Animalismo

Convivenza con i colombi

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26 Giugno 2023
Convivenza con i colombi

Analisi e proposte


Parlare di animali da qualche tempo a questa parte richiede un prologo: gli animali rivestono nella vita umana un significato di vario genere poiché esistono posizioni contrastanti tra di loro, tra chi si avvicina con empatia e con ideali di difesa nei loro confronti, chi è indifferente all’argomento e chi invece li osteggia. Sono posizioni psicologiche le quali però sono influenzate da quanto avviene globalmente e su questo molto influiscono le notizie che vengono diffuse, e la propagazione di paure e timori collegati alle presenze animali contribuisce in modo spesso decisivo sulla considerazione generale. A riprova si può considerare che se la popolazione si dimostra contraria o non sostiene la caccia in linea generale, un sondaggio sulle presenze di animali da tempo descritti come problematici dagli organi dell’informazione, su tutti i cinghiali, non avrebbe di sicuro gli stessi risultati.

Proprio per queste dinamiche si assiste a dei significativi cambiamenti nel pensiero delle perone, ad esempio a Venezia si è passati nel tempo da una presenza accettata con simpatia per l’attrazione per i turisti, a posizioni di accentuata ostilità fino a richiederne l’abbattimento, per arrivare ai giorni nostri dove la loro presenza è divenuta meno problematica di quella delle moltitudini di turisti che arrivano a occupare il centro cittadino caratterizzato da debolezze strutturali innegabili. A dimostrazione che i problemi sono tali sulla base della situazione del momento.

Tra le motivazioni che si adducono per giustificare le richieste di intervento sui colombi, talvolta spinte fino all’abbattimento, ci sono le problematiche igieniche e sanitarie.

Quelle igieniche, in verità, sono direttamente collegate a quelle sanitarie poiché la linea di unione è la preoccupazione che la mancanza di igiene, con la presenza delle deiezioni, possa diffondere malattie infettive.

Quindi il problema principale sarebbero le motivazioni sanitarie che si esplicitano nella possibilità che si diffondano forme definite zoonosi.

Il termine zoonosi individua forme patologiche di varia origine che possono essere trasmesse dagli animali. In verità la definizione è una forma di discriminazione nei confronti degli altri animali, poiché anche gli esseri umani, da Darwin in poi, devono essere considerati animali. Per questo motivo si può sostenere che zoonosi è un modo di “colpevolizzare” gli altri esseri viventi diversi dall’uomo e dalla donna. Però la definizione funziona nello spaventare le persone, se non si ragiona sull’argomento, e può servire a giustificare azioni anche cruente.

Convivenza con i colombi

Le zoonosi, proprio perché sono condivise tra uomini e altri animali, sono molto numerose ma come accade tra le umane cose vi sono dei cambiamenti nel pensiero collettivo.

Così la salmonellosi qualche tempo fa era una delle patologie più sfruttate per invocare un intervento contro i colombi, però l’atteggiamento è in parte mutato poiché i casi sporadici che si rilevano a livello europeo si rivelano innescati dalle uova, anche perché il principale serbatoio del batterio sono le galline di allevamento. A indirizzare l’attenzione verso le uova è stata anche l’EFSA – Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.

Per quanto concerne l’Influenza aviaria, non vi è nessun collegamento con i colombi, tranne qualche sporadico e presto dimenticato allarme, lanciato senza il sostegno di riscontri scientifici, poiché l’eventuale arrivo e diffusione è responsabilità dei volatili migratori e l’eventuale trasformazione in patologia che colpisce le persone avviene quando il virus contagia i maiali, soprattutto in allevamento intensivo, nel cui corpo può trasformare la composizione genetica e così diventare patogeno anche per gli esseri umani.

Una patologia la cui diffusione viene attribuita (erroneamente) ai colombi è la criptococcosi, causata dal Cryptococcusneoformans, che infetta le persone per via inalatoria. È una malattia opportunistica, ossia l’agente infettante non causa abitualmente malattia ma solo in certe circostanze (pazienti anziani, defedati o affetti da deficit del sistema di difesa immunitaria) il criptococco diventa patogeno.

Se i colombi possono ospitare nel loro tratto digerente l’agente patogeno, il loro ruolo ai fini della diffusione dell’infezione va considerato in relazione al complesso patogenetico. Il fatto che il criptococco colpisca praticamente solo le persone immuno depresse deve portare a considerare che, senza trascurare l’esigenza alla sicurezza anche di persone a rischio, il criptococco è solamente una delle tante forme patologiche che possono colpire persone con immuno deficienza acquisita.

