”, composta tra il 1304 e il 1321 in lingua volgare fiorentina, rappresenta da sempre un punto di riferimento della letteratura e della lingua italiana. Il contenuto poemiale dell’opera narra del viaggio del Poeta compiuto, in compagnia di vari personaggi simbolici, attraverso i tre mondi ultraterreni dell’oltretomba disegnati dalla Chiesa cattolica del tempo che rappresentano la visione medievale del mondo cristiano. E’ un lavoro monumentale suddiviso in tre parti chiamate “cantiche” e riferiti rispettivamente al Purgatorio, al Paradiso e all’Inferno. Le prime due sono a loro volta suddivise ciascuna in 33 canti, mentre l’ultima è costituita da un unico canto poemiale. Il viaggio del Poeta attraverso i mondi ultraterreni è una occasione per proporre simboli esoterici e momenti di critica verso gli atteggiamenti di condotta politica e morale dei personaggi di riferimento storico della sua epoca. Tuttavia, per molti studiosi dell’esoterismo iniziatico, la Divina Commedia sembra rappresentare qualcosa di più che un corposo libello di protesta verso la politica della Chiesa medievale e ritengono che possa costituire un vero e proprio libro iniziatico in grado di guidare attraverso i livelli dei gradi delle Società Iniziatiche. René Guenon, noto studioso dell’esoterismo iniziatico, pubblicò in merito, nel 1959, il suo famoso testo “L’esoterismo di Dante” dove tra le altre cose affermava che l’autore della Divina Commedia sarebbe stato membro di un ordine iniziatico segreto e che scrivendo la sua opera avrebbe voluto lasciare ai suoi lettori un messaggio dottrinale accuratamente nascosto nei versi. Tesi supportata anche da altri storici che avanzano l’idea che Dante Alighieri potesse essere stato un affiliato all’ordine iniziatico dei Rosa Croce, eredi diretti dei Templari.
Ma Dante Alighieri non ha lasciato nella sua opera solo un messaggio dottrinale: ha anche depositato un antico sapere di natura storica. Nella sua opera riecheggia in maniera evidente la saga dell’umanità, citando l’antico Eden identificato ancora una volta nel continente antartico come il luogo di orgine dei progenitori dell’umanità che abita il pianeta. Rivelando con il suo esoterismo come questa conoscenza fosse un prezioso tesoro per le Società Iniziatiche, da custodire gelosamente, probabilmente allo scopo di impedire che nessun avventuriero potesse raggiungere l’Antartide per appropriarsi delle antiche reliquie delle origini dell’umanità. Nella Divina Commedia si legge ad esempio che Dante Alighieri era a conoscenza della costellazione della Croce del Sud, che rappresenta una caratteristica inequivocabile dell’emisfero australe. La costellazione della Croce del Sud è una delle più brillanti e caratteristiche del cielo australe: la sua stella principale, Acrux, è la tredicesima stella più brillante del cielo; la costellazione si osserva per intero a sud del 27º parallelo nord, mentre dall'emisfero sud è circumpolare nelle sue regioni temperate. In queste zone la Croce del Sud fa da controparte australe al ruolo del Grande Carro, in quanto è visibile nel cielo in tutte le notti dell'anno e consente di individuare il Polo Sud celeste. Durante il suo viaggio attraverso i tre mondi ultraterreni, quando Dante Alighieri si viene a trovare ai piedi del Monte Purgatorio dice: ”I’ mi volsi a man destra, e puosi mente a l’altro Polo (Nda: verso il Polo Sud), e vidi quattro stelle non viste mai fuor ch’a la “prima gente”. Goder pareva ‘l ciel di lor fiammelle: oh settentrïonal vedovo sito, poi che privato se’ di veder quelle!”. Dante cita esplicitamente la costellazione della Croce del Sud e sembra situare di conseguenza l’isola dell’Eden agli antipodi di Gerusalemme, in quella parte del globo terracqueo dove, secondo le credenze cristiane, a seguito della caduta di Lucifero, l’angelo ribelle caduto giù dal cielo, per via del suo urto con il suolo della Terra si sarebbe creata una sorta di montagna di forma conica nell’emisfero australe, sospinta fuori dalla superficie terrestre. Non si può pensare ad una analogia puramente simbolica tra la Croce del Sud e le quattro stelle poiché Dante Alighieri, nell’attribuire la loro primigenia osservazione in cielo, avvenuta solo da parte della “prima gente”, precisa in tal modo una ben specifica cronologia degli eventi. Facendo riferimento alla testimonianza privilegiata dei progenitori dell’umanità le interpreta come un effettivo fenomeno astronomico. Ma non solo, il Poeta attribuisce l’ubicazione dell’Eden collocandolo in un’isola, che oggi possiamo riconoscere come un continente, quello antartico, sovrastato dalla impareggiabile costellazione delle quattro stelle che costituiscono la Croce