Animalismo |
Animalismo e coscienza |
18 Aprile 2011 |
È sbagliato dare amore? La sensibilità verso le altre specie suscita spesso fastidio immotivato e reazioni illogiche. Recentemente è comparsa una lettera sul quotidiano La Stampa di un sacerdote, don Mario Foradini, che si lamentava per i “troppi gatti" in Italia: “Otto milioni di gatti in Italia! Quanto si spende per mantenerli? Ma soprattutto: un gatto può riempire un cuore?” Sul Corriere della Sera di pochi giorni orsono invece la giornalista Maria Volpe si lamentava per la troppa attenzione che viene data agli animali, e riporta (appoggiandola) la denuncia pronunciata da una suora: “Pensiamo più ai cani che ai bambini”. Non credo che chi ama gli animali non ami il suo prossimo. Anzi, è vero il contrario: spesso chi ama gli animali è molto più sensibile e attento verso gli altri uomini di chi non li ama. La sensibilità verso le creature viventi, siano uomini o animali, questi ultimi anch’essi “creature di Dio”, porta innegabilmente ad essere più attenti ai problemi degli altri. La pietà e la misericordia verso i deboli, verso chi soffre e si trova nel bisogno, credo che dovrebbe essere estesa a tutti, siano essi uomini o animali. In un mondo in cui c’è bisogno di solidarietà e compassionevolezza, le parole di don Foradini o le posizioni di Maria Volpe possono dare indicazioni che vanno nella direzione opposta, cioè verso l’indifferenza e l’insensibilità. Credo che un atto d’amore non sia mai sbagliato. E’ forse peccato dare amore? Eppure spesso chi ama gli animali si sente porre obiezioni del tipo "anche gli uomini soffrono, perché previlegiare gli animali?" E' vero che ci sono molti altri problemi che affliggono l'umanità e la sofferenza degli animali non è certo l'unica piaga. Ma queste obiezioni mi sembrano di “lana caprina”, e soprattutto spesso provengono da persone che non aiutano né gli animali né gli uomini. La sofferenza è sofferenza, che sia animale o umana. E la pietà e l’amore sono sentimenti che non dovrebbero avere confini o barriere ideologiche. La mia battaglia in difesa degli animali non è nata da una posizione ideologica ma da un senso di pietà e compassione verso creature che soffrono e che vivono in condizioni tali da far vergognare di appartenere al genere umano. Ho visto (come penso molti di voi) situazioni e scene talmente penose da non riuscire più a scordarle. Soprattutto perché assolutamente inutili quando non dannose. E’ ormai noto che gli allevamenti intensivi sono la maggior causa dell’inquinamento del pianeta. E’ noto che la carne non solo non è necessaria per una alimentazione equilibrata, ma è la maggior causa di tumore e provoca tutta una serie di altre patologie gastrodigestive. E’ oggi risaputo che la vivisezione e la sperimentazione animale sono pratiche che non hanno alcuna utilità per la ricerca scientifica: le reazioni umane ai farmaci sperimentati su animali sono differenti, come dimostra una vasta casistica. I sostenitori della vivisezione, per colpire l'emotività delle persone che non sanno cosa sia la sperimentazione animale e quanto sia inutile, spesso pongono l’interrogativo: "Preferisci salvare un topo o un bambino?” In realtà la vivisezione ammazza il topo e fa diventare una cavia il bambino. Chi ha avuto modo di convivere con un animale avrà potuto constatare quanto gli animali possano essere sensibili e intelligenti, quanto siano attenti e comunicativi. Come si può tollerare che esseri intelligenti, con il solo torto di non appartenere alla nostra specie, possano essere quotidianamente torturati, uccisi, umiliati, in maniera totalmente gratuita? E’ questa la “civiltà” a cui siamo arrivati, nel varcare la soglia del terzo millennio? Per questi, e per mille altri motivi, do attenzione al problema degli animali e cerco ogni volta che posso di fare qualcosa per aiutarli. Non ha senso fare una scala di priorità per il tipo di aiuto da dare agli esseri che soffrono, o una gerarchia di sofferenza: la sofferenza è sofferenza, sia essa vissuta da un uomo o da un essere non umano. E molte volte questo tipo di obiezioni riesce ad inibire un aiuto che poi non si traduce in nessun altro tipo di solidarietà. Scrive ancora Maria Volpe: “lo stesso amore, rispetto, attenzione, solidarietà, cura, generosità, tolleranza, disponibilità che la società oggi ha per gli animali, li vorrei per bimbi e anziani. Anzi no, ne vorrei di più per bimbi e anziani.” Ma ci è o ci fa? Mi chiedo a quali lettori si rivolga la signora Volpe, ma di sicuro non ha molta stima di loro se pensa che a leggerla siano solo persone disinformate e disposte ad accettare i più biechi luoghi comuni mascherati da informazione. La società oggi avrebbe amore, rispetto, solidarietà verso gli animali? E come concilia questa convinzione, la signora Volpe, con la pratica della vivisezione, con le condizioni disumane degli animali negli allevamenti intensivi, con i macelli? Se proprio vogliamo fare una graduatoria della sofferenza, di certo gli animali sono la fascia più debole tra le deboli, quella che più di ogni altra ha bisogno di tutela e di aiuto per andare in pari con un minimo di dignità di cui qualsiasi essere vivente dovrebbe avere diritto. Amore, rispetto, solidarietà verso gli animali non sono certo valori acquisiti dalla nostra società attuale, se vengono tollerate come normalità certe pratiche di cui ci si dovrebbe vergognare. Ma forse la signora Volpe si rivolge proprio a coloro che davanti alla sofferenza “volgono il capo dall’altra parte”, e sono certa che queste stesse persone non hanno solidarietà nemmeno verso bimbi e anziani. E’ vero che la sensibilità di chi ama gli animali è in aumento, e questo è confortante. Ma le parole di don Foradini, o di Maria Volpe, sembrano avere l’intenzione di spingere a fare un passo indietro, verso l’inciviltà. C’è anche chi contesta gli animalisti con luoghi comuni tipo: "anche gli animali si uccidono tra di loro, che c'è di male a cacciarli?", "è assurdo non mangiare la carne e poi indossare la cintura di pelle", o anche “e alle piante non pensi?” Ma in fondo queste sono disquisizioni che ci si può permettere quando si ha "la pancia piena". Io penso che prima di tutto si debba eliminare la sofferenza inutile, e ce n'è tanta, tantissima! Facciamo qualcosa per abolire la vivisezione, pratica inutile quanto dannosa, che serve solo a mantenere un business utile allo status quo, oltre che a far "divertire" e impratichire molti giovani medici. Aboliamo gli allevamenti intensivi. Aboliamo la sofferenza-spettacolo, come i vari Palii, i circhi equestri; proviamo ad entrare nell'ottica di dare un po' più di dignità a questi esseri che, se pur di sembianze diverse, dimostrano in mille occasioni di essere intelligenti e sensibili. Risolti questi problemi potremo permetterci il lusso di disquisire su questioni etiche più generali e filosofeggiare sul senso dell'universo. Ma prima c'è molto da fare. |