Anche il fatto che alcune epidemie siano state segnalate dopo lavori di pulizia o ristrutturazioni di pollai o dopo esplorazioni in grotte ricche di guano di pipistrelli porta a riflettere sul fatto che molte specie avicole possano trasmettere il criptococco e sul ruolo assolutamente secondario per quanto concerne i colombi. In ogni caso le regole elementari di igiene personale sono sufficienti a escludere il pericolo di contagio.

Un’altra patologia per la quale i colombi sono chiamati in causa è quella causata da Chlamydia psittaci, un piccolo batterio gram-negativo, parassita endocellulare obbligato. La Chlamydia sp. è l'agente causale della psittacosi, grave infezione sistemica generalmente acquisita per contatto con volatili della famiglia Psittacidae (pappagalli). Con il termine psittacosi s’intende l’infezione da Chlamydia psittaci nell’uomo e negli psittacidi (pappagalli); mentre per ornitosi si intende la stessa malattia riscontrata negli uccelli non psittacidi e la conseguente infezione umana da essi procurata. Per i testi di malattie infettive la diffusione della clamidiosi da C. psittaci avviene principalmente attraverso il movimento di animali con infezione subcliniche. Gli stessi testi affermano che la clamidiosi è largamente rappresentata nei colombi, ma il pericolo di diffusione alle persone va analizzato su base epidemiologica infatti i testi puntualizzano ugualmente che il vero problema epidemiologico sia dipendente dalla presenza di pappagalli che danno luogo alla forma più grave e quella che effettivamente si constata. Parimenti i testi non riportano segnalazioni di ornitosi ascrivibili ai colombi tanto che il ruolo dei colombi è definito assolutamente secondario nonostante la prevalenza dell’infezione nelle loro popolazioni urbane; anche le Linee guida Regione Piemonte riconoscono che nell’ornitosi la sintomatologia è differente dalla psittacosi propriamente detta e meno imponente. Per il contrasto alla malattia sono sufficienti l’applicazione di misure igieniche negli allevamenti, nei negozi di animali, nei macelli e nei laboratori di ricerca; con ciò si dimostra indirettamente come il ruolo dei piccioni non sia considerato. Le regole di igiene personale sono naturalmente imprescindibili.

Inevitabilmente si deve affrontare l’argomento del numero dei colombi. Il motivo dell’aumento dei colombi nelle città e centri urbani in genere risiede nelle caratteristiche delle città che offrono un maggiore calore d’inverno, e quindi un risparmio energetico agli animali che apprezzano quanto fa loro risparmiare in termini di energia; rifugi dove ritirarsi e anche cibo, non solo quello che volontariamente viene offerto ma anche quanto trovano nei rifiuti abbandonati. Molti fattori pertanto attirano gli animali, non solo i colombi, e rimanendo nel cielo si possono vedere nuovi abitatori quali i gabbiani, un tempo limitati alle località di mare.

Tuttavia è inevitabile ragionare su come trovare sistemi per la convivenza con questi volatili nelle città poiché non tutti gli abitanti li accettano volentieri e, come detto, spesso vi sono delle voci che alimentano notizie non del tutto esatte volte a diffondere posizioni contrarie alla loro presenza.

Ogni considerazione deve tener conto di alcuni elementi di base quali, come detto, i fattori che favoriscono la presenza ma anche le caratteristiche intrinseche della specie che è connotata da una grande capacità riproduttiva. La conseguenza è che, se ci si pone il problema del contenimento del numero, non esiste una soluzione universalmente utile ma si deve pensare a sistemi che siano messi in atto in relazione alle diverse situazioni. E accorgimenti possibili e adeguati in alcuni casi non lo sono altrove.

Un elemento non trascurabile è il censimento. A livello discorsivo si può usare qualsiasi termine, però se si deve valutare l’ipotesi di intervenire occorre inevitabilmente comprendere a che livello si situa il problema sollevato. Per questo motivo è fondamentale organizzare un censimento per comprendere la realtà della situazione. I sistemi per fare il censimento sono molteplici, e si basano essenzialmente sul conteggio degli animali organizzando squadre, anche di una sola persona, che contemporaneamente contino gli animali osservati in uno stesso periodo di tempo per evitare il più possibile di conteggiare gli stessi esemplari due o più volte. Il censimento permette anche, confrontando il numero rilevato con la presenza visibile sul territorio, di effettuare a distanza una stima del risultato ottenuto con i metodi utilizzati.