del Sud. Dante Alighieri, tra le terzine del suo poema, nel dare una collocazione dell’Eden come un’isola posta nell’emisfero australe, non doveva certamente temere accuse di eresia religiosa da parte dell’Inquisizione cattolica, poiché anche le idee dei Padri e dei Dottori ecclesiastici concordavano in questa identificazione del luogo dove doveva esistere l’antico Eden. Infatti già l’autorevole Sant’Agostino aveva dedicato all’argomento una considerevole parte del suo lavoro esegetico concludendo che l’Eden esisteva ancora, in qualche zona del pianeta, anche se ben isolato e reso inaccessibile da Dio. Il Santo aveva stimato inoltre che il Paradiso Terrestre dovesse essere stato creato sull’altro emisfero, agli antipodi di Gerusalemme, affinché il genere umano non avesse più l’opportunità di rientrarvi senza il permesso divino. Dante Alighieri nella sua opera ha anche occasione di precisare il ruolo del continente antartico come sede dell’antico Eden citando e riprendendo più volte il fatto che questa costellazione fu quella che venne vista dall’umanità, ossia dai “primi” che avevano abitato il continente antartico, l’antico Eden. Altrimenti chi poteva essere la “prima gente” che aveva avuto l’occasione unica di vedere la costellazione dell “Croce del Sud”? Dante Alighieri precisa nel suo versetto della Divina Commedia che solo questa “prima gente”, i progenitori dell’umanità, doveva aver visto la costellazione prima di abbandonare la “Terra Imperitura”, ormai posizionata al Polo Sud. Ovviamente il Poeta si deve riferire ad un’epoca in cui la calotta di ghiaccio aveva incominciato a formarsi e le genti che abitavano l’antico continente, che si era venuto a trovare nella sua attuale posizione, stavano iniziando a migrare verso terre più ospitali come ad esempio il continente africano. La testimonianza di Dante Alighieri, ovvero della Società Iniziatica a cui apparteneva, ha dell’incredibile poiché riguarda informazioni relative a fatti avvenuti all’incirca 30-15 milioni di anni orsono e che solo la continuità della tradizione dei Popoli naturali aveva consentito venissero trasmesse fino alla sua epoca.
Dante Alighieri precisa infatti che queste stelle si trovavano nel cielo dell’emisfero australe le cui acque non “erano mai state navigate da alcun omo, che di tornar sia poscia esperto”. Da cui si deduce che nessun esploratore del suo tempo fosse mai giunto alle coste del continente antartico e tornato indietro a riferire la sua scoperta. Però al Poeta era giunta in qualche modo l’informazione dell’esistenza della costellazione della Croce del Sud e se nessun marinaio aveva potuto raccontarglielo è evidente che l’informazione poteva essere pervenuta solo da quella “prima gente”. E’ evidente che una generazione di “prima gente” aveva potuto vedere quella costellazione, come lui stesso attesta nei suoi versetti e che questa “prima gente” aveva fatto in modo di lasciare un riferimento che contenesse questa informazione. Oppure possiamo addirittura ipotizzare che questa “prima gente” non si sia mai estinta culturalmente e che abbia dato origine ad una tradizione in grado di continuare il suo cammino attraverso il tempo. Quella dei Popoli naturali per l’appunto. Un cammino che si è esteso nel tempo arricchendo le conoscenze della Società Iniziatica a cui apparteneva Dante Alighieri, soffermandosi presso l’antico druidismo celtico per donargli tutta la sua profonda conoscenza iniziatica e per proseguire ancora nel nostro tempo arricchendo i continuatori e eredi dello stesso druidismo. Il globo terracqueo del castello della Manta Il castello della Manta è un maniero medievale che sorge su un poggio a Manta a pochi chilometri da Saluzzo, in provincia di Cuneo. L’edificio originario, databile intorno al XII secolo, è stato in seguito ingrandito e trasformato da Tommaso III, nobile e poeta, in una stupenda residenza della Famiglia dei Saluzzo della Manta, margravi del marchesato di Saluzzo, facendola divenire cenacolo di artisti e letterati. Oggi, il monumento è di proprietà del FAI, il “Fondo per l’Ambiente Italiano” ed è noto per il mirabile ciclo di affreschi quattrocenteschi conservati all’interno dei due principali saloni, quello detto “Baronale” e quello detto “Salone per feste e ricevimenti”. Nel corso della sua lunga vita, Tommaso non condusse alcuna guerra per ampliare i propri possedimenti: amava la pace e la cultura e si dedicò esclusivamente alla ricerca della conoscenza. Alla sua morte il figlio Valerano volle celebrare la memoria del padre trasformando il poema cavalleresco “Le Chevalier Errant”, composto dallo stesso Tommaso, in un ciclo di affreschi. Passarono i secoli e nuovi eredi