Animalismo

Il contributo della scienza all’Ecospiritualità

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28 Dicembre 2024
Una scimmia usata per sperimentazione animale
Una scimmia usata per sperimentazione animale

Tratto dalla relazione che Federica Nin ha presentato alla Camera dei Deputati in occasione della conferenza stampa del 29 novembre 2024 per presentare il Disegno di Legge “Giornata nazionale dell’Ecospiritualità”


Ringrazio Rosalba Nattero per avermi invitata a presentare il possibile punto di incontro tra l'Ecospiritualità e la ricerca scientifica e biomedica.

E auguro a Rosalba, che promuove la filosofia ecospiritualista, e a noi tutti – cioè a tutti gli ospiti del pianeta –, che si diffonda il più rapidamente possibile la sensibilizzazione verso tale approccio che unisce l'ecologia e la spiritualità. Ringrazio, inoltre, quanti si sono resi disponibili ad ascoltare la nostra richiesta di appoggiare questa visione del mondo che riconosce una connessione profonda e sacra tra l'essere umano e la natura, una visione che vede l'ambiente naturale non solo come un insieme di risorse da sfruttare, ma come un'entità vivente con cui costruire una relazione rispettosa, etica e spirituale.

Ce n'è più che mai bisogno oggi – siamo anche in ritardo – che tocchiamo con mano la devastazione che un'unica specie, l'uomo, ha provocato nei soli ultimi 50 anni. L'impronta devastante della nostra specie è stata talmente impattante per l'intero ecosistema, da far sì che si coniasse il termine “Antropocene”, per definire un'era in cui la nostra specie prevarica pericolosamente tutte le altre e l'intero pianeta.

Di contro, una visione e un approccio al vivere, che mettano insieme l'ecologia e la spiritualità, puntano a una riconciliazione tra l'uomo, la Terra e tutte le sue creature, che può avvenire solo acquisendo la consapevolezza che il benessere umano è inseparabile dalla salute dell'ambiente – non a caso si parla di One Health [per la promozione di una salute “integrata”, dell’intero ambiente naturale e di ciascuna delle sue componenti].

Cioè, sta finalmente cambiando, ma serve un'accelerazione, la consapevolezza che siamo tutti interconnessi e che ogni specie (e anche ogni individuo) ha un valore intrinseco, che solo l'arroganza antropocentrica pretende tuttora di calpestare ignorando in modo miope gli effetti distruttivi per la stessa specie umana.

Un libro, curato da Federica Nin,  che spiega come la sperimentazione su animali non sia affatto un
Un libro, curato da Federica Nin, che spiega come la sperimentazione su animali non sia affatto un "male necessario", ma un male e basta, per gli animali, per la scienza, per le persone

Nel corso dei tempi l'umanità ha ricevuto tre lezioni – tre gravi smacchi all'orgoglio di sé e alla autocelebrazione – ma non li ha ancora pienamente assorbiti e metabolizzati così da esservi conseguente: l'uomo 1) non è al centro dell'universo, 2) non è diverso dalle altre creature viventi, 3) non è padrone neppure della propria mente.

Il primo smacco lo subì quando apprese che la nostra Terra non è al centro dell'universo, ma una minuscola particella in un sistema cosmico di grandezza inimmaginabile.

Il secondo smacco lo ebbe quando la ricerca biologica annientò la pretesa posizione di privilegio dell'uomo nella creazione, in quanto ci dimostrò la sua provenienza dal Regno animale e l’inestirpabilità della sua natura animale.

Che insegnamenti dobbiamo trarne? Già queste due lezioni che vengono proprio dalla scienza dovrebbero bastare a ridurre la vanagloria (e prepotenza) della specie umana, ma per di più la scoperta psicoanalitica dell'inconscio e l'indagine psicologica hanno altresì dimostrato all'uomo che non riesce ad essere padrone neppure di sé stesso (quante volte siamo incapaci di seguire le scelte razionali che pur vorremmo compiere!).

Non è giunta dunque l'ora di rinunciare alla propria megalomania di specie? è addirittura la scienza stessa a dirci che la nostra unicità o superiorità è un'illusione. Tuttavia, siamo ancora riluttanti a scendere dal vertice della piramide su cui ci siamo boriosamente autocollocati, perché è faticoso abbandonare la propria comfort zone protetta dai privilegi dell'antropocentrismo e dello specismo (che è come il pregiudizio razzista, ma applicato alle specie diverse dalla nostra).

Ma non è proprio questo antropocentrismo che sta rovinando la natura, della quale l'uomo stesso fa parte? Non siamo tutti parte di un'energia universale che si esprime in diverse forme? Sia l'evoluzione etica, sia la fisica quantistica, stanno aprendo nuovi orizzonti. Guai a non volerli guardare.

Il pensiero ecospiritualista non abbassa lo sguardo e dunque invita a rivedere e aggiornare il nostro rapporto con gli altri animali in termini di rispetto e coesistenza, anziché di sfruttamento, riconoscendo il loro diritto alla vita e alla libertà.


E come si rapporta alla ricerca biomedica?