Convivenza con i colombi

Un elemento da considerare è il controllo dell’alimentazione. È un problema pratico ma allo stesso tempo psicologico. L’alimentazione fornita volontariamente favorisce la formazione dei gruppi perché gli individui imparano ben presto l’orario nel quale arriva il volontario che fornisce il cibo e il loro radunarsi serve da richiamo ad altri loro simili. L’alimentazione è sempre eccessiva e favorisce non solo un aumento del numero ma anche della fertilità: le popolazioni animali sul territorio determinano il numero sulla base della capacità portante del territorio stesso: laddove vi è più cibo le colonie crescono come non accade laddove il cibo scarseggia. Vi è da dire che sovente il cibo fornito è semplice pane, bianco oltretutto, che, privo com’è di elementi quali vitamine e minerali, non è adatto agli animali e nel tempo porta a carenze che aprono la strada a forme patologiche. Però, c’è un però: le persone che si dedicano a questo atto volontario spesso non comprendono che insieme al bene fanno anche un danno agli animali, sia perché forniscono un cibo non del tutto adeguato sia perché favoriscono il crescere del numero. Cercare di spiegare questo problema è il passaggio più difficile perché il volontario compie l’atto credendo di far bene e spesso l’azione serve anche alla persona che trova un senso e una giustificazione al suo operato.

Come si comprenderà è questo un problema davvero essenziale.

Il ragionamento cambia nei centri rurali, nella campagna. Qui i colombi non hanno bisogno di essere alimentati, trovano infatti tutto il cibo che vogliono nelle mangiatoie aperte dei bovini dove l’insilato di mais offre alimento in abbondanza e anche abbastanza corrispondente alle esigenze della specie. In questi ambiti il controllo dell’alimentazione non è possibile e complica a dismisura il problema della limitazione del numero. Anche perché dopo essersi alimentati i colombi si rifugiano nel centro urbano dove, come in città, trovano protezione, rifugio, calore e dove, lasciando le deiezioni, suscitano le rimostranze della popolazione.

La specie è prolifica e quindi un controllo diretto sarebbe il controllo della riproduzione con il controllo dell’ovodeposizione.

Come per altre specie il sistema migliore è la sterilizzazione che dev’essere valutata nella globalità. Il mezzo più efficace è la contraccezione chimica che da qualche anno a questa parte vede come farmaco principale la nicarbazina. La sua utilità è provata però ha alcune problematiche applicative. Innanzi tutto dev’essere somministrata con attenzione in quanto non deve essere assunta da altri volatili, quali passeri ecc., per cui dopo la distribuzione dev’essere raccolto quanto rimasto sul terreno. Un punto da valutare è il costo per cui è necessario sapere il numero di animali su cui intervenire per preventivare la spesa. L’intervento dev’essere almeno annuale con cadenza biennale, cioè dopo un anno di sosta anche per contenere il costo, e in cui presumibilmente i colombi si moltiplicheranno, occorre ripetere la somministrazione del farmaco. La sua efficacia però è provata.

Un altro mezzo è la chiusura dei siti di ovideposizione, laddove si individuano, sottotetti ad esempio, anfratti vari, e fornendo delle torri colombaie dove le femmine possano deporre le uova che saranno sostituite con uova artificiali in modo da diminuire le schiuse.

La difficoltà consiste nell’intervenire laddove si tratti di case disabitate i cui proprietari sono restii a intraprendere spese per immobili che non sono redditizi. Le torri colombaie come si comprende necessitano di persone che prelevino e sostituiscano le uova.

A livello locale, cioè sulle singole abitazioni, sono validi i dissuasori di appoggio, fatto salvo il fatto che quelli fisici, con le punte, devono essere di plastica per non causare danni agli animali quali ferite alle ali; si deve considerare che alcuni soggetti possono diventare capaci di sorvolarli e di procedere a stabilirsi dietro all’ostacolo. Se però sono disposti su cornicioni per l’intera larghezza del manufatto architettonico ottengono un utile risultato.

Recentemente sono stati sviluppati dissuasori chimici come un tipo chiamato “gel di fuoco”, una pasta chimica che non brucia ma deve il nome al fatto che induce l’effetto di una fiamma alla vista del colombo. Non è tossico e se beccato sviluppa un senso di rifiuto per l’odore emanato. Altri tipi chimici sono in commercio. Il vantaggio è che sono preparati in piccoli bicchierini, invisibili se posti in modi appositi sui monumenti. Lo svantaggio è il costo. I dissuasori svolgono bene il loro compito in determinate circostanze. Come si può intuire, sono utili nella protezione di monumenti, abitazioni, o comunque in ambiti che si possono tutelare semplicemente impedendo l’accesso agli animali.

