Leggende e Tradizioni

L’uomo che sapeva ascoltare il vento

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30 Dicembre 2018
Angelo Castagneri Barbisìn
Angelo Castagneri Barbisìn

Storie e personaggi di altri tempi nelle valli del Piemonte


I valligiani dettero sempre molta importanza alla propria crescita intellettuale, sia attingendo in modo autonomo a libri e nozioni, sia attraverso l'attenzione riservata all'istituzione scolastica nei modi e nei tempi che ne caratterizzarono l'evoluzione. Nei piccoli villaggi di montagna, spesso assillati dall’isolamento e dalla povertà, era difficile la frequentazione di scuole di un certo livello, ciò malgrado era fin dai tempi più remoti estremamente bassa la percentuale degli analfabeti. L’istruzione era affidata allora alla buona volontà di parroci o di personaggi che avevano potuto acquisire una certa erudizione e che assolvevano con determinazione l’incarico di maestro di scuola. Per i giovani più intraprendenti, era poi possibile accrescere la propria preparazione grazie alla villeggiatura, tramite la conversazione e l’influenza ricavabile da frequentatori di elevata estrazione sociale e di buona cultura. Vi era quindi l’emigrazione stagionale verso la pianura e la città, che permetteva talvolta l’apertura di nuovi e stimolanti orizzonti a vantaggio specialmente dei più giovani e perspicaci. Quest’ultima condizione fu quella toccata alla famiglia di Angelo Castagneri Barbisìn, che era nato il 19 febbraio 1875, per l’appunto “nella casa della Cisterna, in via Carlo Alberto 17 a Torino”, così come riportato da egli stesso nelle sue annotazioni. Il Palazzo del Pozzo della Cisterna, sede dal 1940 della Provincia e ora della Città Metropolitana, è un prestigioso edificio costruito a partire dal 1675, che nella sua storia ospitò aristocratiche famiglie torinesi fino al congiungimento, per via matrimoniale, con la Casa d’Aosta, a seguito delle nozze avvenute nel 1887 tra Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna e il duca Amedeo di Savoia, figlio di Vittorio Emanuele II e re di Spagna per un breve periodo.

A dispetto della residenza signorile, è probabile che la famiglia Castagneri, come spesso accadeva, fosse ospitata nelle soffitte durante il periodo invernale, quando il padre, a volte con la famiglia al seguito, lasciava il paese natìo per svolgere in città qualche lavoro di bassa manovalanza, come quella di facchino o di brentatore, professione che caratterizzava proprio gli emigranti stagionali che provenivano dalla Val d’Ala nelle Valli di Lanzo in Piemonte. Il trasferimento invernale, per la famiglia di Angelo dovette essere di breve durata, visto che già qualche anno dopo il padre Antonio diventò sindaco di Balme, carica che ricoprirà più volte e con capacità e dinamismo a cavallo dei due secoli, in un periodo di fiorente progresso civile ed economico della valle.


Un autodidatta di grande ingegno

Angelo, detto Nàngel, crebbe quindi in un periodo di grande fermento, negli anni in cui la strada raggiunse il paese e grazie alla quale cominciò ad affermarsi il crescente fenomeno turistico, legato anche alla scoperta dell’alta montagna e dell’alpinismo.

Stambecchi della Val d’Ala
Stambecchi della Val d’Ala

Sono gli anni nei quali diventano protagonisti i montanari che si sono inventati la professione della guida alpina, e dove, grazie alle frequentazioni di una villeggiatura qualificata e benestante, nascono o si espandono alberghi e rifugi. E sono anche i tempi nei quali le acque valligiane suggeriscono lo sfruttamento da parte della città, tanto che Balme e il Pian della Mussa si ritrovano al centro delle vicissitudini che porteranno alla complessa disputa sull’acquedotto per Torino e, infine, alla sua costruzione.

Nell’ottobre del 1893 Angelo, nipote dell’omonimo zio sopravvissuto anni prima per otto giorni in fondo ad un crepaccio, fu protagonista appena diciottenne dell’operazione attivata per il recupero del corpo di Giuseppe Charbonnet, che con l’areostato Stella si era schiantato contro la Bessanese, assieme alla novella sposa e a due aiutanti rimasti illesi. Una squadra di balmesi avviò le ricerche tra i ghiacciai e, dopo una notte trascorsa in quota, i soccorritori raggiunsero la voragine nella quale giaceva lo sfortunato aeronauta. Riportata a valle la salma, ad Angelo e ad un altro volontario, che forse si erano più prodigati nel recupero, venne conferita la medaglia d’argento al valor civile.

Nel 1903 a Balme venne istituita la posta e poco dopo fu installato il telegrafo e l’intelligenza di Angelo fu riconosciuta attribuendogli la funzione di ufficiale postale, incaricato di spedire missive e telegrammi o consigliare alla gente del luogo qualche vantaggioso investimento.

Non fu però il suo impiego professionale a farne un personaggio straordinario ed eclettico. Seppure autodidatta, ma dotato di una mente non comune che lo portava a destreggiarsi tra più materie con lusinghieri risultati, si occupava di gestire lo storico osservatorio meteorologico istituito, tra i primi in Italia, da Padre Denza. Realizzava poi incantevoli fotografie paesaggistiche e di vita quotidiana, che sviluppava direttamente e che diventavano seducenti cartoline che diffondevano nel mondo l’immagine più attraente del suo villaggio. Cacciatore e alpinista, non disdegnava in veste di guida di accompagnare in impegnative escursioni gitanti e vacanzieri sulle montagne di casa. Ma in particolare Nàngel era un'attenta figura di intellettuale e ricercatore, capace di lasciare un patrimonio di materiali eccezionali.

