Leggende e Tradizioni

Il Drakkar Myklebust: la rinascita di una leggenda

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05 Luglio 2019
Il Drakkar Myklebust, il più grande mai trovato in Norvegia
Il Drakkar Myklebust, il più grande mai trovato in Norvegia


È un cielo color del ferro e dell'argento quello che osserva dopo secoli, una nave vichinga rialzarsi sul fiordo; un cielo di fine aprile, che rimarrà immutato, malgrado le previsioni e le grandi nuvole, dense di pioggia.

Siamo in Norvegia, nella cittadina di Nordfjordeid, a nord della contea di Sogn og Fjordane, in quel magico Nordvestlandet famoso per i tanti miti, ma anche per essere una regione che alterna i fiordi più spettacolari, a creste e paesaggi maestosi.

Nordfjordeid è una cittadina davvero pittoresca, la strada che attraversa il vecchio centro, è composta da antichi e deliziosi edifici in legno, che gli abitanti cercano di preservare e valorizzare. A pochi metri, sono presenti diverse sepolture di epoca vichinga. Nel 1874, una spedizione di archeologi proveniente da Bergen, iniziò a scavare il tumulo n.1 chiamato: "Rundehogjen", era quello dei cinque presenti, ancora intatto, con proporzioni davvero importanti: 28 mt circa di diametro, e 4 mt in altezza. In seguito allo scavo emersero abbondanti strati di cenere; sparsi tra questi: chiodi e rivetti con dimensioni tali, che fecero subito capire esser appartenuti ad un’imbarcazione di dimensioni considerevoli. Il tumulo, venne scavato solo a metà, ma la sagoma tracciata dalla cenere superava di molto il diametro e i 30 metri di lunghezza.

La nave, chiamata poi Myklebust (in Norvegia, è usanza ogni qual volta vien rinvenuta una "lunga nave", battezzarla con il nome della fattoria/località in cui viene ritrovata), risultò esser il più grande Drakkar mai ritrovato nel Regno dei Fiordi. Un’imbarcazione come già detto, che probabilmente superava i 30 metri, e alloggiava almeno 44 rematori (22 per lato,) in conseguenza del ritrovamento dello stesso numero di umboni (la parte centrale in metallo, negli scudi di legno), tra le ceneri. Si è convinti, sempre in considerazione dei reperti, che la Myklebust somigliasse alla Oseberg: la nave vichinga di proprietà femminile, ritrovata intatta, alcuni anni dopo, nelle terre del sud, e visibile al museo delle navi vichinghe di Oslo.

Il momento del ricollocamento in mare del Drakkar (Courtesy of Sagastad)
Il momento del ricollocamento in mare del Drakkar (Courtesy of Sagastad)

Sin dal principio, fu evidente che colui che riposava nel Drakkar, era un capo potente e ricco e il rituale antico con cui venne sepolto: un grande rogo, in cui fu cremato con i suoi beni terreni e la nave, seguiva costumi e regole richiesti espressamente da Odino, i quali avrebbero assicurato un viaggio glorioso verso il Valhalla, e il seggio, al tavolo dello stesso Re degli Asi.

Grazie alle saghe islandesi, in particolare all'Heimskringla di Snorri, sappiamo che a Solkjel (nel nord della contea di Møre og Romsdal, confinante con quella di Sogn) alla fine del Nono secolo d.C. avvenne una durissima battaglia tra: Harald Hårfagre (Harald Bellachioma: chiamato così per i lunghi capelli, risultato di un voto consistente nel non tagliarli, finche' non fosse riuscito nel suo intento, ovvero conquistare l’intera Norvegia), e re Audbjørn av Fjordane (Audbjørn dei Fiordi). Erano gli anni in cui Harlad Bellachioma, re di un territorio all’estremo sud, iniziò quel processo di conquista che portò all’unificazione del Paese, e Audbjørn perì in quello scontro. Dagli esami autoptici, risulta esser stato un uomo di età apparente intorno ai 30–35 anni, i segni di eventi traumatici violenti, sono ancora visibili, sui pochi tessuti ossei conservati. Sempre seguendo il sentiero tracciato delle saghe, il suo regno veniva ubicato nel Nordfjord. La battaglia, coincide con le datazioni del tumulo della Myklebust, pertanto non si poté che dedurre, che chi venne inumato nella grande nave, fosse proprio Re Audbjørn dei Fiordi.