contribuirono ad abbellire l’avita dimora. Intorno al 1560, Michele Antonio di Saluzzo creò il salone per feste e ricevimenti che decise di abbellire con sontuosi affreschi secondo il gusto dell’epoca. Chiamò da Roma il pittore Giacomo delle Grottesche a cui commissionò la decorazione delle pareti e del soffitto del salone con numerose immagini raffiguranti allegorie ed elementi decorativi. Al centro della volta del soffitto si decise di affrescare l’immagine di un grande globo terracqueo come era spesso d’uso nelle case dei nobili del tempo. Il planisfero rappresenta un mistero storico che porta a richiamare le antiche conoscenze che dovevano possedere le Società Iniziatiche del tempo. L’affresco mostra infatti le coste del continente americano e dell’Antartide. Una rappresentazione inspiegabile poiché la scoperta del continente antartico avverrà solo 300 anni dopo. Ma non solo, il suolo dell’Antartide non è rappresentato coperto dalla sua spessa coltre di ghiacci come noi oggi possiamo vedere, ma al contrario l’affresco mostra una landa normale di terra, in molti punti ricoperta di verde, del tutto simile a quella degli altri continenti.
La mappa di Oronzio Fineo Oronzio Fineo era uno scienziato francese che sebbene fosse essenzialmente un divulgatore è stato uno degli autori più prolifici di libri matematici del suo tempo. Ha operato in una ampia serie di campi matematici, incluse la geometria, l'aritmetica, l'ottica, la gnomonica, l'astronomia e le applicazioni di osservazione strumentale. Ha realizzato anche carte nautiche di vario genere ed è stato spesso impiegato da altri noti cartografi come Peter Apian e Gerardus Mercator, il noto Mercatore. La sua opera cartografica più famosa è quella conosciuta come il "Mappamondo di Oronzio Fineo", un completo planisfero terrestre che ha realizzato nel 1531 con un particolare tipo di proiezione strutturato a forma di cuore. Il "Mappamondo di Oronzio Fineo" rappresenta i due emisferi della Terra. Sorprendentemente, così come campeggia in quello boreale il continente europeo e quello del nuovo mondo da poco scoperto ufficialmente da Cristoforo Colombo, in quello australe campeggia al suo centro un continente che non avrebbe dovuto esserci poiché verrà scoperto in seguito, a distanza di 300 anni. Tale mappa è il risultato di copiature di numerose carte "sorgenti" e rappresenta la parte costiera del continente antartico priva di ghiacci. Nella mappa di Fineo il continente antartico è fedelmente riprodotto e posizionato geograficamente. La carta mostra anche catene montuose, numerosi estuari, insenature e fiumi. I vari carotaggi dei ghiacci effettuati negli ultimi tempi in Antartide sembrano essere a sostegno della tesi che il continente era un tempo percorso effettivamente da fiumi. Inoltre i campioni raccolti sono ricchi di sedimenti che mostrano una rilevante presenza di pietrisco a grana fine, come quella che viene trasportata dai fiumi. Il fatto che la mappa non presenti caratteristiche orografiche del terreno all’interno del continente può indurre a pensare che al momento della sua compilazione i ghiacci dovevano aver già coperto la parte centrale dell’Antartide. Perché tenere segreta l’ubicazione dell’Eden? Da ciò che emerge, sia la Chiesa cattolica che le Società Iniziatiche del medioevo sembravano essere concordi che l’ubicazione di quanto rimaneva dell’Eden, abbandonato milioni di anni fa dai nostri progenitori, era situata nell’oscurità inesplorata dell’emisfero australe. Ciò fa supporre che una qualche tradizione fosse giunta sino a loro dall’antichità e avesse mantenuta viva una ben precisa conoscenza della storia del passato dell’umanità. C’è da chiedersi ragione della segretezza per cui una tale conoscenza, anche se fosse stata solo presunta, dovesse essere applicata ad un argomento così importante per la specie umana. Probabilmente la Chiesa medievale si assumeva il compito di onorare la parola di Dio espressa attraverso le Sacre Scritture, tenendo lontana l’umanità dal luogo da cui Dio l’aveva scacciata per la disobbedienza di Adamo ed Eva, decretando la punizione del “peccato originale”. Ovvero di impedire l’accesso per chiunque all’Eden dove trovare altra possibile conoscenza ancora disponibile in quel luogo. Il libro della Genesi è esplicito con una precisa esortazione di Dio: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!". Per quanto riguarda le Società Iniziatiche del tempo, la conoscenza dell’ubicazione dell’antico Eden doveva costituire un segreto iniziatico molto importante da custodire gelosamente per il significato di sacralità che rappresentava e per proteggere le antiche vestigia del sapere che ancora custodiva.
