Animalismo

Tradizione, maltrattamento, ignoranza

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20 Agosto 2020
Il cavallo morto alla Reggia di Caserta, stremato sotto il sole di agosto
Il cavallo morto alla Reggia di Caserta, stremato sotto il sole di agosto

Ha creato scalpore e indignazione la sorte del cavallo morto sotto il sole alla Reggia di Caserta. Ma la stessa sorte tocca ad altre centinaia di animali


Sulla morte del cavallo alla Reggia di Caserta è stato già scritto quasi tutto. Se non che contemporanea a quella ve ne sono state chissà quante altre di morti, più o meno atroci, di altri e magari diversi animali. Prima e dopo. Rimaste sconosciute. Come e dove si muore per un animale è diventato importante. Può fare la differenza. Oppure l’indifferenza. Non diversamente dagli esseri umani.

Tra questo “tutto” ho apprezzato un articolo a firma di Marialucia Galli (Cavallo 2000, 13 agosto 2020)) la quale ha scritto di “quanto sia desolante vivere in una società nella quale il normale buon senso, il comune senso delle cose, anziché essere corrente pratica di relazione tra esseri viventi, debba essere disposto, sancito e sanzionato da norme, leggi, ordinanze amministrative”. Tradotto: non mi comporto in un certo modo perché ho paura di una norma che sanziona quel comportamento ma perché a tanto sono stato abituato, condotto, educato.

Colpito e affondato.

Il tema dell’educazione è fondamentale se vogliamo volgere lo sguardo a domani. “Paideia”, pratica oggi poco coltivata, ma fondamentale. Leggere Platone per capire. Educare il fanciullo, non limitarsi ad informarlo. Ergo, affidare tutto alla legge è illusorio. Peraltro la legge è quanto di più ingiusto ci possa essere dal momento che essa nasce da un conflitto, rappresentandone una momentanea tregua ma pur sempre rimanendo, per usare le parole di Trasimaco, fisiologicamente utile al più forte. Quello normativo non può dunque essere l’unico punto di vista dal quale affrontare questo tema. 

La tradizione del fercolo è dura a morire. Muoiono invece gli animali immolati alla tradizione che, in alcune zone della nostra penisola, strizza malignamente e maliziosamente l’occhio alla criminalità organizzata, mescolandosi ad essa e tra essa. Forte, la stessa tradizione, del supporto normativo che ancora richiede, perché si configuri reato in danno di una animale, crudeltà o mancanza di necessità. Non riconosciute dal Tribunale di Asti (sentenza 3 marzo 2017, n. 418), che ha escluso punibilità di un’ anziana signora per avere allontanato con un calcio un riccio (poi morto) che aveva osato minacciosamente avvicinarsi alla porta del suo negozio. In assenza di crudeltà, il Tribunale ha valutato il livello culturale dell’imputata, l’età avanzata e l’ambiente sociale, escludendo che un semplice calcio costituisse un’azione crudele e in assenza di crudeltà l’anziana è stata prosciolta per particolare tenuità del fatto. La contestazione era l’art. 544-bis c.p. (uccisione di animali).

Confesso che non so se vi sia stato un eventuale appendice dell’iter giudiziario.

Marialucia Galli ha opportunamente richiamato il buon senso e il comune senso delle cose i cui acerrimi nemici, aggiungo io, sono quelle improbabili credenze religiose infarcite di leggende popolari destinate ad aumentare la propria virulenza in presenza di un alto tasso di ignoranza. A sorridere di tutto ciò, facendone ottimo profitto e utile, come detto, è la criminalità, soprattutto quella organizzata. Certo, qualche puro idiota non manca mai.

Le “botticelle”, carrozzelle per turisti trainate da cavalli presenti in molte città italiane, duramente contestate dagli animalisti
Le “botticelle”, carrozzelle per turisti trainate da cavalli presenti in molte città italiane, duramente contestate dagli animalisti

L’ignoranza spiega ma non giustifica la sopravvivenza del circo che -complice lo Stato- utilizza ancora gli animali; la sopravvivenza dei giardini zoologici e il sempre troppo alto numero di reati in danno degli animali che assumono sempre nuove e diverse tipizzazioni; l’enorme successo e moltiplicazione delle sagre e feste di paese dove, complici le autorità locali e la Chiesa si umiliano (quando non si torturano) gli animali.

Ringraziano anche i cavalli, soprattutto quelli di Siena che non riescono a farsi una ragione del fatto che alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalle regioni ex accordo stato-regioni (2003) non si applicano le norme del codice penale in virtù di una curiosa e legittima deroga in esso contenuta. Deroga che in ogni caso non autorizza ogni abuso come la giurisprudenza recente ma soprattutto quella meno recente ricorda. Ma la sanzione arriva dopo, a significare forse che quel precetto che la presuppone non trova condivisione, come autorevolmente scrive Gherardo Colombo in un suo libro dal titolo “Sulle regole”, ormai del 2008 ma sempre attuale.

Proviamo allora a immaginare questa subdola scriminante per eccellenza che è la tradizione secondo quello che è il suo significato etimologico. Un processo selettivo che si evolve negli anni, che cambia con le generazioni, selezionando ciò che è da tenere e consegnare, seppur mutato, al futuro, e ciò che va eliminato. 

Non si tratta dunque solo di una questione di diritto, di verificare se e quale norma o ordinanza ministeriale o regionale sia stata violata. È una questione di civiltà. Di etica. Di cultura. Di dialogo. La cui mancanza genere inevitabilmente pericolosa e incontrollata ignoranza. Asintomatica. E dunque più grave. Come quella di chi ha accostato l’ultima edizione del Palio di Siena al centenario della fine della Prima Guerra mondiale ignorando colposamente che quel primo conflitto ha rappresentato l’apoteosi dello sfruttamento animale, con un numero impressionante di animali morti e primi tra questi, cavalli e asini (Giulia Guazzaloca, “Primo: non maltrattare”, Editori Laterza).

Prima di essere una questione giuridica occorre partire da un punto di partenza non comune per il quale gli animali, al pari degli umani, sono soggetti della vita, prima di essere soggetti giuridici.

E questo punto di partenza ha una ulteriore premessa per cui l’uomo rappresenta una goccia della vita e non la vita nel suo complesso. Da questo dobbiamo partire. Da questo punto di vista. E la partenza è laddove le coscienze iniziano a formarsi.

L’educazione, nel senso prima chiarito, è stata ritenuta una delle chiavi di volta fondamentali per costruire un rapporto uomo-animale maggiormente equilibrato (Prof.ssa Francesca Rescigno, audizione 2017 presso la Camera dei Deputati). Cosicché forse non ci si crederà a priori migliori di, negando sempre e comunque le altrui ragioni.



Filippo Portoghese è Avvocato del Foro di Milano, portavoce di Animal Law, referente del servizio di consulenza legale dedicato agli animali presso Altroconsumo e collaboratore di Shan Newspaper

 

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