 Reperti rivenuti nella Myklebust
Reperti rivenuti nella Myklebust

All'interno del sito, furono trovati, oltre ai classici oggetti personali caratteristici del corredo funebre vichingo, anche uno splendido recipiente in bronzo di origini irlandesi, in cui son ancora visibili, i vistosi colori degli smalti, un raro esempio di arte irish del VIII secolo d.C. Con molta probabilità, questo era parte del bottino di una razzia effettuata dallo stesso Audbjørn. Il recipiente, venne aggiunto solo in un secondo tempo, come urna per raccogliere le spoglie del Re dopo la cremazione, al di sopra dei quali, furono posati altri dodici umboni, appartenuti verosimilmente ai suoi Hird. È risaputo, che i re o capi norreni più potenti, avevano a loro servizio, una élite di 12 guerrieri chiamati "hirdmenn". Essi, erano una sorta di combattenti professionisti, a cui il nobile vichingo doveva provvedere anche con vitto e alloggio, pertanto erano da considerarsi i più vicini e leali al signore che servivano, e la loro fedeltà nel caso della Myklebust, è in qualche modo arrivata sino a noi grazie a quest'ultimo gesto; fu infatti adagiando i loro scudi sopra il corpo del Re, che presumibilmente vollero dimostrare quella devozione e lealtà, che avrebbe accompagnato e protetto il loro signore, anche in quell’ultimo importantissimo viaggio.

Sopra gli "scudi" vennero deposte anche alcune armi: due spade, due punte di lancia, un'ascia, tre punte di freccia, e un pugnale. Taluni oggetti mostrano segni di danneggiamento, avvenuti prima del rogo. Sempre grazie alla poesia scaldica e alle saghe, sappiamo fosse consuetudine nel mondo norreno, distruggere o "uccidere" le armi. Le spade in modo particolare, avevano personalità e nomi, era perciò sconsigliabile lasciarle integre all'interno di una sepoltura, ciò sia perché poteva permettere ad altri di dissotterrare e rubar l'oggetto con il suo potere, sia perché si riteneva che, uccidere l'arma, concedesse al carisma o energia magica contenuti, di seguir il proprio signore nell'altro mondo. Tutti i ritrovamenti, insieme ai resti di Audbjørn, vennero portati al Museo Universitario di Bergen; lontani dal luogo a cui quell'uomo potente apparteneva, e dalle genti locali, che lo amavano e onorano ancora. Ad oggi i reperti della Myklebust, sono rinchiusi nel buio dei depositi sotterranei, e sono visibili, solo previo appuntamento...

 Particolare della prua del Drakkar con polena a forma di drago
Particolare della prua del Drakkar con polena a forma di drago

Tornando a Nordfjordeid, nel 2014 nasce Sagastad (dall'unione delle parole: "Saga" e "Stad" : luogo), una fondazione germogliata dal desiderio di alcune persone che vivono nella cittadina, di riportare la luce sul loro Re locale, in un percorso culturale e storico, che mira anche a comunicare l’orgoglio delle proprie gloriose origini e radici. In collaborazione proprio con il museo universitario di Bergen, Sagastad, ha inseguito un progetto ambizioso: creare un centro culturale, in cui raccontare grazie a contenuti multimediali e un percorso a tappe, oltre che a concerti ed eventi educativi in generale, la leggendaria storia di Audbjørn, degli usi e costumi e della religione norrena nel territorio dei fiordi occidentali, ma principalmente, ricostruire una replica fedele, del poderoso Drakkar.

La realizzazione della nuova Myklebust, viene così affidata nel 2016, ai migliori artigiani del Paese: i leggendari Bjørkedal.

Bjørkedalen, è l’ultima località del Sunnmøre, prima del confine di contea con Nordfjordeid: una valle stretta e alberata, chiusa tra le montagne e i boschi, con un grande specchio d’acqua dolce, armonioso e incantevole, che ha visto nei secoli, plasmare dal legno migliaia di imbarcazioni.