Convivenza con i colombi

Nell’ambito della dissuasione rientra l’utilizzo dei rapaci; in quanto predatori sono temuti dai colombi che si spostano quando li vedono arrivare salvo riposizionarsi nel momento in cui si allontanano. Punto critico è proprio la temporaneità dell’utilità per cui il loro intervento viene richiesto in occasioni particolari, caso tipico sono gli aeroporti nei quali gli storni di colombi possono recare grave pericolo agli aerei bloccandone le turbine. Per un intervento più duraturo ci sono ipotesi di abituare i rapaci alla caccia ai colombi in modo che facilitandone la colonizzazione di ambiti frequentati dai colombi, vi permangano e con la loro presenza allontanino i piccioni. I dubbi riguardano il fatto che rimane possibile un’azione non solo di disturbo ma di vera e propria predazione.

Come intervento puntuale, ad esempio negli aeroporti, vi sono tentativi sperimentali di uso dei droni, acconciati come rapaci, il cui volo ha lo stesso scopo degli uccelli veri. Occorre la presenza del conduttore del drone ma il vantaggio è il non dover utilizzare e stressare i rapaci stessi.

Tra i sistemi direttamente indirizzati agli animali vi è la ricollocazione: ditte specializzate provvedono a catturare i colombi che poi vanno a rilasciare in località non abitate. Il sistema induce sicuramente stress agli animali costretti in un ambiente nuovo di cui devono comprendere le disponibilità alimentari e di rifugio. Lo spostamento origina poi il la conseguenza dell’area vuota, così come gli abbattimenti, che comporta delle ricadute che possono vanificare l’azione adottata. Come si dirà in seguito.

Gli abbattimenti sono spesso invocati come soluzione drastica ma occorre ricordare alcune problematiche. Innanzi tutto i colombi sono considerati fauna selvatica, oggetto di tutela ai sensi della legge 157/92 per cui la loro uccisione non può essere decisa se non dalla provincia o città metropolitana. Non sono specie comprese tra gli animali alloctoni e invasivi che, sulla base di direttive europee devono essere contenute. Quindi l’abbattimento non sarebbe possibile.

Come detto in precedenza commentando gli spostamenti, gli abbattimenti lascerebbero delle aree spopolate che sarebbero inevitabilmente occupate da loro consimili poiché il vuoto in natura non esiste, cosicché nel giro di poco tempo si riprodurrebbe il problema che si vorrebbe eliminare.

Quanto detto sollecita un altro tipo di ragionamento: si deve considerare che il numero delle presenze dei colombi in un dato ambiente, come di qualsiasi altra specie, dipende, come rilevato in precedenza, dalla capacità portante del territorio cioè a dire che se un habitat rimane vuoto viene occupato e che nello stesso, quando è abitato, non aumenta più di tanto il numero dei soggetti presenti. È come se i colombi adattati in un area le frenassero gli arrivi di altri consimili oltre un certo limite, sempre che non aumenti la quantità di cibo. Fatto che ci riporta alla necessità di controllare l’abuso di alimentazione.

La conclusione porta a ragionare sul fatto che la complessità delle motivazioni che sostengono le presenze dei colombi si associa alla difficoltà di individuare un sistema sicuramente efficace e definitivo, come piace a noi umani, per risolvere le problematiche, quando vengono denunciate, create dalla convivenza con i colombi.

L’analisi dei fattori, delle conseguenze eventuali, delle possibilità di intervento comprese le negatività collegate fa comprendere che le presenze dei colombi devono dare origine a una serie di azioni, evitando quelle cruente e pesantemente impattanti quali lo spostamento e l’uccisione, che devono essere correlate tra di loro e modulate in base alla caratteristica dei centri urbani interessati con il coinvolgimento dei cittadini. Per intendersi si possono prevedere programmi per contenere l’alimentazione degli animali, il controllo delle nidiate con l’asportazione delle uova o anche con la somministrazione di mangime sterilizzante; la collocazione dei dissuasori sui punti più problematici, la chiusura dei siti di deposizione degli anfratti, case diroccate, laddove possibile.

La consapevolezza da diffondere tra i cittadini è però l’acquisizione della conoscenza del sistema di vita delle popolazioni di colombi e specialmente il fatto che un certo numero di individui è il principale elemento che permette di mantenerne un numero stabile, mentre tentativi di rimozione non fanno che ripresentare il problema con cadenze periodiche, senza risolverlo. Fermo restando che è bene insegnare a chi li alimenta i modi corretti di comportarsi.

Di fatto l’accettazione della convivenza è il sistema migliore per condividere lo spazio urbano pur dovendosi rimarcare che si richiede un certo impegno a tutte le persone, sia a quelli che li apprezzano, e magari li alimentano, sia a quelli che non li accettano.


Enrico Moriconi, medico veterinario, consulente in etologia e benessere animale
www.enricomoriconi.it