L’Ecospiritualità, con il suo profondo rispetto per tutti gli esseri viventi e la connessione con il mondo naturale, pone una serie di questioni etiche complesse nei confronti della ricerca biomedica (soprattutto quando questa coinvolge l'uso di animali o ha un impatto ambientale significativo), e sono grata a Rosalba per avermi dato l'opportunità di presentare il punto di vista scientifico sulla ricerca biomedica che pretende di fare, tuttora, uso di cavie animali. È un tipo di ricerca non più giustificata a fronte dell'indiscusso riconoscimento da parte dell'intera comunità scientifica dell'assurdo tasso di fallimento nel predire risultati applicabili all'uomo. Si va dal 92 al 99% – dipende dai settori di ricerca – di fallimento, cioè di farmaci che risultavano innocui sugli animali, ma non lo sono invece per l'uomo: cioè, l’assenza di tossicità negli animali non è in grado di predire un’assenza di tossicità negli esseri umani. Al punto che circa la metà dei farmaci viene ritirata successivamente alla commercializzazione, a causa di gravi effetti collaterali. Questo perché le vere cavie sono comunque gli esseri umani, sia quelli coinvolti nelle fasi cliniche di sperimentazione, sia tutti noi nella fase post commercializzazione.

La questione è molto complessa e richiederebbe una relazione a sé, mi limito a sottolineare il problema della specie-specificità: a nessuno verrebbe in mente di testare su un coniglio una cura per un cane, o su un elefante una cura per il pappagallo; e, allo stesso modo, una cura per l'essere umano non può essere cercata in specie animali diverse dalla nostra, deve invece basarsi su biologia umana. E questo oggi è possibile grazie a metodi sostitutivi dei modelli animali, che già esistono e che bisogna implementare e finanziare.

Il termine “biobanca” è stato utilizzato per la prima volta nel 1996. Da allora, negli anni, le biobanche sono diventate sempre più necessarie alla conduzione della ricerca biomedica
Il termine “biobanca” è stato utilizzato per la prima volta nel 1996. Da allora, negli anni, le biobanche sono diventate sempre più necessarie alla conduzione della ricerca biomedica

Sono stati non solo la crescente sensibilità etica, ma anche la richiesta di metodi scientifici più affidabili e sostenibili, a favorire investimenti e innovazioni in questa direzione. Servirebbe anche una sferzata, da parte di tutti quelli che possono darla.

Sebbene la sperimentazione animale sia stata a lungo considerata un “gold standard” per valutare la sicurezza e l’efficacia di farmaci e trattamenti, oggi molte tecniche innovative non animali stanno dimostrando di poter fornire risultati altrettanto o più validi, spesso con maggiore precisione, e con un impatto etico e ambientale molto più basso. Non a caso negli USA (dalla fine del 2022) la sperimentazione animale non è più obbligatoria per la autorizzazione e commercializzazione di cure e farmaci, e molte istituzioni scientifiche, governi e organizzazioni internazionali stanno adottando normative e finanziando progetti per sostituire la sperimentazione animale.

Di fatto, ci sono sistemi di coltura cellulare avanzata che impiegano cellule umane, come organoidi, organ on chip, i sistemi multiorgano (fino allo Human-on-a-chip), modelli computazionali e simulazioni al computer, studi clinici e microdosing, e anche l’Intelligenza Artificiale e il machine learning stanno trasformando la ricerca biomedica. Fondamentali in tutti i casi sono le biobanche che conservano tessuti e campioni umani: utilizzare questi campioni per studiare direttamente le malattie, i meccanismi cellulari e le risposte ai farmaci in un contesto umano reale, senza dover ricorrere a modelli animali, è ciò che elimina il problema che i risultati su animali non siano applicabili agli esseri umani, poiché si lavora direttamente su tessuti umani.

Anche l’Italia dovrebbe decidersi a intraprendere con più slancio tale direzione sottraendosi alle forze inerziali che rallentano questo processo di modernizzazione per una ricerca che progredisca con scienza e coscienza.

In conclusione, il pensiero che coniuga spiritualità e coscienza ambientalista (oltre a raccomandare pratiche di cura preventiva e di stili di vita che rispettino i ritmi naturali e riducano il bisogno di interventi medicali invasivi) porta una prospettiva etica profonda alla ricerca biomedica, orientandola verso un approccio più rispettoso e sostenibile, che consideri il benessere di tutti gli esseri viventi e dell’ambiente, e che tratti gli animali come esseri senzienti (come peraltro già riconosciuto dal Trattato Europeo e dalle giurisdizioni di altri Paesi). E questo, la scienza già lo permette.

Oltre all’innovazione scientifica e all’adeguamento giuridico, un altro fattore cruciale è l’educazione e la sensibilizzazione della comunità scientifica e del pubblico. Per questo, una giornata mondiale dell’Ecospiritualità, accompagnata dall’esplicazione dei suoi princìpi e delle sue potenzialità concrete, potrebbe utilmente concorrere a far uscire la ricerca dalla gabbia della sperimentazione su animali.


Federica Nin è Psicologa e dottoressa in filosofia, socia fondatrice di OSA-Oltre la Sperimentazione Animale, studiosa di sperimentazione animale, metodi sostitutivi, filosofia morale, epistemologia

 

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