La poppa con il disegno della coda del Drago
La poppa con il disegno della coda del Drago

I primi documenti che parlano dei maestri d’ascia di Bjørkedalen e Kilsfjorden, risalgono al XVI secolo, ma è risaputo che le officine navali erano già in funzione in epoca vichinga. Questa è una delle altre eccezionalità di questa vicenda, coloro che hanno progettato e modellato sapientemente la nuova Myklebust, sono i discendenti di quei maestri, che verosimilmente, costruirono la prima nave più di mille anni fa.

Sabato 27 Aprile 2019, dopo un percorso durato più di tre anni, con la voglia di tornar a quell’eredità che arriva da un passato potente e luminoso, la più grande nave vichinga di Norvegia, tornava ad ergersi di fronte a migliaia di persone. Qualcosa di inimmaginabile sino a qualche anno fa, anche per un sentimento generale di imbarazzo se non disagio, che perdurava nelle genti, a causa di un cristianesimo che fu in grado di alterare e snaturare il pensiero e le azioni dei popoli locali. Personalmente, mi è capitato di accennare la parola “Vichinghi” con alcune persone anziane di qui, e assistere con dispiacere, a reazioni di sdegno o disapprovazione. Fortunatamente, quei sentimenti sembrano oramai esser stati abbandonati e lo abbiamo potuto appurare, anche durante le operazioni atte a spostare il Drakkar. La gentile responsabile di Sagastad con cui ho parlato, mi ha spiegato infatti, che per movimentare la nave dal capannone in cui era alloggiata, 100 persone, uomini e donne senza distinzione alcuna, hanno letteralmente caricato l’imbarcazione sulle spalle, trasportandola verso la grande gru, che l’avrebbe successivamente adagiata sull’acqua. Cento volontari, che in uno sforzo comune, hanno sollevato una nave lunga 30 mt, e con un peso di 14,3 tonnellate (ad esclusione di panche, scudi e remi), un gesto che testimonia quanto queste genti, provino sentimenti forti per le loro radici e siano orgogliosi di un passato, che rivendicano in modo genuino. Alla fondazione, mi hanno anche raccontato che loro e i tecnici, son rimasti sorpresi dalla velocità con cui le delicate operazioni si sono svolte, visto in circa 3 ore mezza, la Myklebust, è tornata orgogliosa, a fluttuare sul fiordo.

La cerimonia del ritrovamento del Drakkar alla presenza di autorità locali in abiti tradizionali (Courtesy of Sagastad)
La cerimonia del ritrovamento del Drakkar alla presenza di autorità locali in abiti tradizionali (Courtesy of Sagastad)

Domenica 28 Aprile invece, si è arrivati al varo del Drakkar; inutile vi descriva le sensazioni davanti alla bellezza degli elementi, con cui è stata adornata la nave. La testa zoomorfa, che rappresenta un Drago (lo stile, ispirato a quelle appartenenti alle navi custodite ad Oslo, la Gokstad e la già citata Oseberg), e la coda, attorcigliata su sé stessa, scolpita con una raffinatezza tipica dell'arte norrena, che continua a vivere, grazie ad artigiani che ripetono gesti e opere, di chi centinaia di anni fa, creava meraviglie capaci di navigare ovunque. La cerimonia molto semplice, è stata particolarmente emozionante nel momento in cui, 48 tra donne e uomini (anche loro volontari), hanno iniziato a vogare, e a mostrarci come quella che era considerata un'ammiraglia del tempo, si muoveva silenziosa e fluida, sulle acque di un fiordo, coi colori del ferro e dell’argento.

La mia ultima domanda, prima di lasciare Sagastad, potendo approfittare di tanta cortesia, è stata se, nell’area di Nordfjord, siano presenti, altri tumuli o siti di interesse storico del periodo vichingo, magari ancora ignoti ai più: con un sorriso e una luce di complicità nello sguardo, mi è stato risposto che, quando qualche contadino trova qualcosa, non lo rivela più. Conservano gelosamente gli artefatti o i ritrovamenti, così i luoghi del rinvenimento. Un’altra dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che anche le genti nel Nordvestlandet come molti altrove, proteggono manufatti e tesori, appartenuti ai loro antenati.


Per chi volesse venir a visitare il tumulo reale o ammirare la nave, è visibile all’interno del centro culturale Sagastad: https://sagastad.no/en/