Dai druidi ai Templari, il ricordo della “Terra Imperitura” riportava alla testimonianza storica e spirituale di un’epoca in cui si erano prodotti i grandi eventi che avevano dato origine all’umanità. Eventi ormai ricordati solo nei vari miti, come quelli del Graal e di Fetonte, che resistevano alle censure culturali degli enti egemoni del tempo, dall’Impero romano alla Chiesa, trasmettendo in ogni caso il riflesso di un’epoca colma di fatti straordinari che hanno segnato per sempre la storia del pianeta. La conoscenza geografica dell’ubicazione dell’Eden poteva anche costituire per le Società Iniziatiche del medioevo una occasione per trasmettere ai propri iniziati il senso del proprio potere corporativo. Ai nostri giorni possiamo solo fare delle ipotesi su un possibile segreto, o “cover up”, relativo all’ubicazione dell’antico Eden. Si può supporre, alla luce di quanto si evince dai documenti della Chiesa e delle Società Iniziatiche del medioevo, che questa “Terra Imperitura” dell’umanità si possa identificare nel continente antartico. Tuttavia, oggi l’Antartide è divenuta irraggiungibile al di fuori della ricerca autorizzata dalle Nazioni e solo grazie a vari permessi si può avere la possibilità di calpestare la sua superficie. Sulla sua superficie stazionano basi di ricerca di ogni tipo delle varie nazioni che hanno aderito al “Trattato Antartico” e non è facile riuscire, se non impossibile, ad andare al di là delle dichiarazioni ufficiali e della divulgazione ordinaria delle vicende antartiche che sono enunciate dagli enti preposti alle pubbliche relazioni. Al di là della iconografia scientifica di cui viene ammantata l’Antartide, si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a un grande apparato scientifico-militare che ha posto un impenetrabile velo di censura su tutto quello che viene studiato e scoperto sul continente di ghiaccio. E’ impensabile che un simile atteggiamento di censura venga preso solo per proteggere, di fronte al grande pubblico, la notizia del ritrovamento di qualche deposito naturale di petrolio e tantomeno per nascondere dati relativi alla velocità dei venti. Sembra evidente che sul continente antartico ci sia ben altro da proteggere, qualcosa di cui le autorità dei vari Paesi hanno unanimamente il timore che possa essere divulgato. Probabilmente c’è la necessità di mantenere segreta una situazione che potrebbe portare a rivoluzionare l’assetto sociale del pianeta. Magari alimentando del fanatismo incontrollato tra i membri delle varie religioni, portando a fare rivendicazioni messianiche che potrebbero provocare pericolosi squilibri di potere. Magari, più semplicemente, sconvolgendo le posizioni cattedratiche e di interesse di parte dei vari ricercatori che vivacchiano su una storia a loro comoda. O magari spingendo altri, di posizione nettamente laica e libertaria, posti a fronte all’evidenza della testimonianza di una avventura planetaria dell’umanità che travalicherebbe i profili storici del nostro tempo, a chiedere maggiore libertà di pensiero e di informazione a favore dei singoli individui, provocando in tal modo il crollo dell’egemonia dei vari centri di potere che gestiscono la società umana. |