Camosci del Pian della Mussa
Camosci del Pian della Mussa

Uno di questi è il sorprendente “Memoriale delle disgrazie accadute nel Comune di Balme”, manoscritto nel quale raccolse e descrisse nei minimi particolari i più tragici episodi accaduti nel periodo tra il 1700 e il 1934. Altrettanto significativa fu la “Genealogia dei Castagneri- Bricco-Bernagione-Cornetto-Martinengo e Dematteis”, dove annotò con meticolosità fin dagli albori, le discendenze delle principali famiglie balmesi.


Lo studio del vocabolario balmese

L’iniziativa più singolare fu poi quella, rimasta purtroppo incompiuta, della redazione parziale del “Vocabolario in lingua Balmese con ripetizione in lingua Italiana e Francese”, documento nel quale raccolse circa 1450 lemmi con la relativa traduzione e le modalità di accentazione per meglio dettagliare l'esatta pronuncia. Si tratta di una delle poche testimonianze scritte del linguaggio valligiano, parlato una volta quotidianamente ma di rado documentato per iscritto, dimostrazione di come già quasi un secolo fa si diffondesse una sensibilità in tal senso e si sentisse la necessità di raccogliere i caratteri salienti dell’idioma locale. Progetto ancor più encomiabile perché il tentativo di codificare la parlata valligiana cadeva in un epoca in cui il regime totalitario fascista si scagliava contro l'uso dei dialetti e reprimeva le minoranze linguistiche. L’annotazione in francese delle parole attesta inoltre l’interesse e l’utilità di conoscere e rapportarsi in lingua con gli abitanti dei confinanti villaggi d’Oltralpe, coi quali esistevano antichissimi rapporti di amicizia e di scambio.

Il ricordo di Nàngel è altresì legato ad un aspetto insolito e suggestivo. A Balme il vento era spesso considerato una calamità, specie durante i periodi estivi quand’era sinonimo di siccità. In paese vi è una cappella dedicata a Sant’Urbano, che era considerato protettore dal vento e per il quale si teneva una apposita processione il 25 maggio. Sembra che Angelo, suonatore di violino e compositore, in alcune particolari situazioni, amasse appartarsi in solitudine su di un terrazzo roccioso, la Tchàrma dou ràt, la spaccatura del topo, anfratto nel quale, nelle giornate di sole, usavano ritrovarsi le donne del paese a far maglia, chiacchierare e a scambiarsi un po’ di compagnia. Qui, dove la roccia aspra a tratti resa porosa dagli effetti del tempo e del gelo, trasforma in suono gli sbuffi delle folate, Angelo, avvolto nel suo tabarro con la mano chiusa a guscio contro l’orecchio, ascoltava le vibrazioni e gli effetti sonori procurati dal vento. Questi momenti di raccoglimento e di riflessione, erano una forma insolita di ispirazione dai quali, pare traesse nuove melodie da tradurre in note.

Nel 1934 Angelo Castagneri, divenuto uno dei maggiorenti del paese, accettò l’incarico di Commissario Prefettizio. I tempi erano indubbiamente difficili, tuttavia il comune proseguì nell’opera già avviata di dar forza e visibilità alle proprie attività turistiche, estive ed invernali, tanto che proprio in quell’anno si parlò per la prima volta dello sviluppo di possibili impianti funiviari per il Pian della Mussa e per la zona sovrastante i Cornetti.


Val d'Ala
Val d'Ala

Un tabernacolo nella «quiete solitaria dei monti»

Il 7 aprile dell’anno successivo, insieme ad alcuni uomini del paese, si recò di mattino presto al Pian della Mussa dove, armati di asce e segoni, si dovevano abbattere alcuni larici per costruire una passerella sulla Stura. Giunti all’estremità del pianoro Angelo, che nell’occasione doveva sovrintendere ai lavori, si sentì male e, prontamente soccorso e caricato su di una grande slitta trainata con forza dai suoi compagni, iniziò il rapido rientro verso il paese. A metà del pianoro, dove un ponticello permette di traversare il fiume, il suo rantolo si fece concitato e spirò.

In quel punto un tabernacolo voluto dalla famiglia e tuttora esistente a bordo strada, reca la scritta dettata dal parroco Don Bresso, che con sentimento commosso volle omaggiare l’illustre concittadino: “Qui il 7 aprile 1935 la quiete solitaria dei monti accolse l’ultimo respiro di Angelo Castagneri e l’affidò alla Vergine da recare in Cielo”. In un incavo del roccione che strapiomba lì vicino, fu anche installata una madonnina, nel posto che lui stesso, con gli amici, aveva una volta immaginato.

La scomparsa di Angelo lasciò Balme orfano di una figura così significativa e soprattutto provocò un vuoto incolmabile nella famiglia. L’epigrafe impressa sulla lapide che fu apposta sulla sua ultima dimora, riassunse l’afflizione per la prematura scomparsa: “Tu che t’accosti a questa tomba prega per l’anima buona di Angelo Castagneri, che al bene privato e pubblico del suo paese diede la parte maggiore e migliore di sé stesso”.

Nemmeno il vento, che come sempre aveva fatto, continuò irregolarmente a carezzare la vallata, privato di un attento interlocutore, trovò più qualcuno capace di dargli ascolto.


Si ringrazia Apollonia Castagneri per le informazioni e la documentazione




Gianni Castagneri, giornalista e scrittore, è Assessore alla Cultura dell’Unione Montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone